Negli anni scorsi si è molto parlato della Sugar Tax, tassa che va a sanzionare le bevande zuccherine per cercare di spingere il pubblico ad assumere condotte alimentari più salutari. Uno studio analizza i risultati della Catalogna, Paese in cui l’imposta è attiva già dal maggio 2017, registrando conseguenze effettive deludenti e alcune cose da migliorare.
L’indagine è stata pubblicata da un team internazionale di economisti sul Social Science & Medicine journal e analizza i carrelli della spesa dei catalani, offrendo una comparazione con i loro vicini spagnoli (i quali non sono sottoposti alla tassazione) per stabilire se si siano sviluppate negli anni delle differenze sostanziali.
I dati, raccolti tra il maggio 2016 e l’aprile 2018, sono stati recuperati attingendo agli archivi delle carte fedeltà di supermercati e riportano come effettivamente vi sia stato un calo dei consumi del 2,2 per cento, statistica che si traduce nei fatti con circa 3,7 calorie mensili in meno per ogni abitante. Una pizza margherita ha circa 2.300 calorie.
Qualcosa è successo, insomma, ma poco o nulla, con gli scienziati che invocano un impegno molto maggiore, se si vuole davvero combattere l’obesità infantile, criticità che ufficialmente sarebbe la causa scatenante della Sugar Tax.
Il principale limite dell’intervento, banalmente, è la tassazione troppo leggera del bene. I produttori, infatti, non hanno riversato tutto il peso economico dei costi aggiuntivi sul pubblico, ma lo hanno ammortizzato sull’intera filiera, così che il consumatore finale ne risentisse meno.
Anche si obbligasse le aziende a far pagare la tassa completa ai clienti, tuttavia, è improbabile che la cosa sia sufficiente a garantire variazioni significative. Gli autori della ricerca consigliano quindi un approccio olistico, che intervenga anche su altri elementi, magari introducendo un sistema di etichettatura atta a comunicare la presenza di grandi dosi di zucchero raffinato.
In Italia, nel frattempo, l’implementazione della tassa sulle bevande zuccherate è stata rimandata temporaneamente, nell’attesa che il caos pandemico venga superato. C’è tuttavia da notare che, contro logica, la nostra versione dell’imposta preveda che a essere colpite siano tutte le bevande edulcorate, anche quelle prive di calorie.
Da noi, insomma, non è lo zucchero, ma la dolcezza che viene tassata. A questo punto ci sarebbe da chiedersi perché mai le aziende dovrebbero sperimentare ricette meno dannose per la salute, visto che anche quelle verrebbero ugualmente appesantite dal rincaro.
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