Marco Olmo, le mie corse nel deserto

Marco Olmo nella sua vita ha corso più di duecentomila chilometri, tra deserti, montagne e foreste: ha praticamente fatto il giro del mondo cinque volte. A più di settant’anni ancora vuole mettersi alla prova negli ultra trail, la disciplina podistica forse più affascinante e dura di tutte.

Se desideri vincere qualcosa puoi correre i cento metri. Se vuoi goderti una vera esperienza corri una maratona

Emil Zàtopek

 

Il mezzofondista e maratoneta cecoslovacco Emil Zàtopek, grandissimo atleta olimpico, il primo a infrangere nel 1954 la barriera dei 29 minuti sui 10000 metri piani, era definito la locomotiva per la sua costanza e perseveranza sullo sport: una vita insomma dedicata alla corsa. In Italia ci sono moltissimi atleti che hanno dedicato la propria vita al running, atleti che grazie alle maratone e agli allenamenti quotidiani sono divenuti degli esempi per tutte le categorie.

Marco Olmo, classe 1948, è senza dubbio uno di quei simboli che grazie alle proprie imprese riesce in qualche modo a smuovere masse dalle proprie fervide convinzioni. Podista dall’eta di 27 anni, dopo un periodo passato a fare gare nelle corse in montagna e nello scialpinismo, all’età di quarant’anni ha iniziato ad affrontare competizioni estreme (trail running o ultra trail) sul deserto africano, tra le quali la Marathon des Sables, ducentotrenta km in autosufficienza alimentare nel deserto marocchino, la Desert Cup (centosessantotto km nel deserto in Giordania), la Desert Marathon in Libia e la Maratona dei 10 Comandamenti (centocinquantasei km sul Monte Sinai).

 

 

 

Ma cosa sono i Trail Running e gli Ultra Trail?

Il trail running è una specialità della corsa a piedi che si svolge in ambiente naturale, generalmente su sentieri, non importa se in montagna, deserto, bosco, pianura o collina, con tratti pavimentati o di asfalto limitati che al massimo e in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza del percorso. Normalmente questa attività è caratterizzata da una considerevole lunghezza dei percorsi oltre che dal superamento di dislivelli importanti, sia positivi che negativi.

Il termine trail fu adoperato dagli emigranti negli Stati Uniti d’America del XIX secolo per indicare i percorsi aperti nei nuovi territori in via di esplorazione, come per esempio l’Oregon Trail o il California Trail.

Il trail indicava i percorsi aperti nei nuovi territori in via d’esplorazione.

Il termine poi è stato successivamente ripreso per indicare un generico sentiero, questa volta naturale, che unisse dei posti molto lontani, come l’Appalachian Trail o il più moderno Pacific Crest Trail.

Lungo uno di questi trail, il Western States Trail, sentiero utilizzato dagli indiani Paiute e Washoe in passato, fu ufficialmente organizzata nel 1977 una delle primissime corse di trail running, la Western States Endurance Run: una gara di circa cento miglia (centossessanta km circa) da effettuare sia di corsa che a piedi.

Il percorso di una competizione di trail running può essere di vario genere: sentiero roccioso, sentiero di bosco (sentiero largo oppure single track), strade sterrate oppure percorso di sabbia, con eventualmente tratti pavimentati o di asfalto limitati, che in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza.

 

 

Nella totalità dei trail la caratteristica principale è che l’atleta corre in semi-autosufficienza o autosufficienza idrica e alimentare, e sempre nel rispetto dell’etica sportiva, onestà, solidarietà e nel massimo rispetto dell’ambiente in cui si trova.

