Se qualcuno in passato si addormentava improvvisamente anche nelle situazioni più impensate, nessuno sapeva darsi una spiegazione. Oggi, grazie allo scienziato Emmanuel Mignot, sappiamo molto di più su questo fenomeno noto come narcolessia. Il merito è anche della collaborazione allo studio del collega giapponese Masashi Yanagisawa, del Breakthrough Prize 2023, l’Oscar della Scienza da tre milioni di dollari.
I due esperti sono giunti a capire in modo autonomo il meccanismo molecolare che provoca la narcolessia. Un modo per aprire la strada a una nuova generazione di farmaci che potrebbero cambiare la vita di migliaia di persone. La narcolessia è una malattia neurologica che colpisce una persona su 2mila in America, Stati Uniti e Giappone. I sintomi, oltre a colpi di sonno improvvisi, vedono anche allucinazioni in pieno giorno con relativa paralisi muscolare mentre la persona sogna. Inoltre, c’è anche la perdita di tonicità muscolare a seguito di una grande emozione. Possibile anche l’incapacità di muoversi per un breve lasso di tempo. La malattia esordisce nell’infanzia, se non si cura, può diventare grave e invalidante.
Il merito della scoperta della narcolessia e del suo studio va anche al cane di Mignot. In passato si era scoperto che anche i cani possono soffrire di narcolessia. Watson, il cane di Mignot, appunto, è narcolettico.
I cani dormono sempre, quindi è più difficile distinguere la malattia. Ma lo si capisce perché quando sono eccitati, per esempio perché gli si dà da mangiare qualcosa di buono… si paralizzano. Nei cani la narcolessia è puramente genetica. Se fai accoppiare due cani narcolettici, lo saranno anche tutti i loro cuccioli. Nell’uomo non è così, esiste una predisposizione genetica che tuttavia non è determinante. Sapevo che da qualche parte nel genoma del cane doveva esserci un piccolo cambiamento genetico che causava tutto questo.
Emmanuel Mignot
Ecco che lo scienziato ha l’illuminante idea di cercare la radice della malattia nel Dna canino. Dopo 10 anni trova il gene responsabile della narcolessia. Si trattava dei recettori di membrana nel cervello insieme a un messaggero chimico chiamato orexina.
Alla fine degli anni Novanta, il collega giapponese Yanagisawa e il relativo team cercano di capire quali proteine attivano i recettori cellulari. L’esperimento viene fatto sui topi e se i topi vengono privati di orexina, allora diventano narcolettici. Ecco che la risposta si nasconde in due forme di orexina (A e B). Mignot prelevando fluido spinale da pazienti narcolettici non trova orexina. Nei cani con narcolessia c’è l’orexina, ma manca dove inserirla. Nell’uomo è il contrario, ci sono i recettori ma manca l’orexina.
In una persona sana l’orexina ha due ruoli. Durante il giorno si accumula in modo progressivo, mentre di notte diminuisce, permettendoci di dormire. In alcune persone però l’orexina è mancante. Questo perché la narcolessia è provocata da una procedura autoimmune. In chi soffre di narcolessia i 70mila neuroni dell’ipotalamo che producono orexina vengono distrutti dal sistema immunitario. Una causa della distruzione dei neuroni può essere l’influenza.
Giuseppe Plazzi, Responsabile del Centro Narcolessia del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, UOC Clinica Neurologica, Ospedale Bellaria e Past-President di AIMS, spiega:
Nella sua forma più tipica, questo raro disturbo del sonno può manifestarsi con eccessiva sonnolenza diurna e cataplessia, cioè una perdita improvvisa del tono muscolare provocata da emozioni positive, come una risata, a cui spesso si accompagnano anche allucinazioni, paralisi del sonno e sonno notturno alterato. Proprio questi sintomi rappresentano i campanelli d’allarme, che abbiamo identificato come Red Flags in una pubblicazione scientifica, e sono spesso confusi con sintomi di altre patologie oppure con manifestazioni di stanchezza, o addirittura di svogliatezza del bambino o dell’adolescente che ne soffre.
Io stesso ho cominciato a manifestare i primi segni ad 8 anni, ma a ricevere la diagnosi a 21 compiuti. Questo ritardo ha fatto sì che in me nascessero molte paure e disagi, che avrei potuto evitare se solo avessi ricevuto una diagnosi precoce. Per questa ragione è così importante sensibilizzare le generazioni più giovani.
Massimo Zenti presidente dell’Associazione Italia Narcolettici (AIN)
Il desiderio di tutti pazienti narcolettici è avere farmaci mirati ad alleviarne i sintomi. Ad oggi ci sono due farmaci che hanno la funzione dell’orexina, ma sono ancora in fase di sperimentazione. Forse fra cinque anni potranno essere applicabili ai pazienti.