Arriva al cinema Macchine Mortali, film che porta sul grande schermo il primo capitolo dell’omonima saga letteraria di Philip Reeve.  Una storia ambientata in un futuro in cui le città sono divenute delle fortezze mobili e in cui aleggia l’ombra di una nuova catastrofe.

Scritto da Philip Reeve e pubblicato nel 2001 MAcchine Mortali è il primo di una serie di romanzi steampunk per ragazzi.

Scritto da Philip Reeve e pubblicato nel 2001 Macchine Mortali (titolo originale Mortal Engines) è il primo di una serie di romanzi steampunk per ragazzi. Premiato con il Nestlé Smarties Book Prize nel 2002 la serie è ambientata in una Londra futuribile.

Composta da sette romanzi, di cui tre prequel, la saga arriva al cinema grazie al produttore Peter Jackson e Christopher Rivers, storyboard artist ed esperto di effetti speciali premio Oscar per King Kong, che qui debutta come regista.

La trama del romanzo e quindi del film non è nulla di nuovo o rivoluzionario. Migliaia di anni dopo la distruzione del mondo civilizzato a causa di una guerra mondiale, denominata guerra dei 60 minuti, l’uomo è sopravvissuto e si è adattato ad uno stile di vita completamente nuovo.

Le città sono divenute delle vere e proprie gigantesche macchine meccaniche che vagano per la terra. Un mondo in cui le grandi città prendono brutalmente di mira le piccole città frazioniste per sottrargli le provviste. Tra queste vi è la gloriosa Londra che ha lasciato l’isola per cercare materiale per la sopravvivenza nelle lande europee.

Il primo capitolo della saga di Macchine Mortali arriva nei cinema.

Nella metropoli vive Tom Natsworthy (Robert Sheehan) – giovane storico proveniente da una classe inferiore – si ritroverà a dover lottare per la sua sopravvivenza dopo essersi imbattuto nella ribelle Hester Shaw (Hera Hilmar). I due ragazzi saranno costretti ad unire le forze per evitare una nuova catastrofe.

 

 

 

 

La storia raccontata è trita e ritrita. Un road movie che segue tutti i cliché del caso.

Niente di nuovo (sul fronte Occidentale). Con questo semplice ma efficace richiamo letterario si può riassumere la trama di Macchine Mortale. Il film alla fine dei conti è la solita storia: due giovani ragazzi di due mondi completamente opposti, con in comune il solo fatto di essere orfani, si ritroveranno loro malgrado a vivere un’avventura che li porterà a comprendersi. Un road movie in piena regola e che segue tutti i cliché del caso.

Perché il grande difetto del film è proprio l’essere qualcosa di già visto fino alla nausea, narrativamente parlando. 130 minuti di dialoghi a tratti imbarazzanti, colpi di scena ogni dieci minuti che alla lunga non fanno più scalpore, con scelte scontate e prevedibili. Purtroppo sin dai primi minuti si capisce dove la storia andrà a parare e cosa ci aspetta, un vero peccato perché un film che non riesce mantenere un minimo di mistero o quanto meno incapace di sorprendere quando meno te lo aspetti è un film che non funziona.

Sin dai primi minuti si intuisce dove la storia andrà a parare e cosa ci aspetta.

Ecco quindi che lo svolgimento segue per filo e per segno quello che ci si aspetta: presentazione della nuova realtà mondiale, il primo abbordaggio della metropoli di Londra alla piccola città che tenta invano di fuggire ed ovviamente la presentazione uno ad uno dei personaggi a partire dalla misteriosa protagonista (sia lodata Hera Hilmar), passando per gli inaspettati alleati fino a giungere al villain di turno (che ovviamente è convinto di essere nel giusto).

 

Macchine Mortali è la più classica delle occasioni sprecate.

Macchine Mortali è la più classica delle occasioni sprecate, perché la storia e l’ambientazione sono più che intriganti ma sfruttate nel peggiore dei modi. L’idea di città mobili che vagano per il globo e che quindi sono delle vere e proprie in fortezze in movimento che lottano tra loro per la sopravvivenza funziona ed è una ventata di aria fresca. Ovviamente nel film sono presenti i punti cardine del genere steampunk, non manca quindi la società divisa in classi dove vige la legge del più forte in cui si assiste ad una nuova rivoluzione industriale, tecnologie ormai perdute, macchine incredibili e chi più ne ha più ne metta.

Non convince la sceneggiatura, scritta con il pilota automatico.

Una vicenda in cui non mancano misteri e sotterfugi, almeno sulla carta, perché a conti fatti si rivelano essere segreti di Pulcinella che lo spettatore intuisce all’istante. Segreti così mal custoditi che ci si stupisce che i personaggi li scoprano solo a metà film. Indubbiamente la sceneggiatura scritta a sei mani da Peter Jackson, Philippa Boyens, Fran Walsh non aiuta. Tutt’altro che solida risulta scritta con il pilota automatico. Senza contare che ad eccezione della scena iniziale il film è un continuo richiamo ad altri film, serie tv, anime e videogame steampunk e non. Impossibile non notare le somiglianze con Final Fantasy, Ken il Guerriero, Waterworld, Star Wars, Trigun, La storia infinita e così via.

Poco convincenti anche le performance degli attori, troppo ingessati e poco ispirati.

A tutto ciò va aggiunto che non convince pienamente neanche la performance degli attori. Durante la visione del film si ha più volte la sensazione che gli attori non sappiano dove siano o cosa facciano, veri e propri pesci fuor d’acqua. Per quanto Hera Hilmar ce la metta tutta per trasmettere tutta la rabbia e la frustrazione del suo personaggio, ma la sua Hester Shaw risulta essere più una bambina imbronciata che altro. Lo stesso vale per Hugo Weaving, archeologo senza scrupoli convinto di essere nel giusto che sembra più uno scienziato pazzo che segue senza freni la sua mente deviata che un comandante dal pugno di ferro. Purtroppo non sono da meno gli altri interpreti, troppo ingessati e poco ispirati.

 

 

 

 

Non tutto è però da buttare. Più che convincente è l’apparato visivo del film. Scenografia ed effetti speciali sono il fiore all’occhiello del film, in grado di restituire armi dalla potenza inimmaginabile, uomini di latta inarrestabili e città mobili tanto mastodontiche e letali quanto fantasticamente farraginose. Convincente anche la regia del debuttante Christopher Rivers che riesce a portare lo spettatore nel pieno della vicenda.

Più che convincente l’apparato visivo del film. Scenografia ed effetti speciali sono il fiore all’occhiello del film.

Questi elementi però non sono sufficienti a salvare un prodotto che decide di percorrere una strada fin troppo sicura con una narrazione a dir poco lineare, colpi di scena telefonati (ed abusati) e sprazzi di passato che ci aiutano a comprendere meglio la vicenda. Così come per quanto l’azione sia più che abbondante risente fin troppo delle innumerevoli citazioni dando uno straniante effetto di déjà vu.

Un film godibile che si lascia guardare ma nulla di più.

Macchine Mortali è in conclusione il classico studente brillante ma che si accontenta di fare il minimo indispensabile. Un film godibile che si lascia guardare e capace anche di intrattenere ma che fa della mediocrità il suo tratto distintivo. Il più classico dei film da domenica pomeriggio.

 

 

Macchine Mortali al cinema dal 13 dicembre.