One Bracelet, One Pound è il motto della 4Ocean: l’organizzazione che grazie ai propri braccialetti sta cercando di ripulire i mari del nostro pianeta.
Un’idea tanto folle quanto straordinaria: ripulire i nostri oceani e spiagge dalle tonnellate di rifiuti accumulate in anni e anni di barbarie. Le idee folli partono ovviamente da uomini incredibili e chi meglio di Andrew Cooper e Alex Schulze, abituati a volare su una tavola da surf tra le onde dei nostri mari, ad essere i depositari di questa missione.
Sì perché è nato tutto da una vacanza dei due giovani americani su un litorale di Bali, dopo una giornata passata tra le onde; il riposo sulla spiaggia al tramonto è il miglior momento per un surfista per ricaricare le batterie e godere del meraviglioso paesaggio.
Le montagne di rifiuti accatastate proprio sulla spiaggia hanno spezzato quel momento dei giovani surfisti che sono rimasti ancor più impressionati dal rientro dei pescatori del villaggio con chili di immondizia riportati a riva nelle loro reti insieme ai pesci.
Uno scempio nel bel mezzo di un paradiso. Nei giorni successivi Andrew e Alex, turbati dalle condizioni di quello spicchio di terra, dimenticano per un po’ lo sport con lo scopo di ripulire la spiaggia chiamando a raccolta anche altri colleghi surfisti.
Al rientro in Florida i due decidono di attivarsi immediatamente fondando un’associazione chiamata 4Ocean per promuovere la pulizia delle spiagge e dei mari.
In questi anni anche l’Onu si è impegnato nella campagna #Cleanseas, con il fine di sensibilizzare governi, consumatori e aziende sul tema dell’inquinamento marino. Un argomento da sempre ritenuto remoto ma che ormai rappresenta un’emergenza più che radicata e presente nella nostra quotidianità, con l’isola dei rifiuti come emblema sconvolgente del nostro tempo. A causa della plastica che galleggia nell’acqua degli oceani più di 690 specie marine sono in estrema difficoltà con il 17% di queste a rischio di estinzione. Negli ultimi anni si sono susseguiti, anche nelle piattaforme Netflix, documentari scientifici sul grado d’inquinamento marino con dei dati terribili soprattutto per le microplastiche che vengono ingerite quotidianamente dai pesci per poi finire nei nostri piatti.
L’avventura e la missione di Andrew e Alex è proprio quella di ripulire quanti più mari e spiagge possibili con i mezzi che l’associazione sostiene. “Eravamo due ragazzi appassionati di sport ma adesso ci occupiamo a tempo pieno della pulizia dei mari – dichiarano i surfisti – c’è molto da fare per creare un cambiamento e tutto inizia con ciò che provochiamo a terra per evitare che la plastica arrivi negli oceani”.
Armati di retini, camion e barche, cinque giorni su sette, gli attivisti di 4Ocean scandagliano la costa e il largo, a caccia dei pericolosi rifiuti che devastano le nostre coste. L’Associazione 4Ocean, a due anni dalla nascita,è riuscita a imbastire una struttura con 75 dipendenti, centinaia di volontari e progetti avviati in oltre 20 Paesi del mondo.
La manovalanza del volontariato è un organo importante ma per dare la continuità alla missione i due surfisti hanno pensato bene di creare una vera e propria rete di dipendenti che, con il supporto di vari pulitori locali, giovani, lavoratori, anziani e addirittura turisti riescono a coprire ininterrottamente le zone prefissate per la pulizia.
L’innovazione della 4Ocean è anche, e soprattutto, nelle modalità di finanziamento per le proprie attività; sì perché tutto quello che stanno realizzando i due surfisti è anche grazie ad un semplice ma unico braccialetto.
La 4Ocean, infatti, produce un braccialetto totalmente green: uno spaghetto colorato in cui sono infilate perle di vetro trasparente provenienti da bottiglie di plastica e vetro riciclato.
Per ogni bracciale venduto 4Ocean rimuove un corrispettivo d’immondizia battendo il motto «one bracelet» (un braccialetto) «one pound» (poco meno di mezzo chilogrammo di materiale).
Un regalo davvero particolare e alternativo: 100% riciclato e solidale, unisex, completo di un documento che spiega perché l’associazione ha iniziato la campagna di pulizia degli oceani e quali sono i prossimi obiettivi.
Si può acquistare dal loro sito che rappresenta il punto focalizzante di tutte le informazioni utili, anche per i volontari che volessero unirsi alle campagne di pulizia già scandite dai ragazzi di 4Ocean e visibili nel diario del sito (4ocean.com) insieme al bilancio della stessa associazione e all’ammontare di rifiuti smaltiti.
La volontà dei due surfisti nel dare il buon esempio è anche dagli strumenti che si usano per comunicare e dalla trasparenza delle azioni, ed è proprio grazie al passaparola del web che la 4Ocean è riuscita ad espandersi cooperando anche con altre associazioni di “pulitori delle acque”.
Ogni mese inoltre viene dedicato un colore di un braccialetto ad una particolare specie animale (orso polare, tartaruga, squali tra quelle già realizzate) e dove una percentuale del ricavato andrà anche a salvaguardare quella specie in pericolo.
Il fenomeno dei surfisti che ripuliscono il pianeta si è espanso a vista d’occhio e ormai non ci sono gare o campionati, dove gli atleti prima di surfure tra le onde non dedicano del tempo alla pulizia dei litorali. Anche in Italia ci si muove in una sola direzione da diverso tempo.
Negli ultimi due anni è partita una linea guida – racconta Mirco Babini, direttore sportivo Federazione Italiana Surfing – cioè quella di salvare i mari e salvaguardare le spiagge da questo uso esagerato della plastica.
Come Federazione, ma anche le stesse associazioni sportive da tempo aderiscono ai Beach Cleaning Day, delle giornate di pulizia insieme agli organizzatori delle gare, gli atleti e chiunque voglia unirsi al gruppo.
Ultimamente anche campioni di taratura internazionale, come il nostro Francisco Porcella hanno sposato la causa rendendosi attivi in prima linea.
Esempio è stato il campionato europeo stand-up paddle a Torregrande di Oristano (dal 4 al 9 settembre) nel quale sono stati programmati due giorni di pulizia e un incontro sulla spiaggia dove è stato analizzato il tema dell’uso smodato della plastica Usa e Getta.
Il rischio collasso e punto di non ritorno è proprio dietro l’angolo – afferma Mirco Babini – ed è per questo che movimenti come 4Ocean possono essere solo un bene per il nostro pianeta, perché un tramite mediatico di questo tipo fa agire masse intere soprattutto in un tempo che c’è bisogno più di fare che di pensare.
Il loro messaggio è pazzesco perché va a denunciare la plastica che parte dall’uomo, che arriva prima nelle spiagge e poi in mezzo al mare in luoghi non visibili.
E non è un caso che l’idea è venuta a due surfisti – conclude Babini – il vivere costantemente per mare tutto il giorno per fare sport, crea quella sensibilità che aiuta a percepire queste situazioni in modo differente.
Inizi a stare male perché quella spiaggia e quel mare sono la nostra casa ed è giusto trovare ogni modo per difenderla.