È il 1984, siamo in Giappone. Un giovane studente dell’università medica Keio gira per le strade di Tokyo, visitando negozi di libri usati. Proprio in uno di questi il suo sguardo viene catturato da un anonimo opuscolo. Senza saperlo, il ragazzo sta per riportare alla luce uno scenario d’inferno nascosto da quasi quarant’anni.
La Seconda Guerra Mondiale ha impresso nella mente di noi occidentali l’immagine del cattivo per eccellenza. Hitler, con il suo seguito di folli gerarchi nazisti, con la loro crudeltà e l’odio antisemita, hanno lasciato una cicatrice ancora vivida nella coscienza dell’uomo, un ricordo di quanto e come la malvagità umana possa manifestarsi.
Al contrario, fuori dai propri confini, i giapponesi rimangono ammantati da quell’aura di onore e coraggio che tanti film sui samurai ci hanno hollywoodamente raccontato.
Eppure, il diario di un ufficiale medico giapponese in cui vengono descritti gli effetti di iniezioni di elevate dosi di vaccino antitetano, ritrovato per puro caso, squarcia il velo d’oblio che il tempo stava intessendo intorno a violenze, atrocità ed esperimenti biologici disumani compiuti su inermi prigionieri dalla…
Unità 731.
Fermi tutti, la peste
Originaria dell’area centrale dell’Asia, la peste arrivò presto nei porti di tutta Europa.
Nel 1347, trasportato dai ratti e trasmesso da pulci infette, questo bacillo flagellò le città e le campagne europee. Rifiuti all’aria aperta e uno scarso igiene fecero il resto.
Una vaga immagine di questo scenario ci rimane incollata nel cervello dalle interminabili ore scolastiche della nostra adolescenza: bubboni, cadaveri abbandonati per strada, terribili miasmi, macchie scure, vomito e febbre, medici con maschere sinistre e la morte di Don Rodrigo (peste del 1630), segnale che i Promessi Sposi volgevano al termine, e l’estate era alle porte.
Completamente all’oscuro delle concezioni di epidemie, vettori di trasferimento, e – diciamolo – dell’igiene, i medici medievali non poterono far altro che cercare le cause del flagello in squilibri degli umori, gas velenosi emessi dalla terra, congiunzioni astrali, Justin Bieber, comete ed eclissi. I rimedi omeopatici consistevano in fumigazioni con erbe aromatiche, salassi, clisteri a nastro, acqua di rose e aceto per lavarsi, bacche di alloro e ginepro.
Spiritualmente parlando, la chiesa – nella figura di di Papa Clemente VI (blindato nel suo palazzo di Avignone) – si limitò a condannare tutta la popolazione cristiana per aver provocato una simile punizione divina.
Shame. Shame. Shame.
L’epidemia causò violenti sconvolgimenti nel tessuto della società: villaggi abbandonati e in rovina, campi incolti, rivolte popolari, un drastico calo demografico e massacri di ebrei accusati di diffondere il morbo.
D’altro canto, la peste ebbe anche il merito di migliorare le norme igieniche delle grandi città, favorì un cambio societario, e mise in discussione i valori morali e religiosi dell’epoca, favorendo il mutamento necessario per l’avvento del Rinascimento.
Le stime dei morti causati dall’epidemia di peste che colpì l’Europa nel XIV secolo oscillano tra il 30% e il 60% della popolazione totale.
Molto bene, quindi perché non farne un’arma?
Shirō Ishii
Nato nel 1892 da famiglia aristocratica e tradizioni feudali in un piccolo paese vicino Tokyo, Shirō si distinse sin in giovane età per la sua brillante intelligenza. Ammesso nell’esclusiva Università Imperiale (non credo ci fossero già le studentesse vestite da Sailor Moon, spiacente), si laureò in medicina nel 1920. Terminati gli studi universitari si arruolò nel Terzo Reggimento della Divisione della Guardia Imperiale, e – grazie alle sue conoscenze – venne presto promosso tenente.
