La corsa alla digitalizzazione è ben più rapida della nostra capacità di “alfabetizzare” la nazione al linguaggio dei nuovi media. Nel tentativo di recuperare terreno, il Ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale si attrezza per lanciare il “servizio sociale digitale“, programma in cui i giovani volontari saranno formati per aiutare le persone a colmare le falle delle loro competenze digitali.

La necessità di una ““facilitazione digitale” ci è stata peraltro raccomandata direttamente dal Consiglio Europeo, il quale ci ha dato una metaforica tirata d’orecchi facendoci notare sia necessario “migliorare l’apprendimento e le competenze digitali, in particolare per quanto riguarda gli adulti in età lavorativa e l’apprendimento a distanza”.

Il servizio civile digitale non servirebbe quindi ad aiutare i vecchiarelli a usare uno smartphone – non solo, perlomeno -, ma ha consolidare le basi di un mondo lavorativo in cui sempre più persone devono saper manovrare applicazioni, gestionali o anche solo destreggiarsi all’interno dei servizi online delle Poste Italiane.

Il tassello essenziale di qualsiasi transizione, soprattutto quella digitale, sono le persone. Grazie al Servizio Civile Digitale tanti giovani potranno aiutare le fasce più bisognose della popolazione ad acquisire le ormai imprescindibili competenze necessarie per esercitare una piena cittadinanza digitale.

L’obiettivo dell’Italia è colmare il divario di competenze con almeno il 70% di popolazione digitalmente abile entro il 2026. Non possiamo trascurare il capitale umano, abbiamo il dovere di rafforzare e incoraggiare le competenze perché grazie al digitale possiamo costruire una società più moderna e inclusiva,

ha dichiarato Vittorio Colao, Ministro dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale.

 

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