Ospite del centro di recupero dall’alcol e dalle tossicodipendenze CRI-Help di Los Angeles, che gli ha conferito un premio per i suoi oltre cinquanta anni di sobrietà, il mitico interprete di Machete Danny Trejo ha riconosciuto il ruolo fondante che ha avuto il suo percorso di riabilitazione non solo nella sua carriera, ma in tutta la sua vita successiva.
È noto, difatti, che gli anni giovanili di Trejo sono stati a dir poco turbolenti, tra alcol ed eroina, per la quale era entrato in una spirale di crimini e recidività carceraria. Almeno fin quando non ha cominciato seriamente a praticare la boxe e intraprendere un percorso di riabilitazione che gli ha permesso un riscatto che lo ha portato poi sul set, fino a diventare uno degli attori feticcio di Robert Rodriguez.
Tutto quel che segue il 23 agosto del 1968 è proprio come un sogno. Non ho nulla di cui lamentarmi. Non ho nulla da mettere a posto.
Secondo Trejo è tutto merito della decisione di riabilitarsi, cosa che non sarebbe riuscito a fare da solo: il centro CRI-Help è, secondo lui, “uno strumento di Dio” che riesce a trasformare genitori che normalmente non dovrebbero neanche avvicinarsi ai figli e che passerebbero la loro vita in prigione in adulti responsabili e amorevoli.
Lo stesso centro ha aiutato anche i suoi due figli, Gilbert e Danielle, sobri da più di sette anni.
I miei figli sono il mio risultato più grande, li adoro, punto. Ma non li avrei avuti se non fossi divenuto astemio. Se non fossi divenuto astemio e non mi fossi dato una ripulita, non c’è dubbio che sarei ancora in prigione, o morto.
L’ultima apparizione al cinema dell’attore settantasettenne è stata nel film d’animazione SpongeBob – Amici in fuga, nel 2020.
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