Nel frattempo i suoi studi accademici continuarono incessantemente, sino all’ottenimento di un dottorato in patologia umana, sierologia e batteriologia all’università di Kyoto. Deciso a migliorare continuamente la sua posizione all’interno del mondo accademico e militare, sposò Araki Kyoko, figlia di Araki Torasaburo, medico e rettore dell’università di Kyoto.
Nel 1924 una terribile epidemia di encefalite emorragica di tipo B decimò la popolazione del distretto di Kagawa. Ishii, intervenuto direttamente sul campo, grazie al suoi ingegno e ai suoi studi realizzò degli speciali filtri per isolare e studiare il virus. Promosso capitano, nel 1927 prese il dottorato in microbiologia e venne trasferito all’ospedale militare di Kyoto.
Fu proprio nel centro medico che lesse un articolo inerente alla Convenzione di Ginevra. Gli echi della Grande Guerra si erano appena spenti, eppure il ricordo delle terribili armi chimiche e batteriologiche del Kaiser era ancora vivido nella mente dei reduci di trincea; la Convenzione di Ginevra ne scoraggiava espressamente l’uso per tutte le guerre a venire.
Ossessionato dall’idea che l’abbandono delle ricerche nel campo delle armi non convenzionali da parte degli altri paesi costituisse un enorme vantaggio bellico per il Giappone, Ishii partì per un viaggio scientifico intorno al globo di due anni.
Seppure l’interesse dell’esercito giapponese nel settore delle armi batteriologiche non fosse ancora di dominio pubblico, è difficile credere che Ishii poté assentarsi dal suo ruolo d’ufficiale per due anni, rimanendo completamente impunito. Ed infatti, rientrato in patria, trovò, nelle figure di Araki Sadao, ministro della Guerra, nel generale Nagata Tetsuan e nel ricercatore medico Koizumi Chikahiko, l’appoggio necessario per le sue ricerche batteriologiche. Promosso al grado di maggiore, cominciò a coltivare letali colture di tifo, peste, colera e antrace. Solo una cosa mancava a Ishii, le cavie.
L’invasione della Manciuria e la nascita dell’unita Togo
Dopo anni di forti politiche di armamento e potenziamento militare, il 18 settembre 1931 l’esercito imperiale giapponese invase il territorio della Manciuria, in Cina. Il segretario di stato americano Stimson portò quest’aggressione all’attenzione della Società delle Nazioni, ma a nulla valsero i suoi sforzi.
Gli Stati Uniti chiesero una risoluzione pacifica del conflitto, e così il Giappone rimosse ogni traccia di governo cinese dalla regione e, il 27 febbraio 1932, firmo un trattato di pace con la Cina, instaurando al contempo uno governo fantoccio, il Manciukuò.
Per Ishii l’invasione della Manciuria fu l’occasione perfetta per estendere i suoi terribili esperimenti.
Aprii il primo centro di ricerche in una vecchia distilleria di sakè, ad Harbin. Tuttavia, la densità di abitanti – più di 400.000 – minava fortemente la segretezza dei suoi progetti. Nell’estate del ’32 decise di spostare tutto il suo apparato di morte in un paesino lontano dagli sguardi, Beiyinhe. Ben presto, al di fuori del villaggio, vennero eretti più di cento edifici tra alloggi dell’equipe medica, prigioni, laboratori per gli esperimenti, mense per il personale, magazzini e forni crematori.
La struttura venne ribattezzata unita Togo, in memoria dell’ammiraglio Togo Heihachiro. Le prime cavie di Ishii furono i prigionieri di guerra e i comuni criminali presenti nella struttura carceraria di Beiyinhe.
Per non pregiudicare gli esperimenti, tutti i prigionieri vennero ben nutriti durante la loro permanenza nel campo, che di solito non superava il mese. Le prime cavie umane vennero infettate con tifo, dissenteria, vaiolo, morava, antrace e peste bubbonica. Successivamente vennero vivisezionate senza la somministrazione di anestetici, per non alterare i risultati dei test.
