Una nuova scoperta tanto semplice quanto rivoluzionaria riguarda le scimmie e il loro stato di salute. Alcuni studiosi dell’Università della California hanno scoperto che si possono studiare i gorilla tramite la corteccia masticata e le foglie scartate da questi esemplari. Il metodo è descritto con precisione in uno studio pubblicato recentemente sulla rivista American Journal of Primatology, nel quale sono stati pubblicati i risultati dopo aver sperimentato l’efficacia della nuova tecnica.
La comunità scientifica si dichiara fiera di aver scoperto un’alternativa semplice e soprattutto non invasiva per scoprire e prevenire le epidemie nei primati. Oltretutto, questa particolare modalità può essere applicata anche ad altre popolazioni appartenenti alla fauna selvatica, permettendo così il monitoraggio della salute di diverse specie.
Lo studio sui gorilla
A condurre l’esperimento è stato One Health Institute del quale fa parte anche lo scienziato Tierra Smiley Adams, che dopo la straordinaria scoperta si è detta orgogliosa di aver trovato una tecnica non invasiva per gli animali che può salvare loro la vita.
Il punto di forza di questo esperimento è proprio la semplicità. Come affermano gli studenti dell’Università californiana, “Keep It Simple!”, ovvero mantienilo semplice. Ed è proprio così che si possono salvare migliaia di gorilla di montagna che ad oggi sono a rischio estinzione in numerose parti del mondo come in Congo, in Uganda e in Ruanda. Il problema, per questi esemplari, è quello di essersi ritrovati a stretto contatto con gli umani e di conseguenza con i loro agenti patogeni. Circa il 60% di loro e abituato alla vicinanza con la nostra specie, rischiando malattie infettive che minacciano costantemente la sopravvivenza delle scimmie in natura.
Nonostante ricercatori e ambientalisti si occupino continuamente di prelevare i campioni di sangue e tamponi orali negli animali, si tratta comunque di una tecnica invasiva per la quale ed obbligo anestetizzare prima gli esemplari affinché si possano eseguire gli esami. Per quanto riguarda i gorilla di montagna, viene eseguita l’anestesia nel caso quest’ultimo sia malato o ferito, ma mai quando è sano.
Questa specie è infatti molto delicata ed è per questo che la scoperta dei ricercatori dell’Università californiana rappresenta una vera e propria rivoluzione per la speranza della loro sopravvivenza.
I virus dei gorilla di montagna
In questo studio apparentemente semplice ma con un retroterra complesso, sono stati analizzati ben 383 gorilla di montagna e 18 scimmie dorate, insieme ad alcuni campioni delle piante masticate i resti di cibo. Grazie al DNA presente sul fogliame, si può infatti arrivare a rilevare anche i virus a RNA, che solitamente sono i più difficili da campionare.
Questo metodo totalmente non invasivo può anche essere utilizzato insieme ad altri esami come, ad esempio, quello delle urine e delle feci in modo da conoscere meglio il comportamento dei virus. Proteggere la specie dei gorilla di montagna è fondamentale, poiché ad oggi ne rimangono poco più di mille individui e il loro contatto con l’uomo è un costante pericolo che li sta portando a vivere sempre più in alto nelle montagne, dove le temperature sono incredibilmente inospitali. Questo perché i gorilla si spostano per scappare dagli esseri umani che sopraggiungono vicini al loro habitat naturale.
Un nuovo approccio
Lo scopo dello studio è condurre una ricerca cosiddetta “one health”, ovvero con un approccio volto alla conservazione degli animali selvatici. Gorilla Doctors insieme al progetto Devis One Health Institute a condotto questa ricerca globale per capire quali virus si spostano tra le persone per poi attaccare anche la fauna selvatica.
Data l’esperienza difficile della pandemia da Coronavirus, il salto della specie è al centro delle nuove ricerche scientifiche. Per questo motivo Gorilla Doctors, insieme all’istituto Devis One, ha dichiarato che servono nuove tecniche non invasive per campionare i primati in modo da avere un quadro completo su quali siano gli agenti patogeni che potenzialmente potrebbero colpire la specie umana.
Studiare le foglie masticate
Ecco, dunque, che i veterinari muniti di sacchetti di plastica e guanti, hanno raccolto una serie di resti di cibo come verdura e foglie per poi recarsi al laboratorio di analisi e studiare tramite qualche passaggio se gli esemplari sono affetti da pericolosi virus per loro stessi e di conseguenza per gli esseri umani. Un triste esempio è stato infatti quello avvenuto nel 2011, anno in cui numerosi gorilla di montagna furono colpiti dal cosiddetto Metapneumovirus, che negli uomini provoca sintomatologie minori come febbre, respiro affaticato e tosse, mentre negli animali può anche condurre alla morte.
Grazie alla ricerca, si può sperare in una migliore conservazione della specie, evitando il bracconaggio e permettendo ai gorilla di non essere esposti a patologie mortali. La medicina veterinaria lotta danni affinché anche nei parchi naturali ci siano politiche volte a preservare qualsiasi ospite non umano, come ad esempio l’obbligo di tenere una certa distanza dagli animali.