Per combattere la disinformazione, Facebook inizia a delegare la vigilanza delle policy agli amministratori delle singole pagine.
Dimostratasi inabile nel contrastare la diffusione vernacolare di quelle voci che sostengono che le attuali elezioni statunitensi siano state manipolate e che i voti postali siano al limite della frode, la Big Tech ha infatti preso a collaudare un sistema di “libertà vigilata” in cui i gestori dei gruppi dovranno improvvisarsi secondini.
In via temporanea, stiamo richiedendo che gli admin e i moderatori di alcuni gruppi politici e sociali statunitensi debbano approvare tutti i post, nel caso i loro gruppi avessero accumulato un numero di violazioni degli standard della community da parte dei membri. […]
[L’azienda ha adottato questa misura] per proteggere le persone durante questo periodo storico senza precedenti,
ha detto Leonard Lam, portavoce dell’azienda.
La nuova limitazione si inserisce in una serie di norme che mirano a tamponare la diffusione virale dei complottismi, nonché a sedare la chiamata alle armi che si lega all’attuale incertezza che ammanta risultati delle elezioni USA.
Esempi celebri delle risoluzioni adottate sono la scelta del social di bloccare le pubblicazione delle pubblicità politiche nel periodo di conteggio dei voti o la decisione di creare un adesivo con cui marcare i post dei candidati che si vantano prematuramente della vittoria.
A differenza delle altre strategie, tuttavia, questa é stata avviata in sordina, senza che venisse annunciata pubblicamente. Gli amministratori dei gruppi finiti nella rete di controllo si sono trovati di sorpresa a dover spulciare ogni singolo post in via di pubblicazione, un compito che porta via tempo e che dovranno espletare per almeno 60 giorni.
Al posto di occuparsi direttamente di eseguire i controlli, Facebook riesce così a subappaltare l’ingrato e lento compito a quelli che, fondamentalmente, sono volontari non retribuiti.
Non solo, percorrendo questa strada, l’azienda intavola l’ennesimo escamotage con cui potrà difendere la sua posizione non-editoriale, ovvero potrà ribadire di non essere direttamente responsabile delle opinioni a cui da spazio.
Dopotutto, se sono gli admin a effettuare la scrematura, le censure sono attribuibili all’autogestione degli utenti, non all’azienda.
Potrebbe anche interessarti:
- Facebook’s latest attempt to slow disinformation means probation for groups (washingtonpost.com)