Dalle memorie del generale Endo Saburo, che visitò il campo nel 1933:
Cinque minuti di iniezione con gas all’interno di una stanza di mattoni. Il soggetto è rimasto vivo per un giorno dopo l’inalazione del gas. Condizioni critiche con polmonite.
Cianuro di potassio… al soggetto ne sono stati iniettati quindici milligrammi. Perdita di conoscenza dopo approssimativamente venti minuti.
Corrente elettrica… diverse scariche a 20.000 volt non sono sufficienti ad uccidere il soggetto. Si è obbligati ad un’iniezione per ucciderlo. Anche diverse scariche a 45.000 volt non sufficienti ad uccidere. Occorrono diversi minuti di scariche continue a questo voltaggio per far morire carbonizzato il soggetto.
Miracolosamente, nell’ottobre del 1934 alcuni prigionieri riuscirono a fuggire dall’Unita Togo. Ricongiunti con i commilitoni e i compagni d’istanza nella regione, raccontarono dei terribili e disumani esperimenti del campo di concentramento. Venuti a galla i crimini dell’unita Togo, il centro di Beiyinhe venne prontamente raso al suolo, e i restanti prigionieri uccisi sommariamente.
Le scoperte “scientifiche” di Ishii gli valsero altre promozioni che lo portarono, all’età di 43 anni, al grado di tenente-colonnello. Fu anche nominato capo dell’ufficio per la prevenzione delle epidemie e la purificazione dell’acqua.
Grazie allo sfruttamento e alla schiavitù di migliaia di cinesi, innumerevoli campi di ricerca nacquero nel territorio della Manciuria, tutti facenti riferimento alla nuova sede centrale di Pingfan.
Sempre situata vicino ad Harbin, Pingfan ospitava più di 150 edifici tra prigioni, laboratori, serre, forni crematori, magazzini, mense, e centri svago per il personale medico. Lungo tutto il perimetro venne installata una recinzione elettrificata, mentre il governo fantoccio proibii il volo sull’intera area.
Il complesso venne rinominato unità 731.
Gli esperimenti
All’interno dell’unità 731 gli scienziati, oltre a cercare ceppi di batteri e virus sempre più letali, si occuparono anche di tutta la logistica di diffusione, immagazzinamento e prevenzione di un’eventuale guerra chimico/batteriologica.
Nella totale indifferenza del personale medico, i prigionieri – chiamati pezzi di legno – furono sottoposti a barbarie disumane. Vennero sperimentati gli effetti del tifo sul corpo umano, dapprima usando granate cariche di pallettoni di argilla e tifo lasciate detonare vicino ai prigionieri.
Successivamente, venne fatta bere loro una soluzione di acqua, zucchero e agenti patogeni. I pezzi di legno fungevano anche da incubatrici per i batteri, salvo poi essere dissanguati per isolarne i ceppi più letali.
Alle donne toccò il triste destino di essere incubatrici di malattie a trasmissione sessuale.
Obbligate ad avere rapporti con prigionieri infetti, gli scienziati osservarono il degrado del corpo sotto l’effetto di sifilide e gonorrea. In caso di gravidanze, il malato interesse scientifico delle equipe dell’unità 731 sfociava nella vivisezione di madre e feto.
Le cavie veniva infettate con la peste, il colera e il tifo. C’erano grandi specchi nelle celle dei soggetti così da poter essere osservati in maniera migliore. Io parlavo con i prigionieri usando un microfono… Durante un esperimento sul tifo, dieci persone furono costrette a bere una mistura di germi, e a cinque fu somministrato il vaccino. I due gruppi furono separati l’uno dall’altro.
I dottori li visitavano attentamente e ponevano loro domande che io traducevo, registrando le risposte. Il vaccino funzionò sui cinque che erano stati immunizzati. Gli altri cinque soffrirono orribilmente. Nei test con la peste, i prigionieri soffrirono di feroci brividi, di febbre alta e gemevano per i dolori, finché non morivano. Per tutto quello che ho potuto vedere, ogni giorno una persona veniva uccisa.
