Dopo il grande successo del primo capitolo, l’italianissimo strategico a turni crossover tra il mondo di Super Mario e il brand dei Rabbids torna con un sequel che ambisce a conquistare un pubblico ancora più grande, proprio in un periodo ricco di uscite come il Q4 2022.

Non dimenticheremo mai lo stupore provato quando a E3 2017 il leggendario papà di Super Mario, Shigeru Miyamoto, salì sul palco Ubisoft per suggellare uno dei crossover più impensabili della storia dei videogiochi, quello con i Rabbids provenienti dal mondo di Rayman, storico brand della software house francese. Un momento particolarmente speciale per noi gamer italiani, entusiasti insieme a un emozionatissimo Davide Soliani e tutto lo studio Ubisoft Milan a capo di questo progetto unico.

Non avevamo molti dubbi, ma quando Mario + Rabbids Kingdom Battle riscosse un enorme successo alla sua uscita, diventando uno dei giochi top della line up Nintendo Switch, l’idea di un sequel non poteva che essere un risvolto naturale.
Così, dopo ben cinque anni dal primo capitolo, Ubisoft Milan torna a farci divertire con una nuova avventura dell’ idraulico in rosso e dei folli Rabbids.

Un inizio difficile

Il primo impatto con Mario + Rabbids Sparks of Hope lascia un po’ perplessi, principalmente per due motivi: da un lato la lentezza, dall’altro lo stravolgimento del gameplay. Le prime 4-5 ore di gioco vanno avanti a un ritmo troppo spezzettato da caricamenti, tutorial singhiozzanti, battaglie “riempitive” e narrazione poco fluida.

Ne risulta un effetto di straniamento amplificato da un gameplay che non strizza per nulla l’occhio ai fan del primo capitolo. Se Kingdom Battle aveva messo in campo la strategia e il livello di sfida tipici di un mostro del genere come XCOM, Sparks of Hope stravolge una serie di elementi che lo portano a un’estrema distanza, risultando in un gameplay apparentemente simile ma nei fatti quasi agli opposti.

Il punto principale è sicuramente la libertà di movimento: ogni personaggio in battaglia ha un certo range entro cui spostarsi per ogni turno, ma può farlo liberamente e senza limiti. Si può andare avanti, fermarsi in un angolo, vedere se da una certa posizione si riesce a mirare al nemico o a un barile da far esplodere, si può far scattare un attacco nemico che si era posizionato in vedetta, si può prendere una bomba e correre dall’altra parte per lanciarla. Libertà totale, senza spendere alcuni punti azione o movimento, una differenza fondamentale soprattutto unità alle altre novità: il salto team e gli Spark.

Il salto team, già presente nel primo capitolo, permette adesso di scegliere in tempo reale dove spostarsi mentre si sta planando e, una volta atterrati, di avere un ulteriore spazio di manovra, estendendo enormemente l’ampiezza di movimento. Inoltre, grazie appunto alla libertà di posizionamento nel proprio turno, è possibile spostare un eroe, usarlo come trampolino per fare un salto team con un secondo e poi tornare a spostare il primo come si preferisce.

Gli Spark invece, fusione tra sfavillotti e Rabbids, possono conferire proprietà elementali alle armi o alle scivolate, possono curare o fornire protezione, avvicinare o allontanare i nemici e addirittura infliggere danni. Per ogni battaglia dunque si possono avere dai due ai quattro personaggi, ciascuno con due azioni per turno da spendere tra attaccare con le armi, sfruttare gli Spark equipaggiati, usare la tecnica speciale oppure consumare oggetti. Tra queste, l’unica azione che blocca il movimento è l’attacco con le armi, mentre nel frattempo è possibile alternare le altre a spostamenti, salti team e scivolate, queste ultime tra l’altro decisamente più potenti e determinanti rispetto a Kingdom Battle.

La parola d’ordine è quindi libertà, non più calcolo minuzioso della strategia per essere sicuri sia di avere la meglio nel proprio turno ma anche di non crollare in quello dei nemici. I cultori del gameplay ostico e punitivo del primo capitolo faranno quindi fatica ad abituarsi, soprattutto considerando il livello di sfida notevolmente ridotto, ma come detto si tratta solo dell’inizio.

Una seconda chance

Lungi dall’essere disastrosa, tuttavia la parte iniziale di Mario + Rabbids Sparks of Hope, compreso il primo pianeta, stenta a decollare. L’esplorazione “open world” è condita da enigmi ambientali banali, nonché intervallata da combattimenti inutili, troppo facili, resi estenuanti dagli innumerevoli caricamenti, visto che adesso si svolgono in mappe create ad hoc “fuori dal mondo”. Troppe, troppe interruzioni, e il ritmo ne risente.

A partire dal secondo pianeta (sono cinque in tutto), la musica però inizia a cambiare: l’esplorazione si fa più ampia e coinvolgente, le missioni secondarie più elaborate, i combattimenti meno frequenti ma più completi e longevi. Grazie anche all’aumentare degli Spark, della varietà dei nemici e dei personaggi giocabili, ognuno con caratteristiche, tecniche e abilità diverse, il nuovo stile di combattimento inizia a fornire più opzioni e concatenazioni intriganti.

