Arriva anche in Italia il reboot di DuckTales: a trent’anni dalla prima serie animata i paperi più amati di sempre hanno imparato molto dalla saga a fumetti di Don Rosa e possono contare, nella versione originale, su uno scatenato David Tennant come voce di Zio Paperone.
Qua la vita a Paperopoli è un gran sballo.
Corri voli in aereoplano, ma che sballo!
Storie di paperi, ma che bei paperi.
Duck Tales, woo-oo!
Ogni giorno c’è una nuova storia,
misteriosa paperosa.
Duck Tales!
Se si è stati bambini a fine anni ’80, inizio ’90, non si può non ricordare l’irresistibile sigla di DuckTales, serie animata della Disney sulle avventure di Zio Paperone e i suoi nipotini, Qui, Quo, Qua, in giro per il mondo.
Ascoltando il tema musicale di DuckTales (scritto da Mark Mueller, cantato in originale da Jeff Pescetto e nella versione italiana Ermavilo), non si può non ballare, o, almeno, agitare i piedi a ritmo di musica: provare per credere, con probabile effetto Kevin Kline nella scena del film In&Out “gli uomini veri non ballano”.
A distanza di trent’anni, la Disney ha deciso di realizzare un reboot di DuckTales, andata in onda per quattro stagioni dal 1987 al 1990, per un totale di cento episodi, che arriva ora in Italia dal 26 novembre su Disney Channel, con appuntamento fisso ogni domenica alle 19:45.
Composta da un primo ciclo di ventuno episodi, a cui seguirà un secondo già in produzione, la nuova DuckTales non solo è all’altezza dell’originale, ma è quanto di meglio ci si potesse aspettare, sia in termini di mitologia che di divertimento.
Non aver paura sono DuckTales
Quando fu annunciata, nel 2015, la messa in cantiere di un reboot di DuckTales, tutti i trentenni cresciuti a Soldini (ormai usciti dal mercato e rimpianti ancora oggi) e pomeriggi davanti alla tv hanno gridato allo scandalo: messi da parte i colori accesi e i disegni morbidi del cartone anni ’80, per questa nuova serie si è scelto infatti di puntare su un tratto più spigoloso e colori pastello.
Dopo aver visionato i primi otto episodi, possiamo dire che invece la nuova grafica funziona benissimo: più moderna e stilizzata, ma non per questo meno bella, anche se quella anni ’80 rimarrà sempre nei nostri cuori (seguono lacrime di nostalgia per i bei tempi che furono).
Rimasto invariato invece lo storico tema musicale, quello davvero intoccabile: a cambiare sono le immagini della sigla, che si arricchiscono di personaggi e situazioni a ogni nuovo episodio, con rimandi a quanto visto nelle puntate precedenti.
Se per la voce di Paperon de’ Paperoni la versione italiana può contare sulle corde vocali di Fabrizio Vidale (al cinema doppiatore di Jack Black e Martin Freeman), l’originale mette in campo uno scatenato David Tennant (amatissimo Decimo Dottore in Doctor Who e attualmente sul set della serie Good Omens, tratta dal romanzo di Neil Gaiman e Terry Pratchett Buona Apocalisse a tutti!), che sfoggia con gusto il suo accento scozzese.
Che bei paperi, ma le papere ancora di più
Stessa musica, nuovi disegni, umorismo potenziato: la forza dei nuovi DuckTales sta nella scrittura, molto più matura rispetto a quella anni ’80, destinata a un pubblico più giovane e meno smaliziato.
I ragazzi di oggi (sì, ci sentiamo come Matusalemme mentre lo scriviamo), iper stimolati da video, foto, videogiochi e app, sono forse più esigenti di quanto non lo fossimo trent’anni fa: ecco allora che Qui, Quo, Qua non sono più tre gemelli identici che completano l’uno le frasi dell’altro (nel quarto episodio, The Beagle Birthday Massacre!, si scherza proprio su questo fatto), ma tre individui indipendenti, ognuno con la sua personalità e inclinazioni: c’è infatti il fratello più studioso e nerd, quello scansafatiche e quello sempre pronto a mettersi nei guai.
L’umorismo è più tagliente e raffinato, mentre l’amore per il cinema degli autori fa sì che ogni episodio cominci in un certo modo per poi cambiare completamente genere, per trasformarsi di volta in volta in un thriller, horror o action (con tanto di citazioni ai grandi classici, da Mad Max a King Kong, passando per E.T. al Mago di Oz).
