Uno studio finanziato dal National Institutes of Health statunitense, ha scoperto che il colesterolo ad alta densità (HDL), spesso chiamato “colesterolo buono”, potrebbe non essere così efficace come gli scienziati credevano un tempo nel predire in modo uniforme il rischio di malattie cardiovascolari tra gli adulti di diversa razza ed etnia.
L’HDL viene volgarmente chiamato “colesterolo buono” perché è una lipoproteina non formata da “colesterolo puro”, infatti si compone anche di varie proteine specifiche che assolvono la funzione di trasporto di alcuni grassi nel sangue. Nell’organismo esistono vari tipi di lipoproteine e ognuna adempie un compito specifico.
Rimanendo nel “mondo” del colesterolo, dobbiamo considerare che è un lipide, quindi scarsamente solubile in acqua, pertanto, per essere trasportato nel torrente circolatorio necessita di legarsi a specifiche lipoproteine. Il colesterolo si lega soprattutto alle lipoproteine a bassa densità, o LDL. Il colesterolo in eccesso legato alle LDL tende ad accumularsi nelle arterie, formando aggregati sempre più densi che portano alla perdita di elasticità di questi vasi sanguigni e possono causare gravi danni soprattutto al cuore (infarto) o al cervello (ictus). Le HDL, proteine ad alta intensità, sono considerate benefiche perché ripuliscono le arterie trasportando il colesterolo in eccesso e trasferendolo ai tessuti (soprattutto al fegato), dove viene eliminato. Quindi, più è alto il livello di HDL nel sangue e minore sarà il rischio di sviluppare l’aterosclerosi e tutte le altre conseguenze negative dell’ipercolesterolemia.
La ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, mette però in discussione questo assunto che ha portato negli anni a considerare più importante il rapporto tra HDL-LDL, che non il livello di colesterolo nel sangue. La ricerca ha rilevato che mentre bassi livelli di colesterolo HDL predicono un aumento del rischio di infarto o di morte correlata per gli adulti di etnia caucasica, lo stesso non vale per gli adulti di colore. Inoltre, livelli più elevati di colesterolo HDL non risultano essere associati a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari per nessuno dei due gruppi. Gli studi precedenti che hanno plasmato le percezioni sui livelli di colesterolo come “buono” sono stati condotti negli anni ’70 attraverso ricerche condotte con una maggioranza di partecipanti adulti bianchi.
l’HDL alto non per forza vuol dire che sei sano e salvo
“L’obiettivo era capire questo legame consolidato da tempo che etichetta l’HDL come il colesterolo benefico e se questo è vero per tutte le etnie”, ha detto Nathalie Pamir, Ph.D., autore senior dello studio e professore associato di medicina presso il Knight Cardiovascular Institute della Oregon Health & Science University di Portland. Per farlo, Pamir e i suoi colleghi hanno esaminato i dati di 23.901 adulti statunitensi che hanno partecipato al Reasons for Geographic and Racial Differences in Stroke Study (REGARDS). Per lo studio, i ricercatori hanno potuto osservare come i livelli di colesterolo di adulti di mezza età bianchi e neri senza malattie cardiache, residenti in tutto il Paese, si sovrapponessero comunque a futuri eventi cardiovascolari.
I partecipanti allo studio, sia bianchi che neri avevano caratteristiche simili, come l’età, i livelli di colesterolo e i fattori di rischio associati alle malattie cardiache, tra cui il diabete, l’ipertensione e il fumo. Durante il periodo della raccolta dei dati (dal 2001 al 2007), 664 adulti neri e 951 adulti bianchi hanno subito un attacco cardiaco o un decesso legato a un attacco cardiaco. Gli adulti con livelli più elevati di colesterolo LDL e trigliceridi presentavano un modesto aumento del rischio di malattie cardiovascolari, in linea con i risultati di ricerche precedenti.
Tuttavia, lo studio è stato il primo a scoprire che livelli più bassi di colesterolo HDL predicevano un aumento del rischio di malattie cardiovascolari solo per gli adulti bianchi. Questa ricerca, inoltre, conferma e approfondisce i risultati di altre ricerche che dimostrano che alti livelli di colesterolo HDL non sono sempre associati a una riduzione degli eventi cardiovascolari. L’analisi REGARDS è stato il più grande studio statunitense a dimostrare che quantità di colesterolo “buono” superiori a quelle ottimali potrebbero non apportare benefici cardiovascolari a nessuno dei due gruppi etnici.
“Spero che questo tipo di ricerca stabilisca la necessità di rivedere l’algoritmo di previsione del rischio per le malattie cardiovascolari”, ha detto Pamir. “Potrebbe significare che in futuro i nostri medici non ci daranno più una pacca sulla spalla per avere livelli più alti di colesterolo HDL”.
Pamir ha spiegato che i ricercatori stanno studiando approfonditamente il ruolo del colesterolo HDL, esplorando diverse teorie. Una di queste è che la qualità prevalga sulla quantità. In altre parole, invece che monitorare solo la quantità di HDL, potrebbe essere più importante fare riferimento alla qualità della funzione dell’HDL nel raccogliere e trasportare il colesterolo in eccesso dal corpo.
Gli autori concludono che bisogna sostenere la ricerca in corso e quella futura con popolazioni di etnie diverse per esplorarne le connessioni e che “Quando si parla di fattori di rischio per le malattie cardiache, non ci si può limitare a una sola razza o etnia”, ha detto Pamir. “Devono valere per tutti”.