Quello da microplastiche è una delle forme di inquinamento più conosciute al mondo. Queste piccole particelle di plastica possono raggiungere qualsiasi parte del pianeta e finire addirittura nella catena alimentare arrivando, quindi, anche nell’organismo umano. Un recente report dell’Università di Otago ha riscontrato microplastiche nel 75% dei pesci delle acque della Nuova Zelanda, minacciando la biodiversità marina locale.
Molte specie è ormai risaputo che risentono del degrado ambientale, in modo particolare quelle che popolano l’ecosistema marino neozelandese, il quale si trova in grande difficoltà. Secondo il report Our marine environment 2022 del Ministrero dell’Ambiente, anche tanti altri animali marini, come uccelli e mammiferi, sono in serio pericolo. Dallo studio sembra siano a rischio estinzione il 90% degli uccelli marini indigeni, l’82% degli uccelli costieri indigeni, l’81% delle specie di invertebrati marini e il 22% delle specie di mammiferi marini.
Si è anche riscontrato che l’acidificazione degli oceani è aumentata del’8,6% così come sono cresciute le temperature marine tra il 1998 e il 2020. Il benessere dell’ecosistema marino della Nuova Zelanda è fondamentale per la popolazione Māori la cui sopravvivenza dipende da esso
Un rapporto del Ministero dell’Ambiente e di Stats NZ sullo stato dell’habitat marino ha contenuti allarmanti e dobbiamo agire subito per ripristinare e migliorare la salute degli oceani.
Per cominciare, dobbiamo fermare le pratiche di pesca distruttive, come la pesca a strascico, che stanno distruggendo i fondali marini; cambiare i metodi di pesca per evitare di uccidere migliaia di uccelli marini e centinaia di foche, continuare a lavorare per vietare la plastica monouso e impedire che la plastica finisca nell’oceano.
Eugenie Sage, parlamentare del Green Party di Aotearoa