“Non arrenderti, rischieresti di farlo ad un’ora dal miracolo”, diceva un antico proverbio arabo. E per Elon Musk, impegnato in una complessa e potenzialmente distruttiva causa contro Twitter, il miracolo potrebbe essere arrivato.
Lo ricordiamo: Elon Musk si è tirato fuori all’ultimo da una costosissima operazione che lo avrebbe portato ad avere il 100% delle quote di Twitter. Il costo? 44 miliardi di dollari, un’offerta che il miliardario aveva presentato autonomamente e che avrebbe dovuto finanziare in parte con il suo patrimonio e in parte grazie ai prestiti di alcune banche e di alcuni co-investitori.
A luglio Elon Musk ha detto che non se ne sarebbe fatto più nulla, nonostante avesse firmato un impegno vincolante. Musk ha tentato di far ricadere la responsabilità su Twitter, accusando la società di non aver assecondato le sue richieste di ottenere maggiori informazioni sul problema degli account fake. Ne è ovviamente nata una causa legale, con la prima udienza che si terrà ad ottobre.
Twitter era dato per favorito dagli esperti di diritto americano, anche perché sembrava che Elon Musk non avesse granché a sostegno delle sue illazioni contro il social network. Peraltro, anche se riuscisse a dimostrare che il social network ha effettivamente riportato informazioni inesatte sul reale numero di utenti attivi mensilmente, non è affatto detto che questo sia sufficiente ad esonerarlo dai suoi obblighi contrattuali.
A suo tempo, Ann Lipton, una professoressa di diritto societario della Tulane Law School, aveva spiegato che la pretesa di Musk di usare l’inconsistenza dei dati sul numero di bot presenti su Twitter potrebbe non essere una ragione sufficiente per ritirare l’offerta senza conseguenze.
La falsa rappresentazione di queste informazioni non è sufficiente per abbandonare di punto in bianco le trattative”, aveva spiegato. “Lo sarebbe esclusivamente se l’omissione fosse di proporzioni così gravi da compromettere completamente il valore economico degli accordi”. Benissimo. E se così fosse?
Le rivelazioni della ‘talpa’ Peiter Zatko
Tutto questo era sicuramente vero prima del miracolo, appunto. Il miracolo si chiama Peiter Zatko, nome dell’ex N.1 della sicurezza di Twitter. Zatko era stato assunto nel 2020, dopo il colossale hack di Twitter di cui avevamo parlato qui. Ricordate quando, simultaneamente, gli account di Obama, Elon Musk e Bill Gates (per citarne solo tre) avevano pubblicato una truffa legata alle criptovalute? Ecco, Court è la persona che era stata assunta da Jack Dorsey per evitare che un disastro del genere potesse ripetersi. Dopo essere stato licenziato dal nuovo CEO del social network, Parag Agrawal, l’ex responsabile della sicurezza ha presentato una denuncia presso la SEC, condividendo una lunga testimonianza sugli “enormi problemi” di Twitter e su quelle che – a suo dire – sarebbero state le vere cause del suo licenziamento. Non la sua negligenza, come sostenuto a gennaio scorso dai manager di Twitter, bensì il fatto che avesse più e più volte tentato di impedire al social network di mentire sistematicamente ai suoi investitori e agli inserzionisti.
Tra le altre accose, Zatko ha accusato Twitter di:
- Consentire a circa la metà dei sue dipendenti un accesso immotivato e non supervisionato ad un numero preoccupante di informazioni personali di ogni singolo utente iscritto al social network, oltre che a diversi pannelli di amministrazione fondamentali per la sicurezza;
- La creazione di campagne di marketing utilizzando il numero di telefono e gli indirizzi email degli utenti, che tuttavia erano stati forniti esclusivamente per scopi di sicurezza;
- Non aver imposto l’installazione delle patch e degli aggiornamenti di sicurezza sui computer dei dipendenti, al punto che quasi un computer su tre avrebbe sistemi di sicurezza obsoleti;
- Non aver predisposto alcun sistema di sicurezza per proteggere gli smartphone dei dipendenti – usati per accedere ai sistemi centrali dell’azienda – da possibili attacchi o compromissioni
- Aver configurato in modo improprio i data center, al punto che un semplice disservizio marginale potrebbe compromettere in modo irreparabile il social network
- Omesso ciclicamente di segnalare alle autorità diversi incidenti di cyber security piuttosto rilevanti
- Essere stato più volte infiltrato da persone che collaborano con le agenzie di intelligence di governi stranieri
Tutte queste accuse sono contenute in una denuncia depositata da Zatko alla SEC. La politica americana se ne è già interessata e ora l’autorità di vigilanza della Borsa americana dovrà aprire un’indagine su ognuno di questi punti, con possibili conseguenze catastrofiche per Twitter. Poi c’è la questione dei bot.