Choi Shin, unità 1855.
Nel tentativo di trovare un efficace rimedio alla cancrena e ai danni da congelamento, il dottor Yoshimura Hisato condusse esperimenti diretti sulle cavie umane.
In un distaccamento dell’unità 731 i prigionieri vennero lasciati a temperature di -20°, con braccia e gambe bagnate. Quando l’arto, al contatto con una bacchetta, produceva un rumore simile ad un ticchettio, il prigioniero veniva ricondotto al coperto per subire un’amputazione e un’attenta osservazione degli effetti della cancrena sui tessuti.
Altri sorti terribili toccarono i prigionieri dell’unità 731, tra cui morte per asfissia, folgorazione, inedia, avvelenamento, asportazione di organi, ustioni. Alcuni prigionieri vennero uccisi tramite pompe del vuoto, altri iniettando loro urina di cavallo nei reni o bolle d’aria nel sangue.
La nostra missione divina di medici è di sfidare tutti i microrganismi patogeni; di bloccare loro tutte le possibili vie d’accesso al corpo umano, di annientare tutta la materia estranea che vive nel nostro corpo e di individuare la terapia più efficiente possibile. Tuttavia, il lavoro di ricerca che noi intraprenderemo è l’esatto opposto di questi principi e potrà essere causa di tormento per le nostre coscienze di medici…
Ciò nondimeno, io vi chiedo di condurre queste ricerche mosso da una doppia aspirazione: in primo luogo, in quanto medico, dal desiderio di fare qualsiasi sforzo per trovare la verità nelle scienze naturali, nella ricerca e nella scoperta del mondo sconosciuto; in secondo luogo, in quanto soldato, della volontà di costruire un’arma potente contro il nemico.
Ishii, unità 731.
Il numero di personale medico e scientifico coinvolto non lascia molto adito a dubbi:
L’unità 731 era conosciuta e finanziata dalle più alte sfere del governo giapponese.
Gli attacchi
Dopo anni di ricerche, nel 1939 l’unità 731 mise in atto il suo primo attacco con armi batteriologiche. Per decimare le truppe russe e mongole presenti sul confine, i soldati trasportarono bidoni contenenti miliardi di batteri del tifo da gettare in un fiume vicino agli accampamenti nemici.
L’attacco fallì, in quanto le condizioni climatiche avverse e l’estremo freddo della corrente d’acqua del fiume uccisero la quasi totalità dei ceppi di febbre tifoide. Al contrario, la scarsa attenzione durante il trasporto causò il contagio di più di quaranta membri dell’unità giapponese.
Difficile credere che una simile operazione, così maldestra, fosse stata pianificata da Ishii.
In realtà, l’unità 731 aveva bisogno di ulteriori finanziamenti, e quindi organizzò una dimostrazione sul campo quanto più in fretta possibile per attirare l’attenzione delle linee di comando militare. Da questo punto di vista, fu un successo. L’unità 731 ricevette un premio per aver contribuito in una decisiva operazione tattica. Un anno dopo, nel 1940, l’imperatore Hirohito incrementò i fondi per ricerche e strutture.
L’unità 731 si occupò anche di studiare e progettare metodi di diffusioni delle proprie armi batteriologiche sempre più sofisticati. In principio i tecnici tentarono di costruire delle ogive contenenti batteri e virus da lanciare tramite pezzi d’artiglieria sulle linee nemiche. Questo metodo si dimostrò inefficace, in quanto il calore prodotto dalla detonazione uccideva la quasi totalità degli agenti patogeni.
Successivamente vennero progettate le bombe HA e Uji; si trattava di granate il cui scopo era quello di frammentarsi e provocare ferite infette nei soldati nemici. L’energia necessaria per la frammentazione del metallo, anche in questo caso, uccideva la gran parte di virus e batteri presenti all’interno.
