Darren Aronofsky torna alla Mostra del Cinema di Venezia con un nuovo film che divide e fa discutere: Mother! La fase biblica del regista sembra non essere finita, ma a questa si aggiunge anche il bisogno narcisistico di andare oltre creando un film di sola metafora, ma senza sostanza.
Negli ultimi anni Darren Aronofsky ha molto diviso la critica per le sue scelte stilistiche. Un regista che sembra lavorare unicamente per se stesso e Mother!, la nuova pellicola presentata alla 74. Mostra del Cinema di Venezia, ne è la prova su grande schermo.
Un film molto atteso, dalle aspettative diversificate. Uno spiraglio di luce dopo un periodo piuttosto complesso, arrivato all’apice dell’insuccesso con il terrificante (e non perché di genere horror) Noah, ma che, alla fine della giostra, ha infranto le speranze.
Ma andiamo per gradi
Darren Aronofsky non ha mai amato un cinema semplice, cercando nei primi anni la violenta reazione emotiva da parte del pubblico attraverso distorsioni d’immagine e musicali, tematiche forti e personaggi borderline.
Aronofsky ha sempre amato raccontare il lato più oscuro e perverso delle persone. Lato nato da quella parte più fragile e debole, incapace di restare a galla. E se da π – Il teorema del delirio a The Wrestler il regista è cresciuto moltissimo, da Il Cigno Nero in poi il suo stile ha subito un grosso cambiamento, spaccando sempre di più la critica.
Quello di Mother! è il lampante esempio di un periodo molto oscuro per Aronofsky. Un periodo di ricerca, di tematiche simboliche e bibliche, all’interno delle quali si ritrovano sempre i limiti degli esseri umani, i loro difetti peggiori e la loro parte oscura, ma dove le storie perdono di spessore, le immagini si fanno troppo astratte e i concetti vengono sepolti da una sequela di inutili e ridondanti esercizi di stile (neanche troppo sofisticati).
Nella sua complessità, Mother! sembra essere il ritratto del regista stesso: all’esasperante ricerca dell’ispirazione perfetta, intrappolato nello suo stesso narcisismo che lo porta alla creazione di prodotti pretenziosi, eccessivi, troppo carichi di elementi e incapaci di arrivare ad un vero traguardo.
Una sorta di richiesta d’aiuto, sbiadito ricordo di uno stile perso, seppellito dalla foga di un’elevazione inutile ed eccessiva. Così come Aronofsky rimane incastrato nel suo ego, i personaggi di Mother! restano incastrati in un’idea che stenta a decollare. Due ore di buoni propositi che sfumano in un finale forte, ma prevedibile.
Una storia incoerente, che manca di attenzione nei piccoli dettagli e che dovrebbe portare lo spettatore alla ricerca di risposte, ma che lo lascia con una ‘insopportabile insoddisfazione.
Una narrazione che stenta a decollare, incastrata negli stessi concetti filosofici del regista, annoiando in larga parte.
Il racconto gira attorno alla figura di uno scrittore di successo (Javier Bardem), confinato nella sua vecchia casa di famiglia ristrutturata dalla sua giovane moglie (Jennifer Lawrence) nella speranza di fargli trovare l’ispirazione che gli serve per il suo nuovo romanzo.
La routine della coppia, in un certo senso apatica, viene interrotta una sera dall’arrivo di un uomo (Ed Harris) che si è perso. Un medico arrivato per caso e convinto che la casa dei due coniugi sia un Bed & Breakfast. Incapace di negare ospitalità ad un medico lo scrittore lo invita a restare, non considerando la reazione indispettita e sospettosa della moglie.
E come da copione le apparenze ingannano sempre ed è proprio questo l’inizio di un percorso che segnerà drasticamente l’amata casa della coppia e il loro rapporto.
Aronofsky va alla ricerca disperata delle emozioni forti, quelle che una volta il regista era capace di suscitare con uno sguardo in camera, un montaggio veloce, una colonna sonora disturbante, una dialogo, quelle emozioni da troncare il fiato, sentendo le viscere attorcigliarsi nello stomaco.
Crudo e violento. Ferocemente reale. Di tutto questo c’è ben poco in Mother! che, come i suoi personaggi senza nome, appare privo di personalità, patinato e carico di bora. All’interno del personaggio dello scrittore c’è il forte narcisismo che offusca interamente la sua vita, andando a sfociare nell’ossessivo e fanatismo. Il disperato bisogno d’amore, appagato dal puro e sincero sentimento provato da lei, la madre.
E si annulla il personaggio della Lawrence, in questo viscerale rapporto con la casa, incapace di ribellarsi. Ed è proprio questa insensata ed eccessiva sottomissione uno degli elementi a rendere Mother! incoerente, poco sincero, gravando ferocemente su un personaggio scritto male e interpretato peggio.
Una delle peggiori interpretazioni della Lawrence, incapace a reggere sullo schermo, se non nella parte finale, unico spiraglio del “vecchio” Aronofsky.
Sottotono perfino Javier Bardem, santone della situazione, ma figura evanescente. Impossibile da decifrare, da interpretare o entrarci in empatia.
Bellissima come sempre, nonché brava anche nel suo piccolo ruolo, Michelle Pfeiffer, oscurando di gran lunga l’imbarazzante presenza della Lawrence.
Mother! è una sorta di racconto biblico, affondando le radici nella creazione e distruzione. Un dramma psicologico, ma che a tratti prende il respiro di un thriller e per altri quello dell’ironia non voluta. Una storia di fantasmi, di simboli impossibili da decifrare e di metafore accatastate tra di loro, soffocando l’intera narrazione.
Darren Aronofsky ci ha provato, ma esattamente come il mito di Narciso, cade nella trappola del suo stesso “fascino”, scivolando nel fiume. Mother! è un film che probabilmente meriterebbe una seconda visione, ma che non invoglia davvero a entrare nella storia, sbattendo continuamente fuori lo spettatore per i suoi 120 minuti.
Mother! sarà distribuito nella sale italiane dal 28 Settembre grazie a 20th Century Fox