“Twitter ha mentito ad Elon Musk”, dice la talpa
“Twitter ha mentito ad Elon Musk“. Peiter Zatko lo scrive chiaramente nel suo complaint. Sui bot Zatko racconta che Twitter dal 2019 utilizza una nuova metrica per stimare quali sono gli account ‘validi’, cioè quelli che vengono conteggiati per le impression delle campagne pubblicitarie e che quindi vengono, in qualche modo, addebitati agli inserzionisti ogni volta che visualizzano un banner pubblicitario e ci cliccano sopra. Si chiama mDAU (Utenti attivi giornalieri monetizzabili) e dalla loro crescita dipendono i bonus che vengono corrisposti ai manager di Twitter.
La talpa aggiunge poi un altro dettaglio interessante: su Twitter esisterebbero milioni di account palesemente fake e automatizzati, che vengono riconosciuti in quanto tale dagli algoritmi del social network, e che di conseguenza non vengono inseriti nel computo dei mDAU.
Il braccio di ferro tra Elon Musk e Twitter nascerebbe da questa incomprensione: il miliardario non è interessato al parametro degli utenti monetizzabili, ma si limita a constatare che le persone iscritte al social, quelle in carne ed ossa, vengono ogni giorno infastidite dallo spam incessante di milioni di account fake (che spesso vengono utilizzati per diffondere truffe e rubare denaro). Twitter invece continua a ripetere come una cantilena che solamente meno del 5% degli account monetizzati dalla piattaforma siano finti. Ma stiamo parlando di due valori diversi: account fake totali e account fake che inavvertitamente finiscono per essere addebitati agli inserzionisti.
Domanda: in che modo queste rivelazioni aiuteranno Elon Musk nel processo che si terrà ad ottobre? La risposta: non lo sappiamo e perfino gli esperti di diritto privato americano sono molto divisi. Forse la questione dei bot rimane ancora irrilevante, come già diversi mesi avevano sostenuto alcuni professori di diritto, ma ora Musk potrebbe abilmente cambiare il discorso: non più gli account finti e lo spam, ma le ripetute bugie dei manageri di Twitter verso gli azionisti e le autorità americane. Insomma, sarebbe questo ‘l’effetto negativo materiale’ così grande da giustificare lo stralcio degli accordi.
Nel frattempo gli avvocati di Elon Musk stanno tentando di appigliarsi ad una questione apparentemente più marginale: a giugno del 2022, cioè dopo aver firmato un contratto con Musk, Twitter ha pagato oltre 7 milioni di dollari a Peiter Zatko in un accordo di riservatezza che avrebbe impegnato quest’ultimo a non esporre pubblicamente i problemi del social network. Secondo gli avvocati del miliardario questo compenso a sette cifre – di cui avrebbero appreso solamente a settembre dai quotidiani – violerebbe gli accordi tra le due parti, che vietano esplicitamente qualsiasi pagamento di fine rapporto che non rientri “nel normale corso degli affari”.
Peiter Zatko è stato chiamato a testimoniare nell’ambito della contro-causa presentata dai legali di Musk contro Twitter. Zatko, attraverso i suoi avvocati, ha fatto sapere che adempierà ai suoi obblighi rilasciando una deposizione sotto giuramento, aggiungendo di non aver denunciato il social network per aiutare Elon Musk. Eppure, che sia intenzionale o meno, potrebbe proprio essere questo l’assist in grado di stravolgere l’esito della partita.