La recensione di C’era una Volta a Hollywood, il primo romanzo di Quentin Tarantino, va doverosamente iniziata con un bello spoiler: è un gran libro!
Fare un film tratto da un romanzo, infatti, è difficile… e fare un romanzo tratto da un film è altrettanto scivoloso: un’operazione fatta spessissimo, ma che poche volte ha dato risultati particolarmente apprezzabili.
Se però il romanzo è scritto dall’autore del film stesso, e l’autore si chiama Quentin Tarantino, probabilmente il risultato merita di essere letto.
C’era una volta a Hollywood, il capolavoro di Tarantino, candidato a 10 premi Oscar che ha fatto vincere pure Brad Pitt, è un film memorabile che ha diviso un po’ pubblico e critica – ma sinceramente è un film da vedere e rivedere – e non si può negare la sua forza per l’enciclopedica maestria con cui Quentin Tarantino ci trasporta all’interno della Hollywood di fine anni sessanta – inizio anni settanta con tutti i suoi sconvolgimenti.
Non ultimo, ovviamente, quello che accadde nella famigerata villa di Cielo Drive, un fatto di cronaca che coinvolse la family di Charles Manson e Sharon Tate, attrice promettente e moglie dell’allora regista-star Roman Polanski.
Il libro il libro circa 390 pagine edito da La Nave di Teseo è stato scritto da Tarantino prima della sceneggiatura che gli ha fruttato l’ennesima nomination agli Oscar (e un Golden Globe vinto).
Quentin ha detto che il progetto era nato in realtà come romanzo e poi si è trasformato in film: un po’ come accadde con Bastardi senza gloria.
Tarantino ammise di aver scritto talmente tanto materiale per quell’avventura ambientata durante la Seconda guerra mondiale che praticamente ci avrebbe potuto realizzare sopra una serie tv da 10 episodi.
E poi, invece, ha deciso di fare un film e direi che ha fatto molto bene.
Questo per dire che la vena da romanziere del regista è sempre stata presente: C’era una volta a Hollywood è un romanzo che amplia, approfondisce, allarga gli orizzonti usando il tempo in maniera intelligente, tanto che a volte quello che nel film si vede in scene lunghe e centrali nel libro occupa lo spazio di poche pagine e viceversa.
Nel libro ci sono degli eventi raccontati in modo approfondito e dettagliato che ci rendono il film molto più interessante da rivedere.
Più che mai il romanzo espande le vicende di Rick Dalton e Cliff Booth, l’attore di western in declino e la sua controfigura dal passato e dal presente piuttosto avventuroso.
C’è da dire che se c’è una cosa che mi ha lasciato un pochettino interdetto del romanzo, è il suo lasciare molto da parte la vicenda e la figura di Sharon Tate, che nel film in realtà occupa molto più spazio e ha molta più importanza.
Non che qui Tate sia secondaria, ma è leggermente meno approfondita rispetto ai due protagonisti maschili che sono davvero molto, molto più interessanti che nel film.
In particolare Cliff, del quale scopriamo moltissimi retroscena, da quello che è successo nella controversa vicenda della morte della moglie al suo rapporto con il cane, da come è diventato eroe di guerra a quello che ha fatto quando è tornato dalla guerra.
Anche Rick – tra problemi personali e pensieri intimi – si dimostra un personaggio molto più complesso di quello che poteva sembrare sullo schermo, nonostante la bellissima interpretazione di Leonardo DiCaprio.
Questo libro è un catalogo enorme di nomi, fatti e situazioni, film e retroscena della Hollywood di fine anni sessanta – inizio settanta che vi porterà a controllare se ogni singolo titolo delle pellicole che trovate tra le pagine sia vero oppure inventato.
Tarantino addirittura in un flashforward creato per un suo personaggio cita un suo stesso film (inesistente) facendo un triplo carpiato nel mondo della meta-letteratura e della realtà.
Insomma, un grandissimo calderone che testimonia la passione bruciante di Quentin Tarantino per la Hollywood dell’epoca e che vi farà veramente appassionare.
Scopriremo che Cliff è anche molto appassionato di cinema europeo e non soltanto… anche di quello orientale, in particolare Akira Kurosawa.
Un vero e proprio alter-ego dei gusti del regista/scrittore, che si lascia andare spesso a un’identificazione nel suo personaggio che lascia col sorriso in faccia.
In conclusione di questa recensione del libro di C’era una Volta a Hollywood non si può che dire questo: per chi ama il cinema è una lettura obbligata, per chi ama Tarantino… impossibile non averlo letto!
Tarantino è uno scrittore, un narratore, uno storyteller – chiamatelo come volete – davvero d’eccezione e ha una scrittura secca, diretta, godibile: riesce a tratteggiare con due pennellate dei personaggi unici e molto vividi.
La lettura di queste 390 pagine è letteralmente obbligatoria se amate i romanzi ricchi di dialoghi e storie pulp (Elmore Leonard Insegna), le grandi narrazioni storiche, gli spaccati d’epoca e i traguardi e le cadute delle star americane della Hollywood dei tempi d’oro.