Queste granate e proiettili esplosivi furono testasti su cavie umane. Legate a pali di legno, venivano disposte a distanze differenti rispetto alla detonazione dell’ordigno, per essere poi attentamente esaminati.
Alla fine si optò per bombe lunghe tra i 70 e gli 80 centimetri, con un diametro di 20. Con una superficie rigata e riempita di esplosivo, al loro interno custodivano sei litri di materiale infetto, una spoletta a tempo e un rivestimento di ceramica. Lanciate dagli aerei, prima di toccare il suolo detonavano, spargendo pulci, batteri e virus sull’area interessata.
L’unità 731 non si limito ai lanci aerei. Nel 1940 attaccò la popolazione civile di Ningbo, nello Zhejiang. Infettò gli abitanti del villaggio con grano e riso misti a pulci della peste bubbonica, avvelenò i pozzi con tifo, mentre i tecnici distribuivano finti vaccini (in realtà sieri di colera, che stranamente non causarono l’autismo, ma solo il colera) ai contadini.
Un anno dopo, nel 1941, il colonnello Ota Kiyoshi condusse un’attacco aereo contro il villaggio di Changde, nell’Hugan. Grano, cotone, riso e più di trenta chili di pulci infette dalla peste bubbonica furono lanciati sugli ignari contadini. Nel giro di pochi giorni i tecnici dell’unità 731 tornarono a verificare gli effetti dell’attacco: centinaia di morti da peste nera e un focolaio in rapida espansione nei villaggi limitrofi. La coltivazione all’interno delle cavie umane, “le incubatrici”, resero i batteri della peste letali al 99%.
L’aggressività dell’epidemia segna il territorio cinese ancora oggi. In alcune delle zone bombardate, ancora prevalentemente contadine, si verificano tutt’oggi casi di cancrene batteriche a carico delle gambe, spesso nude all’interno delle risaie.
Il numero di morti sempre crescente, di cui non si ha un numero precisato, insospettì presto le autorità cinesi.
Nel 1942, il governo cinese denunciò il Giappone, accusandolo di aver scatenato epidemie di peste, tifo e colera utilizzando armi vietate dalla convenzione di Ginevra. Intanto, in Europa, Adolf Hitler diede il via all’operazione Barbarossa.
L’invasione dell’Unione Sovietica indebolì sensibilmente il fronte sino-russo, lasciando a Ishii la possibilità di agire indisturbato. Ordinando un’aumento della produzione delle armi non convenzionali, Ishii radunò i suoi uomini.
Fu emesso un ordine che distaccava un gruppo scelto in Cina centrale. […] Il gruppo doveva comprendere fra i cento e i trecento uomini. Si decise di utilizzare peste, colera e paratifo. […] Le azioni di guerra biologica si svolsero alla fine dell’agosto del 1942.
Dal diario del generale Kiyoshi Kawashima.
Piume d’uccello intrise d’antrace furono lanciate sul villaggio di Fuxing, animali e cibo infetto vennero distribuiti nel villaggio di Shangrao. Nel 1942 la città di Chongshan venne decimata dalla Yersinia Pestis.
Negli anni successivi, l’unità 731 perfezionò i suoi attacchi con il colera. Numerosi furono i villaggi contagiati da mosche e larve infette. La completa inesperienza degli abitanti, inermi di fronte a una simile barbarie, trasformò la regione in un focolaio talmente virulento da impedire alle truppe cinesi di raggiungere il territorio.
Nel 1942, quando avevo dieci anni, all’improvviso la peste diventò molto diffusa, per via dei germi che il crudele esercito giapponese aveva sparso sopra al villaggio. Tutti i malati mostravano gli stessi sintomi: febbre alta, atroce mal di testa, sensazione di sete e ghiandole linfatiche gonfie. In appena un paio di mesi un terzo degli abitanti, ossia oltre quattrocento persone, furono uccisi dalla peste. […] Quando il villaggio era pieno di persone malate, arrivarono i soldati giapponesi in camice bianco e maschere antigas.
