Elvis è al cinema dal 22 giugno, ed al centro di questo biopic musicale c’è, soprattutto, oltre al percorso di vita e la carriera dell’iconica star, anche il rapporto tra Presley ed il colonnello Parker, l’uomo che ha portato all’ascesa del ragazzo di Tupelo, ma che, allo stesso tempo, ne è stato un freno sotto diversi punti di vista, ed una figura tossica. La vita di Elvis sarebbe stata diversa senza il colonnello Parker? Il suo successo è veramente dovuto alla presenza del colonnello? Proviamo ad approfondire il tutto in questo approfondimento sulla storia del rapporto tra Elvis ed il Colonnello Parker.
Il colonnello Parker: da emigrato a manager di successo
Sotto certi punti di vista la storia del Colonnello Tom Parker rappresenta l’incarnazione del sogno americano.
Immigrato in maniera irregolare dall’Europa negli Stati Uniti all’età di vent’anni, Andreas Cornelis van Kuijk (questo è il suo vero nome) arrivò addirittura ad arruolarsi nell’esercito americano, prendendo il nome dall’ufficiale che si occupò del suo arruolamento (mentre l’appellativo di Colonnello arrivò grazie al titolo concessogli dal Governatore della Louisiana Jimmie Davis). L’esperienza non fu però delle migliori, considerando che fu congedato con disonore, e che tutto ciò ebbe delle ripercussioni anche con la possibilità di ottenere la cittadinanza americana. Nel 1938 il colonnello iniziò la sua carriera di impresario musicale, dopo aver vissuto un duro periodo di ristrettezze economiche nel periodo della Grande Depressione Americana. Dopo aver fatto da manager ad artisti come Gene Austin ed Eddie Arnold, Tom Parker arrivò alla svolta della sua carriera dopo aver sentito parlare nel 1955 di Elvis Presley. Parker fece firmare Elvis per la RCA, facendogli lanciare nel 1956 la hit Heartbreak Hotel. Fu l’inizio di un sodalizio che durò anche dopo la morte di Presley.
Uno degli snodi principali della carriera di Elvis fu l’ingresso nel mondo del cinema. Si tratta di una delle grandi passioni del cantante rock’n’roll, che desiderava diventare un interprete drammatico, ma il colonnello Parker intuì che sfruttare il cinema per vendere i brani musicali di Elvis avrebbe creato una combo micidiale per il successo del cantante di Tupelo. E così Elvis Presley divenne un attore da “musicarelli”, film in cui la componente musicale, e le parti cantate dell’attore diventavano il vero succo di tutto il lungometraggio. Si tratta di un aspetto che ha condizionato in positivo l’ascesa musicale di Elvis, mentre il potenziale da interprete fu completamente annichilito da questa prospettiva. Non è facile poter pensare a cosa ne sarebbe stato dell’Elvis Presley attore se la carriera del cantante fosse stata veicolata verso scelte differenti, e di film più “impegnati”. Sta di fatto che, alla lunga, questo tipo di percorso penalizzò anche la qualità dei brani musicali dello stesso Elvis, considerando che praticamente tutti gli anni Sessanta furono segnati da pezzi nati per produzioni cinematografiche, che si erano ridotte ormai a commedie per famiglie dalle storie deboli, e con colonne sonore non alla portata del potenziale artistico di Presley.
Grande merito del Colonnello Parker fu però quello di riuscire a mantenere alto il nome di Elvis Presley nel panorama musicale anche durante il periodo di arruolamento nell’esercito della rockstar. Elvis nel 1958 partì per il servizio militare, facendo due anni di Leva in Europa. Parker cercò di mantenere alta l’attenzione su Elvis, facendogli incidere prima della partenza una serie di singoli che riuscirono per due anni a far mantenere in vetta alle classifiche musicali le canzoni del ragazzo di Tupelo. La strategia del Colonnello Parker si rivelò vincente, ed Elvis tornò dall’Europa con la sua fama intatta, ed una maturità musicale diversa, considerando che passò dal gusto rock’n’roll alla melodia europea. L’espressione di questo suo nuovo gusto è rappresentata dalla canzone It’s Now or Never, adattamento in inglese della della canzone napoletana ‘O sole mio. Ma le performance nei musicarelli furono un tappo per lo sviluppo di una produzione artistica più attenta e calcolata da parte di Elvis, che, sotto questo punto di vista, fu schiavo delle logiche produttive del Colonnello Parker.
Elvis, l’artista schiavo delle logiche commerciali del Colonnello
Il continuo utilizzo di Elvis in film insulsi alla lunga condizionò la carriera del cantante, che arrivò alla fine degli anni Sessanta a subire una perdita di popolarità, e ad aver bisogno di un rilancio.