La piccola Gaia è il segno più lampante del tempo passato, un personaggio femminile completamente rivoluzionato e moderno, che abbandona vecchi stereotipi per delineare un carattere complesso e a tutto tondo.
Se i personaggi storici (ritroviamo anche Paperino, più presente che nell’originale, e tutti i paperi che abbiamo imparato ad amare leggendo i fumetti, ovvero Archimede, Gastone, fattucchiere di origini italiane, Jet McQuack e Cuordipietra Famedoro) non hanno perso fascino, a guadagnarne in misura incalcolabile sono le papere: la governante del Deposito di Paperone, Bentina Beakley, non è più una signora paurosa con il doppio mento che ha paura del suo irascibile datore di lavoro, ma una donna risoluta, che non si fa mettere i piedi in testa e sa come gestire al meglio ogni situazione, per non parlare di sua nipote Gaia.
La compagna di giochi di Qui, Quo, Qua ha ancora un fiocco rosa tra i capelli, ma non è più la bambolina dalla voce lamentosa che si metteva sempre nei guai: curiosa, piena di iniziativa, dalla fantasia prodigiosa ed energia inesauribile, la piccola Gaia è il segno più lampante del tempo passato, un personaggio femminile completamente rivoluzionato e moderno, che abbandona vecchi stereotipi per delineare un carattere complesso e a tutto tondo, che non può che impreziosire la storia di DuckTales.
Nel segno di Don Rosa
Pur rimanendo sempre fedeli alla Paperopoli di Carl Barks, i nuovi DuckTales sembrano aver imparato bene la lezione di Don Rosa, che con la sua Saga di Paperon de’ Paperoni, cominciata nel 1991, proprio quando la serie animata originale terminava, ha dato nuova linfa vitale a Zio Paperone e ai suoi eredi. Vero e proprio capolavoro della letteratura moderna, l’opera di Don Rosa è onnipresente in DuckTales: di Paperone viene infatti messa in evidenza non tanto la tirchieria, ma l’assoluta fiducia nel duro lavoro: “There’s more about money than just money” (c’è molto di più nel denaro del semplice denaro) dice il papero più ricco del mondo ai nipoti scansafatiche, frase che diventa un mantra e un inno al guadagnarsi ciò che si ha con l’impegno e il sudore della fronte.
Grande rilievo hanno inoltre la dinastia dei Paperi e la famiglia: l’importanza di poter contare su chi ci vuole bene è centrale, solo quando siamo accettati per quello che siamo dai nostri cari possiamo aprirci al mondo, affrontando l’ignoto con un nuovo spirito, più tollerante e comprensivo.
DuckTales sonda inoltre un capitolo della storia dei Paperi rimasto segreto fino a oggi: la “questione Della Duck”, madre di Qui, Quo, Qua e sorella di Paperino, apparsa per la prima volta nei fumetti in Il cuore dell’impero, undicesimo capitolo della saga di Don Rosa.
Gli autori della serie animata, Matt Youngberg e Francisco Angones, hanno infatti deciso di aggiungere del loro alla mitologia di Paperopoli, fornendoci dei succosi nuovi dettagli su questo ramo fumoso della famiglia de’ Paperoni.
Tecnologia, mitologia e una new entry
L’ampliamento della mitologia di Paperopoli non si esaurisce con la riscoperta di personaggi misteriosi o poco frequentati (stupenda la nuova caratterizzazione di Mamma Bass, madre della Banda Bassotti, che ricorda in tutto e per tutto Mamma Fratelli di I Goonies): DuckTales introduce infatti anche nuovi personaggi, come Lena, teenager dal ciuffo rosa, vestiti e trucco alla moda e una perenne espressione di sufficienza stampata sul becco.
Introdotta nel quarto episodio, Lena si rivela essere nipote di un personaggio molto amato e il suo sviluppo nella serie è uno dei più interessanti. Cinica e difficilmente impressionabile, Lena è l’opposto di Gaia, ancora infantile e piena di entusiasmo, di cui diventa subito amica.
Che siano pigri, disincantati, entusiasti o nerd, pur avendo abbandonato le classiche torce fatte di garze e bastoni per la luce emessa dagli schermi dei cellulari, gli adolescenti di DuckTales non hanno perso il gusto per l’avventura: tra vecchia (richiamata dagli splendidi quadri appesi alle pareti del Deposito e dai flashback disegnati con il tratto morbido anni ’80) e nuova mitologia, a non essere cambiato è infatti il desiderio di fare nuove scoperte, di curiosare lì dove è proibito. Perché, nonostante siano passati trent’anni, “le favole più belle sono (ancora) DuckTales”.