La scienza ha sorpassato la fantascienza? In merito a queste ed altre domande abbiamo deciso di coinvolgere ad UltraPop Festival 2021 il fisico Roberto Battiston, già presidente ASI dal 2014 e 2018, specializzato nel campo della fisica fondamentale e delle particelle elementari nonché uno dei maggiori esperti di raggi cosmici.

Lo spazio è da sempre legato all’esplorazione e all’ignoto, ma anche alla voglia di andare oltre i propri limiti ed è per questo che parlare con un fisico delle particelle come Roberto Battiston può solo che essere uno stimolo soprattutto per quello che dovrà accadere nei prossimi decenni di esplorazione spaziale. Il nostro racconto inizia da una frase scritta da uno dei più grandi scrittori di fantascienza Isaac Asimov “se fossimo soli l’immensità sarebbe uno spreco”.

Questa sicuramente rappresenta la domanda delle domande, nel passato quando non c’era lo studio dello spazio era una domanda principalmente filosofica, religiosa o psicologica.

Oggi sta diventando sempre più una scienza, siamo ancora ai primordi ovviamente, ma cominciamo a capire cosa vuol dire comunicare fra diversi satelliti o pianeti di un sistema solare. Noi abbiamo ogni anno circa un paio di tonnellate di meteoriti che vengono da Marte quindi già i due pianeti sono in continua comunicazione.

Se in questi frammenti ci fossero spore o virus che possono avere un codice ce li ritroveremmo regolarmente inseriti nel sistema terrestre per il fatto stesso che Marte comunica con la Terra.

Noi abbiamo ogni anno circa un paio di tonnellate di meteoriti che vengono da Marte quindi già i due pianeti sono in continua comunicazione. Se in questi frammenti ci fossero spore o virus che possono avere un codice ce li ritroveremmo regolarmente inseriti nel sistema terrestre per il fatto stesso che Marte comunica con la Terra. Abbiamo scoperto che anche i sistemi solari nella loro storia possono mescolarsi tra loro distribuendosi materiale, nel 2019 per esempio abbiamo avuto un avvistamento di un asteroide chiamato Oumuamua, un asteroide che ha avuto una traiettoria che viene da fuori del nostro sistema solare.
Dimostrazione che un altro sistema solare ci manda un frammento, e non è stata certo né la prima né l’ultima volta, è la riprova che diversi sistemi interstellari si possono scambiare materiali quindi una piccola ma significativa risposta che diverse parti dell’Universo comunicano tra di loro.

Io in fondo mi aspetto che la vita possa nascere con una certa facilità, quando abbiamo certe condizioni di temperatura, di umidità e di tempo a disposizione.

Ma Marte ormai è una questione che ha un nome e cognome ben preciso: Elon Musk.

starlink

Il privato può programmare degli obiettivi, svincolati dall’interesse pubblico. Io penso che il loro ruolo sia essenziale, l’abbiamo visto con i treni nel far-west o con le autostrade o il traffico marittimo e finchè Musk avrà questa passione andrà a mille, deve solo non perdere la bussola altrimenti ci rimettiamo tutti”.

Difficilmente un’agenzia spaziale potrà prendere i rischi di un privato, Musk per arrivare al perfetto funzionamento dei suoi razzi, che atterrano e ripartano senza problemi, ha avuto una serie di fallimenti terrificanti, andando in passato quasi in bancarotta, cosa che un’agenzia pubblica non può permettersi. Nella misura in cui il rapporto è corretto, il rischio per l’agenzia spaziale di perdere rimane limitato, con la probabilità di avere un guadagno molto grande, i percorsi tra la parte pubblica e la parte privata potrebbero essere assolutamente auspicabili ed è proprio per questo motivo che SpaceX risulta sempre più importante come agenzia affiancata alla Nasa stessa.

Oltre il nostro Sistema Solare

Il grande scrittore russo a metà del novecento ipotizzava un futuro dominato dai robot, intelligenza artificiale e una fantascienza molto radicata. La fantascienza ha attraversato diversi anni della nostra storia soprattutto cinematografica, ma ormai è diverso tempo che troviamo sempre più scienza nei film di ultima uscita (Interstellar, Passengers, Arrival, The Martian…) e meno storie fantascientifiche.