Nella maggiorparte dei trail gli atleti corrono in autosufficienza sia alimentare che idrica

Le gare di Trail Running il cui percorso superi i quarantadue km e/o i quattromila metri di dislivello positivo o negativo, sono genericamente chiamate Ultra-Trail e, secondo la International Trail Running Association sono così suddivise:

 

  • tra i 42 ed i 69 km, trail ultra medium (M);
  • tra i 70 ed i 99 km, trail ultra long (L);
  • oltre i 100 km, trail ultra xlong (XL)

 

 

 

Le imprese di Marco Olmo

Sfidare i propri limiti in una corsa sul deserto è certamente una delle più grandi imprese dell’ atleta, ma lo sport per essere incentivante, soprattutto nel caso di Marco Olmo, deve donare al corridore sempre nuovi stimoli e nuove battaglie da affrontare. Proprio per questo motivo la carriera del runner non si è fermata ai deserti, ma l’ha visto protagonista in diverse competizioni su vette dolomitiche e sentieri di montagna con la vittoria a 58 anni del campionato del mondo nell’Ultra Trail du Mont Blanc: centosessantasette km attraverso Francia, Italia e Svizzera con oltre ventuno ore di corsa ininterrotta attorno al massiccio più alto d’Europa.

 

 

L’ultimissima impresa per l’atleta nato ad Alba, è stata la vittoria nell’Ultra Africa Race, disputata in Mozambico dal 5 al 9 novembre 2017 (all’età di 69 anni), chiudendo in 23h16’28’’ la gara nel paese africano di duecentoventi km, in cinque tappe, con 3.600 metri di dislivello in autosufficienza.

Il palmares dell’atleta piemontese ha dell’incredibile ma quello che salta all’occhio è la sua rinascita proprio grazie allo sport e alle emozioni che questo può donare ad un essere umano.

Sì, perché nel 1975 Marco Olmo si trovava in una stanza ospedaliera a causa di un incidente motociclistico e la sua prima vittoria è stata quella di non cedere al dolore e ripartire immediatamente con la voglia di mettersi in gioco, di stringere tra le mani il proprio destino e di correre lungo deserti e montagne invece che rimanere fermo su un ciglio della strada.

Dopo il mio settantesimo compleanno non avrei mai pensato a inizio carriera di poter avere così tanti ricordi – racconta il corridore Marco Olmo – ci speravo, ma le avventure sul deserto o l’arrivo a Petra circondato da una folla oceanica sono delle immagini indelebili che mi porterò dietro per sempre.

L’importante per me è poter correre, fare qualche gara, anche se magari non si può vincerle tutte, ma come ben sappiamo in un attività come l’Ultratrail o tipologie di lunghe corse, la vittoria è solo una piccola parte del percorso. È la partecipazione, il poter arrivare al traguardo il vero trionfo, soprattutto per persone come noi ormai non più giovanissime.

La corsa per me è vita e poter condividere questa passione è importantissimo, cerco sempre di accontentare chi m’invita a gare o a conferenze perché se alla mia età ci sono persone che hanno piacere nell’ascoltare le mie storie o a vedere anche solo un mio passaggio è pura linfa per continuare ad andare avanti.

Credo che l’attività fisica, come il cammino o la corsa, siano la salvezza per tutti coloro che a trent’anni, dopo magari vari anni di agonismo, si approcciano di nuovo allo sport, cercando un benessere personale sia per il fisico che per la mente”.

Finché il corpo me lo consentirà, io correrò. 

D’altronde gli animali fanno così, corrono fino all’ultimo respiro. Ogni gara è come una nuova vita che vivo – continua a raccontare Marco Olmo –  Tutte le volte si riparte da capo, si scoprono gli avversari, ci si riscopre dentro, e si riscopre anche ciò che si ha attorno. L’importante in un’attività come il trail non è il tempo o la prestazione ma l’armonia con il proprio corpo, non ha senso stressarsi quando si corre.

La corsa deve essere gioia, se devi finire una maratona morendo di fatica solo per dire di averla finita in un determinato tempo è inutile. Io non ho mai avuto un allenatore, ho solo seguito l’istinto del mio corpo e in questo la corsa mi ha aiutato a conoscere meglio me stesso, spero accada anche ad altri.

Il deserto, il più bello e il più triste paesaggio del mondo, non è mai uguale a sé stesso. E sono sicuro che qualche altro deserto, qualche altro grande vuoto, ancora mi sta aspettando.

 

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