Google ha intercettato l’ennesimo attacco hacker contro il candidato alle presidenziali statunitensi Joe Biden.

Con l’avvicinarsi delle elezioni USA, Google sta intensificando i controlli sugli attacchi cibernetici mirati a destabilizzare il processo democratico di votazione. Con un post sul blog ufficiale, l’azienda digitale notifica i risultati dei suoi recenti sforzi.

L’ultimo attacco registrato é stato perpetrato da un gruppo cinese, il APT31, un gruppo che secondo Google sarebbe ricollegato direttamente al Governo Xi Jinping e che si muoveva con lo scopo di bersagliare l’ex vice presidente.

APT31 ha portato avanti una campagna di malware basati su impianti Python, i quali, se avessero attecchito, avrebbero permesso ai pirati informatici di caricare e scaricare file nei o dai computer infettati.

In uno dei casi intercettati, gli hacker invitavano gli utenti a recuperare l’antivirus McAfee dai server di GitHub, quindi, durante l’installazione del software, inserivano nel sistema anche il loro malware.

L’intervento di Google é stato tempestivo, tuttavia non é possibile stabilire se e quanti computer siano stati colpiti. Come da sua prassi, la Big Tech ha debitamente avvisato lo staff di Joe Biden, nonché ha condiviso le informazioni in suo possesso con l’FBI.

A partire da quest’estate, il Threat Analysis Group (TAG) dell’azienda ha iniziato una vera e propria crociata atta a tamponare le ingerenze sulla politica statunitense, almeno nei casi in cui questa é perpetrata da fonti riconducibili ai governi esteri.

Solo nel trimestre che va da luglio a settembre, Google ha soppresso più di 30.000 canali di YouTube collegati a una rete di spammers che, stando alla ditta digitale, promulgavano meccanicamente la propaganda di Pechino.

Nel post caricato sul proprio blog, l’azienda sottolinea come lo sconquassamento politico legato alla pandemia di Covid-19 abbia fomentato un incremento degli attacchi hacker da parte di Cina, Russia, Iran e Corea del Nord.

I bersagli prediletti, oltre ai politici statunitensi, sono le case farmaceutiche e le organizzazioni sanitarie coinvolte nella ricerca del vaccino per il coronavirus.

 

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