Rimane un approccio un po’ troppo ancorato al “raggiungi punto A, combatti, raggiungi punto B, combatti” e così via, ma quantomeno con un battle system che, seppur per nulla punitivo, regala soddisfazioni se ben sfruttato.

Libertà si lega a doppio filo con creatività e con la capacità di sfruttare i personaggi più adatti a seconda dei nemici e della mappa di combattimento, visto che prima di ogni scontro è possibile analizzare il campo e scegliere squadra ed equipaggiamento. Così, quando gli avversari sono tanti e in gruppo, ci si ritrova a usare con Peach uno Spark che li attira tutti in un punto, per poi sfruttare le scivolate esplosive di Rabbid Mario e i Koopa incendiari di Bowser, per poi concludere con uno Spark che evoca meteoriti infuocati e gli attacchi ad area con le armi di tutti e tre, infliggendo una tonnellata di danni.

In maniera analoga, quando invece la mappa di gioco si estende e i nemici si diradano tocca a Mario, Luigi e Rabbid Rosalinda con le loro armi a lunga gittata, e via via in mezzo tutte le combinazioni ibride a seconda dei casi.

Il potenziamento non è più legato all’acquisto dell’arma più evoluta ma tutto riportato al level up e all’albero delle abilità, diverso per ciascun eroe ma in ogni caso concentrato su quattro sezioni: salute, movimento, arma, tecnica.

Ogni eroe finisce con l’avere un proprio ruolo in cui è più efficace, non solo per tipologia di arma e tecnica, ma anche in base a quali abilità gli sono state sbloccate; questo diventa l’aspetto più importante dello sviluppo dei personaggi, seguito subito dall’accumulo di quanti più Spark diversi, così da avere il potenziamento giusto da sfruttare a seconda dei nemici.

I prismi per potenziare le abilità e gli Spark si possono ottenere dalle missioni principali (due per pianeta) o dalle oltre 120 missioni secondarie sparse nel gioco, che insieme all’esplorazione e i vari enigmi ambientali assicurano una longevità oltre le 30 ore, le ultime decisamente migliori delle prime.

Lo stile Rabbids

Unica nota non eccellente di questo sequel è quella legata allo stile, elemento che tanto aveva reso speciale il predecessore. Nella narrazione, nelle scenette d’intermezzo, nelle interazioni tra personaggi, nel design in generale dei pianeti, dei nemici e delle mappe, Mario + Rabbids Sparks of Hope non riesce quasi mai a strappare una risata al giocatore e anzi si riempie di tentativi di comicità poco brillanti che non funzionano mai.

Manca proprio quel piglio che nel primo capitolo strizzava l’occhio al mondo di Mario ma con quel pizzico di follia Rabbids, mentre stavolta l’icona di Nintendo e i suoi compagni sembrano quasi delle comparse all’interno di un’avventura interamente popolata da Rabbids, comunque mai esilaranti come spesso accadeva in Kingdom Battle.

La trama, ancora una volta abbastanza semplice, riesce a essere funzionale allo sviluppo del gioco, ma in generale si sente la mancanza di quel qualcosa in più che aveva reso Mario + Rabbids Kingdom Battle così accattivante. Per fortuna le musiche, affidate nuovamente all’orchestra, rendono il viaggio dei nostri eroi più piacevole e forniscono degli arrangiamenti dei temi canonici della saga di Mario più che apprezzabili.

Ambizioso

Mario + Rabbids Sparks of Hope è sicuramente un titolo coraggioso: dopo l’enorme successo del predecessore, decide contro ogni logica di stravolgere il combat system e tenta di innovare, velocizzare e ampliare un gameplay che solitamente viene apprezzato da una nicchia di puristi.
La piacevole sorpresa è che, soprattutto nella seconda metà del gioco, questa scommessa viene vinta e il battle system diventa il punto più forte di questo titolo, regalando ai giochi di strategia un punto di riferimento a cui guardare.

È un peccato dunque che altri elementi non tengano lo stesso livello di qualità a cui Ubisoft Milan ci aveva abituati, perché purtroppo un ritmo troppo spezzettato e un carattere meno brillante nella narrazione e nello stile evitano a Mario + Rabbids Sparks of Hope di diventare un capolavoro assoluto; nonostante questo, rimane un’esperienza piacevolissima che potrebbe anche allargare il proprio pubblico di riferimento grazie al nuovo battle system e affermarsi come uno dei top titoli Switch del 2022.

Mario + Rabbids Sparks of Hope sarà disponibile a partire dal 20 ottobre per Nintendo Switch.

80
Mario + Rabbids Sparks of Hope
Recensione di Filippo Consalvo

Se avete amato il primo capitolo, Mario + Rabbids Sparks of Hope potrebbe darvi gioie e dolori, ma date una possibilità al nuovo gameplay e non ve ne pentirete: un'esplosione di creatività che vale da sola il prezzo del gioco, anche perchè tutti gli altri aspetti non si confermano al livello del predecessore.

ME GUSTA
  • Battle system innovativo e accattivante
  • Tantissime combinazioni possibili
  • Più si va avanti e più migliora
FAIL
  • Ritmo troppo lento
  • Comicità poco riuscita
  • Pochissimo Mario e troppo Rabbids