Per voce del neoministro Adolfo Urso, il Governo Meloni ha iniziato a delineare la sua strategia sul fronte del digitale e della tecnologia. In un’interessante intervista rilasciata a La Stampa, l’ex Presidente del Copasir ha sottolineato l’importanza di aprire una nuova stagione, mettendo al centro il “sovranismo tecnologico”.
Nota a margine: Urso è ministro delle imprese e del Made in Italy. Il Governo Meloni ha messo in soffitta il Ministero all’Innovazione. Le competenze che una volta erano di Colao verranno spacchettate tra dicasteri diversi e complementari tra di loro.
«Si può fare moltissimo. Il problema della sovranità tecnologica si va ponendo con sempre maggiore forza negli ultimi anni, ed è letteralmente esploso con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russi», ha detto il ministro Adolfo Urso.
Urso sa bene che va benissimo sognare un rinascimento tecnologico italiano, ma che questa è una sfida che si può vincere esclusivamente a livello europeo. E a tal proposito dice: «Dobbiamo riportare in casa, sul continente europeo quando l’economia di scala non permette una soluzione nazionale».
«Penso ai microchip che si fanno solo a Taiwan, ai droni, ma anche alle batterie elettriche per le auto del futuro, oppure ai pannelli solari». E se Taiwan rischia di diventare l’ennesima polveriera della geopolitica globale (non solo congelando la produzione di chip, ma anche compromettendo i rapporti tra occidente e Cina), a maggior ragione spostare parte della produzione in Europa diventa una priorità.
C’è poi il tema dell’arsenale fondamentale per vincere la battaglia della transizione ecologica: pannelli solari, sì, ma anche accumulatori e batterie per i trasporti ad emissioni zero. Anche questi oggi arrivano in via pressoché esclusiva dalla Cina. «La transizione ecologica dai combustibili fossili alle rinnovabili non può e non deve significare che l’Europa passa da una dipendenza dal gas russo a una nuova dipendenza dalle tecnologie cinesi», commenta allora Urso. Insomma, il sovranismo tecnologico non è autarchia da operetta ma risponde all’esigenza prioritaria di difendere l’economia europea, preparandola al peggio.