Un nuovo studio condotto da ricercatori della McMaster University, in Canada, suggerisce che il groove offerto dalle frequenze profonde non deve essere necessariamente udibile. Il corpo apprezza i dolci toni a bassa frequenza, anche se le orecchie non li sentono.
La musica e tutte le sue componenti entrano in contatto con il nostro cervello a livelli profondamente emotivi. Alcuni aspetti sono quasi certamente culturali; altri influenzano il nostro comportamento a livello corticale, suscitando nostalgia quando evocano ricordi. Molto poetico, sì. Ma potrebbe anche esserci un aspetto della musica che può essere raccontata non solo dai DJ – che conoscono già i vantaggi di un ritmo profondo- ma anche dalla scienza.
Cameron e il suo team si sono chiesti se ci fosse qualcosa di più nelle sensazioni che proviamo dentro di noi quando ascoltiamo determinate frequenze, qualcosa che non richiede la nostra piena consapevolezza. Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno trasformato un evento di musica elettronica dal vivo in un esperimento di laboratorio, collegando una serie di altoparlanti a bassissima frequenza, i VLF, a una gamma al limite dell’udito umano (da 8 a 37 Hertz), accendendoli e spegnendoli durante il concerto. I movimenti dei partecipanti sono stati poi misurati da delle apposite fasce per la cattura del movimento.
I ricercatori hanno confrontato le misure del movimento della testa durante segmenti di 2,5 minuti di attivazione dei VLF seguiti da 2,5 minuti di inattivazione durante l’evento, che è durato 55 minuti. I primi risultati hanno decretato che i suoni provenienti dagli altoparlanti non erano percepibili dall’orecchio dei ballerini e che, in media, i partecipanti si muovevano quasi il 12% in più quando gli altoparlanti VLF erano attivi.
Inoltre, ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario dopo l’evento il quale ha confermato, dalle risposte date, che i volontari sentivano i bassi della musica e li apprezzavano, ma che non hanno cambiato i loro movimenti e quindi di non aver avuto una percezione diversa dalla loro esperienza musicale abituale. Ma ea registrazioni dei loro movimenti hanno confermato altro. Per questo ricercatori hanno concluso che che i VLF hanno stimolato i ballerini, ma non a livello cosciente.
Secondo Cameron, si tratta di sensazioni a livello sottocorticale, anche se non è ancora del tutto chiaro se questo accade perché le bassissime frequenze muovono i fluidi dell’orecchio interno o perchè accarezzano i nervi tattili della pelle.
“Le frequenze molto basse possono anche influenzare la sensibilità vestibolare, aumentando l’esperienza di movimento delle persone. Per individuare i meccanismi cerebrali coinvolti sarà necessario esaminare gli effetti delle basse frequenze sulle vie vestibolari, tattili e uditive”. afferma Cameron che è anche un batterista.