È ufficiale, la pandemia del Covid ha completamente stravolto il senso dell’attesa dell’uscita di un film al cinema, creando un solco importante tra le pellicole costrette a rimandare la propria distribuzione in “quelle dimenticabili” (ovvero “doveva uscire mi pare, non ho più controllato”) e quelle che sono diventate dei veri e propri eventi sociali, al di là di qualsivoglia merito artistico. Da noi questo fenomeno lo conosciamo bene, visto che lo abbiamo di recente sperimentato con Freaks Out di Gabriele Mainetti, in uscita ormai prossima (28 ottobre), ma che ha avuto modo vedere la luce a Venezia78. Proprio dopo essere passato per un’anteprima di qualche minuto durante la masterclass tenutasi nella scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma, fornendo un assist irrinunciabile agli organizzatori, che in questa edizione hanno invitato i Manetti Bros per mostrare al mondo i primi minuti del loro Diabolik.
Oltre alla proiezione tanto attesa la coppia ha avuto modo di ripercorrere i passi della propria filmografia, guidati da una selezione di estratti dalle pellicole ritenute più importanti.
I Manetti Bros sono dei fratelli registi di origine romana, ma bolognesi di adozione, da sempre catturati da una incredibile passione per il cinema. Così la ricorda Marco:
Sin da bambino ero appassionato di cinema, e mi è sembrato ovvio che un giorno avrei fatto film. In seconda media scrissi una commedia gialla e chiesi alla prof se avessimo potuto metterla in scena. Poi feci la gavetta, iniziando a fare l’aiuto regista.
E così Antonio:
Dobbiamo chiarire un equivoco, noi non siamo cresciuti con il cinema di serie B, ci piace come ci piace tutto il cinema, anche se per il noi il maestro dei maestri rimane sempre Alfred Hitchcock. Se hai un dubbio su una scena basta rifarsi a lui. Gli altri film con cui siamo cresciuti sono quelli del cinema americano, Spielberg e Carpenter.
Marco (il maggiore), tra i tanti aneddoti, ha raccontato anche di come, curiosamente, i due si siano ritrovati sempre sincronizzati nella loro carriera, addirittura girando singolarmente due corti in parallelo senza neanche esserlo comunicato tra loro.
L’incontro prosegue soffermandosi sul loro modo di fare cinema, interessante perché frutto di una coordinazione costante del lavoro set e non, come capita sempre nelle coppie di registi “quasi sempre fratelli”, come sottolineano i Manetti in coro. Marco si occupa della direzione degli attori, Antonio invece è l’occhio dietro la macchina da presa. Con la possibilità per entrambi di entrare nel merito l’uno del campo dell’altro. Parola d’ordine: libertà assoluta.
Ai nostri direttori della fotografia diciamo che siamo membri del comitato di liberazione della macchina da presa. Noi seguiamo gli attori, se occorre si metterà un’altra luce.
Una parola che si sono conquistati con le unghie e con i denti e da cui, stando a quanto raccontano, dipende la buona riuscita del loro lavoro. Non a caso libertà è ciò che mancò ai Manetti Bros sul set di Zora la Vampira, escluso da film selezionati per le clip che hanno accompagnato l’incontro. Spiegato così da Andrea:
Un fallimento a livello di incassi ma soprattutto un fallimento nostro perché non avevamo libertà e invece troppi mezzi che ci hanno dato alla testa, eravamo giovani.
La loro rinascita passa da Piano 17, per certi versi il film più importante della loro filmografia, totalmente prodotto insieme agli attori, quasi tutti provenienti dal cast dell’Ispettore Coliandro, la serie televisiva che ha dato loro stabilità lavorativa, permettendo al cinema di occupare un posto nella loro vita che non fosse collegato solamente al lato economico. 70mila euro circa per un film che andò benissimo in sala.
A ciò seguì L’arrivo di Wan, pensato inizialmente per essere un corto promozionale per una società di effetti speciali poi divenuto un lungo di cui la società stessa è divenuta produttrice. Presentato sui giornali come “Un alieno a Venezia” dopo il suo arrivo al Lido per volere del produttore Luciano Martino, che lo propose all’allora direttore del Festival Marco Mueller, orientalista esperto. Caratteristica che giocò molto a favore del film.
Lo stesso Martino che insistette molto che i Manetti girassero a Napoli, tanto da costringerli a firmare un accordo prima dei finanziamenti di Paura. Si arriva cosi a Song’e Napule, quello che i fratelli ricordano come:
Il nostro più grande successo, il passaggio dalla libertà al successo per essere più precisi. Lo portammo qui alla Festa del cinema, che ci ha dato una mano a spingerlo anche nelle sale.
Così inaugurarono uno straordinario periodo partenopeo coronato da Ammore e malavita, di cui Marco ricorda la presenza di una versione di Flash Dance cantata da Serena Rossi: “la vera star del film.”
Il gran finale è tutto dedicato a Diabolik.
Per la prima volta abbiamo delle aspettative. Questo film per noi è importantissimo, è il coronamento della possibilità di mettere in scena quello che si ama prima di tutto come lettore. Diabolik è un fumetto che amiamo moltissimo e vogliamo ringraziare le sorelle Giussani di aver creato due personaggi così straordinari: come Diabolik e Eva, complessi e sfaccettati al di là di ogni immaginazione.
Dal commento tecnico si passa ad un’introduzione piena di emozione.
Data l’attesa dovuta al covid siamo molto emozionati in questo momento. Sapete, è la prima volta che qualcosa del film viene mostrato al pubblico.
E a giudicare dalla lunga ovazione riservata alla clip appena terminata la proiezione possiamo dire che probabilmente il film sarà un successo di pubblico, a prescindere dai meriti artistici.
Bando alle ciance quindi: la sequenza mostrata di Diabolik è di un inseguimento girato tra Milano, Bologna e Trieste, dove vediamo (anzi, intravediamo) gli occhi di Luca Marinelli nei panni di Diabolik, a bordo dell’iconica Jaguar. L’atmosfera è quella di un noir dal sapore vintage e dai tratti fumettosi, un’impronta decisa che i Manetti, a seconda dei gusti, hanno sempre messo nei loro film. All’inseguimento un paio di volanti della polizia facilmente seminate, prima del sopraggiungere dell’auto con il commissario Ginko di Valerio Mastandrea, assolutamente credibile nel poco che si è mostrato. L’inseguimento prosegue fuori città, sulle note di uno dei due brani scritti per il film da Manuel Agnelli, che piano piano sale d’intensità.
Le macchine imboccano una strada che si inarca verso una collina, nella notte, ma ad un certo punto con un trucco di Diabolik manda fuori giri i poliziotti, costretti a fermarsi, Sguardo verso il cielo, dove compare il titolo del film.
Ah, dimenticavamo, la clip è stata introdotta da una scritta: “Clerville, anni Sessanta.”
Diabolik esce al cinema il 16 dicembre distribuito da 01 Distribution, nel cast Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Alessandro Roja, Claudia Gerini e Serena Rossi.