A meno di dieci giorni dal volo del rivale Richard Branson, anche Jeff Bezos ha raggiunto lo Spazio a bordo del razzo della Blue Origin, compagnia da lui fondata. Assieme a lui hanno viaggiato il fratello Mark, Wally Funk, che ha 82 anni ed è una pioniera e leggenda dell’aviazione, ed è anche stata membro del programma di addestramento della NASA Mercury 13 negli anni 60, e il giovanissimo Oliver Daemen, appena 18enne e figlio di un facoltoso gestore di hedge fund.
Jeff Bezos e il resto dell’equipaggio hanno volato a bordo di un razzo autonomo, il New Shepard, progettato dalla Blue Origin fin dalle origini per scopi turistici. Il lanciatore suborbitale New Shepard si è alzato da terra alle 15:12 di martedì 20 luglio, compiendo un decollo verticale, per poi separarsi dalla capsula dell’equipaggio che, dopo aver compiere un arco nello Spazio, a 106 chilometri d’altezza, è tornata a terra con l’ausilio di tre paracaduti.
Il tutto è avvenuto in poco più di una decina di minuti. Per qualche momento, l’equipaggio ha sperimentato un’assenza di peso simile a quella degli astronauti di servizio presso l’ISS. Il razzo è partito ed atterrato nell’area di lancio di El Paso, in Texas. Le operazioni di volo sono state un successo.
Jeff Bezos è diventato il primo miliardario a superare la linea Kármán, volando sopra i 100 chilometri da terra, mentre la Funk e Daemen sono diventati, rispettivamente, la persona più anziana e più giovane a volare nello Spazio. Come il volo della Virgin Galactic, anche quello della Blue Origin ha segnato l’inizio di una nuova epoca per l’umanità, quella del turismo spaziale.
Jeff Bezos vs Richard Branson: chi è il primo miliardario ad aver volato veramente nello Spazio?
Ci sono delle importanti differenze con il volo della Virgin Galactic dello scorso 12 luglio – e no, la questione non si ferma alla divisiva definizione di dove cominci, per davvero, lo Spazio. Jeff Bezos e gli altri tre membri dell’equipaggio hanno volato a bordo di un vero e proprio razzo: il New Shepard, che è alto 18 metri e spinto da un solo propulsore, il BE-3. Quello della Virgin Galactic e di Branson è – tecnicamente – uno spazioplano, un veicolo che ibrida caratteristiche di un aeroplano con quelle dei veicoli spaziali. Nulla da togliere: anzi, si potrebbe tranquillamente obiettare che è molto più spettacolare vedere un veicolo toccare lo Spazio per poi planare ed atterrare in pista come un aereo, cosa che il razzo della Blue Origin ovviamente non può fare.
Il New Shepard non ha necessità di un pilota, il volo della Blue Origin è completamente automatizzato.
Poi sì, c’è anche la diatriba sulla corretta definizione di dove inizi lo Spazio. Per la comunità internazionale, e in particolare per la Fédération Aéronautique Internationale, il confine è dettato dalla linea di Kármán, ad esattamente 100 Km dalla superficie del mare, mentre l’Agenzia federale per l’aviazione degli Stati Uniti fa iniziare lo Spazio un po’ prima, ad 80 Km di altitudine. La VSS Unity, lo spazioplano della Virgin Galactic, si è fermata a diversi chilometri di altezza prima di raggiungere la linea di Kármán.
È uno scontro tra due definizioni, per certi versi, convenzionali. Ma proprio su questo distinguo Blue Origin ha puntato moltissimo nei giorni scorsi per sminuire il volo della Virgin Galactic e assicurare a Bezos la possibilità di rivendicare per sé il primato.
Quello che è certo che in entrambi i casi parliamo di un volo suborbitale: i due veicoli hanno descritto un breve arco, garantendo ai loro passeggeri una vista spettacolare di una porzione della Terra.
Il New Shepard è completamente riutilizzabile
Quello di oggi è stato il primo – storico – volo del razzo New Shepard con un equipaggio umano. Prima di oggi il razzo – che è completamente riutilizzabile, in modo simile ai lanciatori della SpaceX – era già stato testato 15 volte, ma sempre senza equipaggio. Anche la Crew Capsule è completamente riutilizzabile.
Rientra nella classe dei veicoli VTVL, sigla che sta per vertical takeoff, vertical landing: come abbiamo visto, decolla verticalmente e atterra nuovamente in posizione verticale, grazie a delle alette di controllo. Durante la fase di atterraggio vengono prima attivati i deflettori, poi, a pochi km da terra, il propulsore viene attivato nuovamente per ridurre ulteriormente la velocità prima che il razzo tocchi il suolo.
Il volo del razzo è gestito interamente da un computer di bordo: non ci sono piloti e nemmeno un controllo da terra. Il propulsore è il BE-3, progettato sempre dalla Blue Origin.
Poco prima che venga avviata la fase di atterraggio, la capsula dell’equipaggio viene separata dal modulo di propulsione e atterra con l’ausilio di un paracadute e di dei retrorazzi. La capsula tocca il suolo ad una velocità di 1,6Km/h.
La nuova era del turismo spaziale
Quello di oggi non è stato un volo fine a sé stesso, la Blue Origin di Jeff Bezos vuole creare un mercato del turismo spaziale. Inizialmente offrirà voli suborbitali esattamente come quello a cui abbiamo assistito oggi.
Dei quattro membri dell’equipaggio, solo uno di loro ha dovuto pagare un biglietto: Oliver Daemen, che aveva partecipato ad un’asta venendo battuto da un altro – anonimo – facoltoso offerente. Quest’ultimo, che aveva pagato il suo biglietto 26 milioni di dollari, si è ritirato all’ultimo per un non meglio precisato impegno personale. Prenderà parte ad uno dei prossimi voli.
Oltre al volo, il biglietto include anche quattro giorni di addestramento, oltre che una sistemazione nei pressi dell’area di lancio. Non sappiamo con precisione quanto costeranno i biglietti per i prossimi voli della Blue Origin, quando l’azienda passerà dal modello delle aste a quello di una normale lista d’attesa con un listino prezzi fisso. Come nel caso della Virgin Galactic – e un domani anche della SpaceX – l’obiettivo è quello di arrivare ad un prezzo di qualche centinaio di migliaia di dollari nel breve periodo, e di poche migliaia sul lungo, o lunghissimo, periodo, quando l’economia di scala lo consentirà. In altre parole: quando ci saranno più razzi e i voli avverranno con maggiore frequenza.
Il turismo spaziale non nasce con i voli della Blue Origin e della Virgin Galactic, ma questi nuovi sforzi mirano ad aumentare, un domani, la platea di persone che vi possono accedere, creando un modello di business sostenibile sul lungo periodo. Il primo volo turistico risale a 20 anni fa, nel 2001, quando Dennis Tito pagò 20 milioni di dollari per passare otto giorni sulla Stazione Spaziale Internazionale, per “gentile” concessione dell’equipaggio russo.