L’iconico draghetto viola torna a planare nei cieli di PlayStation 4. Scoprite quanto è riuscito a volare in alto nella nostra recensione.
Per una generazione di console che si sta avviando a larghi passi verso il viale del tramonto, sembra essere sempre di più il tempo delle riedizioni di giochi che hanno segnato la storia dell’industria videoludica. È questo il pensiero che viene alla mente approcciandosi a Spyro: Reignited Trilogy (SRT), pubblicato da Activision e sviluppato dai ragazzi di Toys for Bob, arrivato il 13 novembre su PlayStation 4 e Xbox One.
Iniziamo dalla terminologia, perché potrebbe comprensibilmente generare qualche confusione: non stiamo parlando di una remastered (ovvero della riedizione di un gioco con gli stessi assets ma con texture in alta definizione), ma di un vero e proprio remake dei primi tre capitoli della serie Spyro the Dragon (Spyro the Dragon, Spyro 2: Ripto’s Rage e Spyro: Year of the Dragon) sviluppati originariamente da Insomniac Games (gli stessi autori di Ratchet & Clank, per capirsi) per la prima PlayStation a cavallo tra 1998 e 2000.
In altre parole gli sviluppatori di Toys for Bob (già autori di Pandemonium, un valido platform a 2.5 dimensioni uscito nel 1996, e recentemente del porting su Nintendo Switch della Crash Bandicoot: N’Sane Trilogy) hanno ricostruito il gioco “texture per texture”, mantenendo comunque una notevole fedeltà ai dettami di gameplay originari (con qualche eccezione ai fini di migliorare l’esperienza per l’utente) e creando da zero una veste grafica che sia al pari delle più recenti iterazioni videoludiche in questo ambito.
Il metro di paragone principale non può che essere il lavoro condotto con la già citata Crash Bandicoot: N’Sane Trilogy, senza dimenticare l’apprezzatissimo Shadow of the Colossus e in attesa del prossimo e sospirato remake di MediEvil. Anche se operazioni analoghe sono state sviluppate a partire da giochi nati nel mondo PC (penso in particolare a The Secret of Monkey Island Special Edition), nella maggior parte di casi si tratta di videogiochi che hanno avuto la loro fortuna sulle precedenti generazioni di console Sony e che riescono in questo modo a farsi conoscere anche da nuove leve di videogiocatori.
Sperando che questa tendenza del mercato videoludico confermi l’idea che la prossima generazione di console Sony sarà retrocompatibile con quella attuale (ma questa è un’altra storia…), bando alle ciance: è venuto il momento di parlare di Spyro!
AAA drago sputafuoco cercasi
Spyro the Dragon ha rappresentato per la prima PlayStation un po’ quello che Ratchet & Clank ha rappresentato per Playstation 2: una mascotte affascinante, una serie di giochi apprezzati da pubblico e critica e rimasti nei cuori di tutti i possessori della prima console di casa Sony, ma sempre un po’ in secondo piano.
Spyro, infatti, ha sempre dovuto subire il peso del carisma di Crash Bandicoot (che è a conti fatti la vera mascotte di quella console), così come Ratchet & Clank risultava pure apprezzabile, ma più sfilacciato rispetto all’autorialità che si respira con la fondamentale trilogia di Jak & Dexter (sviluppata ancora una volta da quei ragazzacci di Naughty Dog).
Mai come in questo caso, quindi, l’operazione che sta alla base di SRT risulta apprezzabile, perché permette di rivalutare l’importanza di un brand che dopo i fasti della trilogia originale sulla prima PlayStation ha avuto con il successivo reboot (penso alla serie diThe Legend of Spyro che ha accompagnato l’uscita di PlayStation 2) una progressiva discesa sia qualitativa che di notorietà.
La Reignited Trilogy rappresenta dunque una raccolta di giochi platform in terza persona in cui impersonerete i panni di Spyro, un simpatico draghetto viola con un caratterino abbastanza indipendente e particolarmente prono ad incenerire tutto quanto gli capiti sotto il naso – pardon, muso.
Nella sua prima avventura il nostro draghetto viola dovrà battere Nasty Norc, malvagio orco verde che ha trasformato per ripicca tutti gli ottanta draghi del villaggio di Spyro in statue di cristallo: solo il nostro eroe potrà rompere l’incantesimo e raccogliere il tesoro rubato dal cattivone di turno.
Con Spyro 2: Ripto’s Rage! si sarà alle prese con Ripto, una sorta di malvagio esserino rosso che, assieme ai suoi due enormi scagnozzi (Crush e Gulp) è intenzionato guarda caso a dominare il mondo in cui viene richiamato accidentalmente Spyro all’inizio dell’avventura.