La realtà ha superato di gran lunga la fantasia. Nella fisica di base che studia la gravità, nelle scoperte che si fanno nei pianeti e sul comportamento delle stelle, nella sofisticazione degli strumenti che si mettono in orbita ormai c’è tanta di quella incredibile quotidianità che la fantascienza prima di inventarsi altre situazioni è quasi normale che si basi sulle cose più straordinarie legate a ciò che lo spazio è.

Il film Interstellar è uno degli ultimi esempi di straordinaria gestione della scienza nel mondo del cinema con una storia di spessore molto alto, tirando fuori in causa buchi neri, gli warm-hole, ma legata fortemente all’equazione di Einstein.

Un film del genere ha avuto successo perché racconta la relatività generale ad un pubblico che non leggerà mai le equazioni di Einstein, ma che vista in questo ambito può dare agli spettatori l’impressione di poter comprendere questa parte di scienza.

Infinity

Il sogno di ogni scienziato, fisico, astronauta o semplice abitante del Pianeta Terra è probabilmente viaggiare anche oltre il nostro sistema solare, realizzare quel viaggio interstellare spiegato anche piuttosto bene nella pellicola di Christopher Nolan e coadiuvata dalle teorie del fisico premio Nobel Kip Thorne.
Per un viaggio interstellare il problema ovviamente è proprio la fisica. Eintein insegna che la velocità massima raggiungibile è quella della luce e questo è già il primo grande scoglio, perché se nella Terra con la velocità della luce possiamo fare di tutto, come videogiocare in contemporanea sia in Australia che in Norvegia, quando viaggiamo nello spazio la stessa velocità della luce fa fatica a raggiungere i bordi della nostra galassia, ci metterebbe centinaia di migliaia di anni. Per raggiungere la stella più vicina a noi la luce ci impiega 4,2 anni, con i mezzi spaziali più veloci costruiti da noi terrestri ci impiegheremo il corrispettivo di ottantasei mila anni.

Ma veramente noi siamo bloccati in questo Sistema Solare dai nostri corpi così pesanti?
Ricordiamo che Einstein oltre alla relatività ci ha lasciato in eredità un’altra variabile molto importante: quella del peso. Per prendere un qualsiasi oggetto che pesi, accelerarlo oltre la velocità della luce, si ha bisogno di un’energia spropositata. E’ vero potremmo arrivare ai confini della nostra galassia in pochi anni, ma dovremmo succhiare l’energia del pianeta Terra dei prossimi milioni di anni.

La soluzione brillante degli scienziati della Breakthrough Foundation è che per arrivare alla velocità della luce occorrono degli oggetti molto leggeri e compatti.

Pensate ad un piccolo satellite di 1 grammo, attaccato ad una vela solare di alcuni metri quadri, sul quale si sparerebbe un fortissimo raggio laser che per pochi minuti consuma la stessa energia dell’Italia. Immaginate delle grandi batterie nel deserto caricate per dei mesi con lo scopo di fornire la spinta necessaria a questo laser. Questa grande spinta può accelerare a 0,3 volte la velocità della luce in pochi minuti prima che arrivi a Marte.

La fase successiva sarà quella di costruire dei satelliti sufficientemente piccoli, ma con la microelettronica ormai ne siamo in grado, che abbiano a bordo macchina fotografica, attaccarli ad una vela solare che pesi pochi milligrammi e metterli in orbita sparandogli questo super laser in direzione Alpha Centauri. Considerando la velocità del super laser più o meno i piccoli satelliti ci metteranno quindici anni ad arrivare, per poi fargli scattare la foto e rimandarla a Terra a velocità relativistica. Altri quattri anni luce per ricevere l’immagine e forse potremmo ammirare il selfie più incredibile della storia dell’umanità.

Il viaggio interstellare a quanto sembra non è più una cosa impossibile, ma forse la nuova frontiera dello spazio.

 

Di seguito l’intera intervista realizzata durante UltraPop Festival al fisico Roberto Battiston