Non è facile tracciare l’attività delle zanzare e prevenire malattie contratte da quelle infette, come la West Nile disease (malattia del Nilo occidentale), la Zika e la malaria. Un team della Colorado State University ha sviluppato delle particelle di DNA sintetico che possono aiutare gli scienziati a ricercare le malattie trasmesse dalle zanzare in un modo completamente nuovo.
La nuova scoperta trae origine dal precedente lavoro di Chris Snow, professore associato del Dipartimento di Ingegneria Chimica e Biologica, e del suo team. Nel corso degli anni, hanno generato microscopici cristalli di proteine porose che si auto assemblano a partire da una proteina originariamente presente nel batterio Camplyobacter jejuni. Il team ha poi cercato di identificare diverse applicazioni possibili come, ad esempio, catturare i virus durante test sulle acque reflue. Per l’identificazione, i ricercatori hanno pensato di inserire coloranti atossici fluorescenti e DNA sintetico nei cristalli e sono riusciti nel loro intento senza disperdere tracce del DNA, anche dopo molteplici tentativi ed esposizioni a solventi. Nel 2017, Rebekah Kading, professoressa associato presso il Dipartimento di Microbiologia, Immunologia e Patologia, ha sentito parlare del lavoro di Snow e si è lasciata ispirare dalla possibilità di applicare la tecnologia alla marcatura delle zanzare. Per questo hanno creato un team congiunto chiamato “Dark Crystal“. Hanno progettato, testato in laboratorio e valutato sul campo una nuova classe di particelle marcatrici, in cui brevi oligonucleotidi di DNA sintetico, i codici a barre di DNA, vengono assorbiti e protetti all’interno di microcristalli proteici porosi e reticolati. I ricercatori hanno poi pensato di creare una biomassa che continene i cristalli e di farli ingerire alle zanzare nella fase larvale: in questo modo le zanzare si automarcano.
Man mano che le zanzare crescono, il DNA rimane intatto nelle loro viscere e crea un codice leggibile che può essere tradotto in laboratorio attraverso metodi quali la Real time PCR (reazione a catena della polimerasi quantitativa). Questa è la caratteristica che distingue questo metodo da quelli convenzionali, poiché può tracciare il movimento durante l’intera vita dell’insetto.
“L’obiettivo è avere una mappa del paesaggio delle zanzare e la possibilità di identificare i punti in cui si riproducono. Penso che questo aggiungerebbe un’ulteriore dimensione di conoscenza alle operazioni di sorveglianza e controllo delle zanzare in tempo reale”, spiega Kading.
Nel 2020 e nel 2021, il team ha messo alla prova il sistema, monitorando le zanzare nella zona orientale di Fort Collins. Kading e il suo team hanno ripetuto il lavoro l’estate successiva in altre aree e ora stanno studiando i loro risultati.
In futuro, il gruppo di ricerca di Kading e Snow intende proseguire la collaborazione. La ricercatrice vorrebbe anche condurre esperimenti in luoghi dove le malattie trasmesse dalle zanzare sono più comuni, come le zone con climi tropicali.