Infine, nella terza avventura di questa collezione Spyro dovrà fronteggiare la Maga Blu, una creatura che, dopo aver rubato con i suoi scagnozzi tutte le uova del villaggio di Spyro, vuole conquistare il mondo con i suoi potenti incantesimi.
L’obiettivo del gioco sarà trovare nei diversi mondi tutte le uova per risvegliare al loro interno i cuccioli di drago ivi dormienti e infine sconfiggere la perfida maga.
La trama di ogni titolo di questa raccolta rappresenta, a dire la verità, un po’ un pretesto per il vostro peregrinare all’interno dei mondi di gioco. Bisogna comunque dire che giocando tutte le avventure di Spyro di fila si assiste ad un progressivo tentativo di rendere la trama meno inverosimile rispetto a quella precedente.
Per quanto riguarda le differenze di gameplay nei giochi che compongono la SRT vi sono piccole variazioni ma non vi è un crescendo nella qualità complessiva.
Nel secondo titolo fanno per la prima volta la loro comparsa nuovi comprimari (come Hunter, un felino tanto pavido da sembrare ritardato) che ritroveremo anche nei successivi episodi della serie; inoltre le possibilità di movimento di Spyro si ampliano attraverso l’acquisizione con il prosieguo dell’avventura di nuove capacità come l’abilità di nuotare, di arrampicarsi su alcune scalinate e la possibilità di eseguire una testata a comando. Compaiono inoltre per la prima volta anche alcuni minigiochi, come specifiche sessioni di volo dove si deve attraversare o distruggere gli obiettivi entro il tempo limite e addirittura una sfida di hockey su ghiaccio.
Il terzo capitolo, invece, recupera il meglio dei primi due giochi e aumenta la durata complessiva e la varietà ma non a scapito della qualità dell’insieme, presentando anche la possibilità di impersonare ulteriori personaggi giocabili (tra i quali, per non generare troppi spoiler, cito solo un canguro ed un pinguino) rappresentando quindi probabilmente il titolo più maturo del terzetto.
Stupisce sopratutto come il primo gioco della raccolta riesca a dire la sua ancora oggi da un punto di vista di mero gameplay. Pur non avendo a disposizione le capacità di movimento che si renderanno disponibili nei capitoli successivi (e al netto della presenza di barriere invisibili in alcuni dei primi stage di gioco) il primo Spyro svetta anche rispetto ai successivi giochi per la coerenza dell’insieme.
Viene voglia di proseguire nei diversi mondi soltanto per liberare il prossimo drago (con relativo siparietto di ringraziamento e/o di ammonimento per le sfide future che attendono Spyro) e così ammirare le sue fattezze; tra l’altro ciascuno di essi è anche dotato di un ottimo doppiaggio in lingua italiana. Nel secondo titolo della raccolta, invece, questi dialoghi con i draghi vengono sostituiti da cut scene all’inizio e alla fine di ogni stage di gioco, presentando il più delle volte delle gag che lasciano francamente il tempo che trovano e che fanno appunto rimpiangere quanto visto nel titolo precedente.
Inoltre, facendo un paragone con il primo Crash Bandicoot, senza dubbio il primo Spyro the Dragon risulta invecchiato meglio perché riesce ad essere perfettamente giocabile ancora oggi pur non essendo funestato dai celeberrimi picchi di difficoltà che caratterizzano la prima avventura del marsupiale arancione. Una bella rivincita storica, a parere di chi scrive.
In definitiva, all’interno di SRT il primo gioco è quello che si presenta con lo spessore maggiore; il secondo costituisce un “more of the same” che amplia la formula di gioco sul fronte delle possibilità di gameplay e della varietà, ma risulta ancora indeciso su quale direzione intraprendere per espandere il gameplay; il terzo è quello che risulta più completo nel suo insieme.
Fuoco e fiamme
Spyro è un draghetto ancora incapace di volare ma comunque in grado di planare per brevi tratti. Oltre a saltare, non può difendersi in alcun modo dai nemici ma soltanto schivare o attaccare attraverso due modalità: infatti il nostro eroe è dotato tanto della possibilità di prendere a capocciate i nemici quanto della capacità innata di generare una breve fiammata per incenerire qualsiasi cosa gli sbarri la strada, con l’eccezione di tutto ciò che sia composto da metallo.
Proprio questa dualità di attacchi (attacco fisico vs fuoco) è l’ossatura sulla cui base si fonda la dinamica di gameplay, poiché nella vostra avventura vi si parranno davanti alternativamente nemici invulnerabili al fuoco oppure avversari semplicemente troppo grandi per essere incornati così di netto.