Cosa che avvenne nel 1968 con uno Special televisivo realizzato per NBC, lanciato per il natale di quell’anno. Anche in questo caso il Colonnello Parker aveva delle idee piuttosto banali e artisticamente scarse per proporre Elvis nello Special, considerando che aveva pensato di far vestire il cantante da Babbo Natale, facendogli cantare dei classici natalizi. Mentre il produttore dello spettacolo, Steve Binder, pensò di far suonare Elvis con la sua band storica, formata da Scotty Moore e D. J. Fontana, ridando al frontman la possibilità di cantare i suoi vecchi successi rock’n’roll. L’esibizione di Elvis durante lo Special divenne iconica, e riportò in alto il nome del cantante, facendo in modo che il Colonnello stipulasse un contratto per farlo esibire a Las Vegas.
Uno degli aspetti che colpiscono maggiormente della carriera di Elvis Presley è il fatto che il ragazzo di Tupelo non sia mai uscito al di fuori degli Stati Uniti per esibirsi. Il tutto è dovuto al fatto che il Colonnello Tom Parker, che per molto tempo affermò di essere nato negli USA, in realtà era di Breda, Paesi Bassi, e questo avrebbe potuto creare problemi con il rilascio del Passaporto. Sta di fatto che Elvis non poté mai esibirsi al difuori dei confini americani, ma il colonnello trovò ugualmente un modo per portare Elvis in tutto il mondo, addirittura con una sola esibizione. Stiamo parlando di Elvis: Aloha from Hawaii, un concerto trasmesso in mondovisione via satellite per la prima volta, che permise a ben un miliardo e mezzo di persone di poter vedere un’esibizione del grande Elvis Presley. Da questo spettacolo fu tratto anche un disco, intitolato Aloha From Hawaii: Via Satellite, che finì in vetta alle classifiche di tutto il mondo. Ma i problemi di salute, mentali ed in famiglia di Elvis stavano iniziando a pesare sulla carriera del cantante, e la gabbia dorata costruitagli dal colonnello pesava sulla percezione che lo stesso Presley aveva di sé stesso e dell’ambiente circostante.
A 40 anni Elvis si ritrovò a divorziare dalla moglie Priscilla, finendo in uno stato depressivo costante che lo costrinse ad utilizzare continuamente farmaci, e ad aumentare di peso costantemente. In tutto ciò il colonnello Parker (che nel tempo era passato progressivamente dal prendere non più il 10% dei profitti di Elvis, arrivando anche al 50%) prestava scarsa attenzione alla salute del suo assistito, costringendolo ad esibirsi anche con febbre alta, ed in momenti in cui Presley aveva bisogno di riposo. L’inesorabile peggioramento delle condizioni di salute di Elvis portò alla morte del cantante il 16 agosto 1977.
Alla notizia della morte di Presley sembra che il Colonnello reagì con freddezza, quasi come se dovesse solo capire come tamponare un nuovo problema sorto per i suoi profitti.
Parker contattò il padre di Elvis per sottolineare come fosse importante continuare a curare l’immagine del figlio anche dopo la morte dell’iconica popstar. E così fu. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1997, il colonnello Parker continuò a curare i diritti e l’immagine di Elvis Presley, negoziando vari contratti per il suo defunto assistito.
Concludiamo questo approfondimento sul rapporto tra Elvis ed il colonnello Parker sottolineando come si tratti di un sodalizio fatto di luci ed ombre. Sicuramente Parker permise ad Elvis di ottenere un grandissimo successo grazie a strategie commerciali inedite per i tempi, e che si rivelarono delle scelte azzeccate a livello di guadagni. Ma, il tutto fu a discapito di una certa evoluzione artistica dello stesso Presley, nonché della salute del cantante, rinchiuso all’interno di una gabbia dorata nella sua Graceland, incapace di dire “no” all’uomo che lo aveva portato al successo, e divenuto, ad un certo punto, l’ombra di sé stesso. Parker disse una volta del suo assistito: “Quando conobbi Elvis possedeva milioni di dollari di talento, ora possiede solamente milioni di dollari!”. La storia di Elvis Presley ha forse aiutato nel tempo a migliorare i rapporti tra artisti e manager, nonostante le logiche produttive e del mercato continuino a farla da padrone. Però, nel corso degli ultimi decenni, abbiamo visto sempre più artisti emanciparsi e cercare strade personali per definire il proprio percorso. Forse la vita e la morte di Elvis sono servite anche a questo.
Ricordiamo che il film Elvis di Baz Luhrmann e con Austin Butler protagonista, distribuito da Warner Bros., è disponibile dal 22 giugno al cinema.
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