Le opere create dalle intelligenze artificiali non possono essere brevettate o protette da copyright. Lo ha deciso l’US Copyright Office, rifiutando una richiesta depositata da Steven Thaler nel 2019.

Steven Thaler aveva creato un algoritmo in grado di creare, autonomamente, delle opere d’arte. L’IA si chiama Creativity Machine e potete farvi un’idea delle sue creazioni guardando l’immagine in apertura a questa news.

L’US Copyright Office ha respinto la richiesta di proteggere sotto il copyright un’opera d’arte generata da un’intelligenza artificiale, in quanto sprovvista di sufficienti elementi di ‘human authorship‘.

Nel rifiutare la richiesta di registrazione dell’opera, l’ente statunitense ha sancito che solamente le opere con un tocco umano possono essere protette dalle norme sul copyright. Il legislatore statunitense definisce questo tocco ‘human authorship’. Sebbene gli algoritmi possano essere utilizzati come strumento per la creazione di un’opera d’arte, è fondamentale che il risultato finale sia il frutto dell’ingegno umano, che deve essere decisivo e non marginale.

Un requisito completamente assente nell’opera ‘A Recent Entrance to Paradise‘, che dovrebbe rappresentare una “esperienza di morte simulata” ed è stata generata dall’algoritmo in pressoché totale autonomia, con un lavoro di postproduzione giudicato insufficiente per soddisfare il requisito di human authorship.

«Il nesso tra mente umana ed espressione artistica è un elemento cruciale per rendere un’opera meritevole della protezione prevista dalla normativa sul copyright», ha spiegato nella sua decisione la massima autorità statunitense in materia di copyright. Una decisione coerente con una precedente ordinanza dell’ente, che aveva sancito che nemmeno le opere create da un animale – come una scimmia – sono meritevoli della tutela offerta dalle leggi sul copyright.