Nelle vostre avventure sarete costantemente accompagnati dalla libellula Sparx, che avrà la funzione di cambiare colore a seconda della vostra salute, con tonalità sempre più spente mano a mano che riceverete un danno da parte dei nemici (fino a scomparire del tutto: un po’ come accade in Crash Bandicoot con la maschera Aku Aku).
Ma non preoccupatevi: potrete facilmente “nutrire” Sparx incenerendo particolari animaletti non ostili che pascolano sovente nei vari mondi di gioco. Insomma risulta molto efficace il fatto che non vi sia necessità di indicatori persistenti durante il gioco che possano distrarvi dalla magniloquenza visiva che il titolo sbandiera a più riprese davanti ai vostri occhi.
In SRT la struttura dei tre giochi è la medesima: una serie di hub centrali privi di nemici da cui si può accedere ai diversi stage di gioco attraversando il relativo portale e attendendo il caricamento di quel livello.
Ciascun gioco della raccolta consiste essenzialmente nell’attraversare i diversi stage sconfiggendo i nemici e raccogliendo i diversi elementi di gioco (sopratutto tesori sottoforma di splendenti gemme di vari colori a seconda del loro valore) fino ad arrivare alla conclusione dello scenario. Le gemme sono racchiuse all’interno di canoniche casse del tesoro ma si trovano parimenti sparse per i livelli e si possono anche ottenere una volta sconfitti per la prima volta i nemici che popolano i vari mondi.
Il gioco funziona mediante checkpoint, per cui se doveste essere sconfitti o cadere al di fuori del mondo di gioco verrete riportati direttamente all’ultimo punto di salvataggio automatico, consumando però una delle vita della vostra riserva. Se doveste arrivare a consumare tutte le vostre vite accumulate fino a quel punto, ci sarà game over e dovrete ricominciare lo stage dall’inizio: insomma uno schema classicissimo visto in decine di altri platform.
Una volta che all’interno del primo hub di gioco si sia raggiunta una sufficiente quantità di un particolare elemento raccolto (il quale varia a seconda del gioco: gemme, quantità di draghi liberati, sfere di abilità ottenute, uova di drago recuperate ecc) si può accedere ad una boss fight, superata la quale si accede all’hub successivo e così via fino alla conclusione del titolo.
La raccolta delle gemme o di altri elementi di gameplay non è mai fine a se stessa e anzi, a partire dal secondo gioco della SRT, risulta maggiormente giustificata anche all’interno del sistema di gioco.
Per quanto riguarda la raccolte delle gemme, per esempio, farà la sua comparsa un poco-simpatico orso: dietro pagamento mediante le gemme da voi faticosamente raccolte, vi permetterà di imparare nuove abilità di gioco e sbloccherà l’accesso a determinati stage avanzati.
Potrete sempre richiamare all’interno del menù principale di gioco la percentuale di completamento di ogni stage che visiterete: in questo modo avrete una visione d’insieme su quali mondi sarà meglio tornare in futuro per ottenere un grado di completamento maggiore in quel livello.
Gli ambienti di gioco che compongono la SRT possono essere anche discretamente ramificati. Sarete liberi di scegliere in ogni momento se selezionare nel menù di gioco l’opzione per la comparsa di una minimappa, anche se sconsigliamo questa facilitazione perché raramente vi sentirete frustrati a girovagare per i livelli.
Volere completare uno stage al 100% comporta spendere parecchio tempo alla ricerca di tutte le gemme e di tutti nemici da sconfiggere. In particolare nel secondo e terzo gioco della raccolta sarete spesso obbligati a tornare su mondi già visitati fino a che non otterrete le abilità per superare determinati ostacoli (un po’ come può accadere nel più classico dei metroidvania). Interessante il fatto che le “abilità” che acquisirete giocando a partire dal secondo titolo della raccolta (nuotare, arrampicarvi sulle scale, fare un ultimo “saltino” dopo una planata ecc.) vengano mantenute anche all’inizio del terzo capitolo, senza un’ulteriore progressione che debba portare a sbloccarle.
La formula di gameplay si arricchisce ulteriormente già a partire dal primo gioco della serie tramite situazioni di gioco in cui Spyro può potenziarsi per un breve periodo di tempo e così acquisire temporaneamente nuove abilità come planare per un tempo più lungo, sputare un fuoco maggiormente intenso, abbattere nemici di grandi dimensioni ecc.
La varietà di stage e nemici è notevole; giocando i tre titoli della raccolta di seguito non si arriva mai a percepire una sensazione di dejà vu per quanto riguarda i modelli dei nemici e le ambientazioni, ma anzi avviene l’esatto contrario.
Tutto ciò fa il paio con il tentativo costante di variare la formula di gioco: alcuni mondi per esempio richiedono di sfruttare maggiormente i potenziamenti temporanei di Spyro, altri sono caratterizzati da basilari meccaniche di “scorta” di NPC, altre ancora richiedono l’espletamento di sfide a tempo per arrivare a completare per intero il livello e così via.
La difficoltà complessiva della Reignited Trilogy è tarata verso il basso, ma con qualche sbilanciamento nel confronto con un paio di boss: in particolare vedrete che il cattivone di metà gioco nel secondo titolo della raccolta vi darà parecchio filo da torcere.
La longevità risulta nella media del genere di appartenenza (6-7 ore per i primi due capitoli e una decina di ore per il terzo) ma è variabile a seconda del grado di completezza che si vuole raggiungere nei singoli scenari. Ad ogni modo il portarsi a casa complessivamente quasi 25 ore di gioco al prezzo a cui viene venduta questa raccolta rappresenta senza dubbio un punto di forza della produzione.
Splendente come una gemma
Da un punto di vista tecnico, i tre giochi che compongono la raccolta si comportano allo stesso modo, girando alla risoluzione di 1440p e frame rate bloccato a 30 FPS. La fluidità dei tre titoli è generalmente buona, anche se un occhio minimamente allenato potrà notare piccoli ma continui cali di framerate indipendentemente dalle situazioni di gioco (frame pacing) con una fastidiosa sensazione di scattosità. Tuttavia la bellezza degli scorci di gioco e la “pastosità” delle tinte utilizzate dipingono un quadro d’insieme coinvolgente ma allo stesso tempo evocativo.
Laddove nel remake di Crash Bandicoot il blocco del frame rate poteva essere maggiormente giustificabile dalla maggiore importanza nell’economia di gioco alla tempistica dei salti, nella SRT questa considerazione è meno giustificabile essendo il gioco quasi un action adventure in terza persona più che un vero e proprio platform.
L’elemento probabilmente migliore della produzione risulta comunque essere il parco animazioni sia del protagonista Spyro (ovviamente molto curate) ma sopratutto degli avversari: ogni singolo nemico del mondo di gioco ha infatti un modo tutto suo di reagire agli attacchi fisici e alla fiammata di Spyro ed è quindi sempre interessante sperimentare come variano le animazioni durante la progressione del gioco.
Inoltre è stato fatto un gran lavoro per legare le animazioni ad una componente effettistica sonora esuberante, tanto che il connubio tra questi elementi va molto vicino a risultare assuefacente per il giocatore. Così come in Ratchet & Clank quando si rompono le casse diventa quasi orgiastico assorbirne tutti gli ingranaggi, così in questa raccolta il legame tra l’azione devastante degli attacchi di Spyro e la reazione dei nemici è l’elemento cardine che spinge il giocatore a rimanere incollato allo schermo.
Il secondo elemento particolarmente riuscito di SRT è senza dubbio l’accompagnamento sonoro: il suo incedere risulta allo stesso tempo ritmato e tribaleggiante ma anche con una certa patina “jazzy” che farà fatica a sloggiare dalla vostra testa una volta che avrete spento la console.
Purtroppo manca la possibilità di selezionare in tempo reale la grafica originale al tempo dell’uscita di questi titoli sulla prima PlayStation: non può sicuramente essere considerato un difetto nel vero senso della parola, ma la possibilità (che troviamo ad esempio anche nel recente e apprezzato remake di Wonder Boy: The Dragon’s Trap) di avere all’interno dello stesso pacchetto i due tipi di esperienze avrebbe rappresentato la proverbiale ciliegina sulla torta tanto per gli appassionati di vecchia data quanto per chi considera il videogioco anche come un’opera culturale da preservare a memoria delle generazioni future.
Infine, bisogna citare la curiosa assenza in ogni gioco della raccolta dell’opzione per inserire i sottotitoli nelle fasi di intermezzo e/o di dialogo, tant’è che su questa mancanza si è, non a torto, scatenata una polemica in rete da parte delle associazioni di individui non udenti.
- Grafica e animazioni deliziose
- Gameplay invecchiato benissimo
- Doppiaggio in italiano ben realizzato
- Accompagnamento sonoro assuefacente
- Ottimo rapporto qualità/longevità-prezzo
- Assenza di sottotitoli
- Troppo facile, ma difficoltà punitiva in alcuni frangenti
- Vistosi e continui cali di frame rate
- Assenza di un'opzione per passare istantaneamente dalla versione del gioco originale a quella moderna
- Assenza di un'opzione a 60 FPS