Obbligarono gli abitanti a riunirsi in una piazza in fondo al villaggio, poi esaminarono tutti e somministrarono iniezioni di farmaci ignoti. I medici giapponesi confinarono i pazienti nella parte più lontana delle case. Comunque, non curarono i malati, ma li trattarono in modo orribile. Una ragazza di nome Wu Xiaonai fu sezionata e le furono tolti gli organi interni mentre era ancora viva, un’azione veramente diabolica. […] Inoltre, quando si seppellivano i cadaveri, spesso ai corpi mancavano le braccia o le gambe.
Fino ad allora non avevamo mai avuto ammalati di peste, né in paese né nei dintorni. È accertato che quel tragico incidente fu provocato dalle armi biologiche dell’esercito giapponese. Non solo diffusero la peste, ma vivisezionarono le persone come fossero animali.
Wang Lijun
La fine della guerra
In Europa le cose non andarono proprio come Hitler immaginò. Dopo la sanguinosa battaglia di Stalingrado, l’armata rossa cominciò a marciare con pressione devastante verso Berlino.
L’armata rossa cominciò a marciare con pressione devastante verso Berlino. Sconfitto il nemico nazista, i sovietici poterono concentrare le loro forze sulla riconquista della Manciuria. Tutte le divisioni dell’unità 731 furono demolite prima dell’arrivo dei nemici rossi. Le cavie sopravvissute furono uccise con fucilate o iniezioni di cianuro, i documenti distrutti. Per rallentare l’avanzata nemica vennero rilasciati centinaia di ratti e decine di cavalli infetti.
Nell’agosto del 1945, il Giappone si arrese ufficialmente alle forze Alleate.
Terminato il conflitto, e sconfitta la minaccia nazista, i vertici americani compresero che il loro futuro nemico sarebbe stata l’Unione Sovietica; lo stesso Generale Patton protestò, convinto che i suoi carri dovessero rispedire l’armata rossa lontana da Berlino. Gli
americani, venuti a conoscenza dei terribili esperimenti di Ishii da alcuni soldati americani scappati nei primi anni di occupazione della Manciuria, capirono l’importanza di sottrarre i dati e le ricerche dell’ufficiale giapponese ai russi. Il Giappone finì sotto la responsabilità del generale americano Douglas MacArthur, e solo una settimana dopo la resa, vennero avviate le ricerche dell’unità 731.
Il responsabile di questo incarico interrogò tutti i maggiori esponenti dell’unità 731 rientrati in patria: Yoshijiro Umezu, Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito, il comandante della gendarmeria dell’imperatore dello Stato fantoccio del Manchukuo, il Colonnello Tomosa Masuda, il vice di Ishii, e il Maggiore Jun’ichi Kaneko, esperto in bombe batteriologiche.
Di Ishii nessuna traccia.
Contemporaneamente, nel territorio della Manciuria, i russi cercarono alacremente i responsabili dei campi di sterminio, che poco alla volta riemergevano dalle rovine dei territori occupati. Attraverso testimonianze, più di diciotto volumi, venne istituito un tribunale speciale nella Siberia orientale. Tuttavia, solo dodici uomini giapponesi furono catturati; tutti confessarono i crimini commessi (riuscite ad immaginarvi i metodi d’interrogatorio russi del 1946?), accusando l’imperatore Hirohito di essere a conoscenza di tutte le operazioni dell’unità 731.
I dodici uomini imputati erano: il generale Yamada Otozoo, il chimico Takahashi Takaatsu, il veterinario Hirazakura Zensaku, gli infermieri Kikuchi Norimitsu e Kurushima Yuji, i batteriologi Kawashima Kiyoshi, Nishi Toshihide, Karasawa Tomio, Onoue Masao e Sato Shunji. Nessuno fu condannato a morte.
Protetti com’erano dai segreti bellici in loro possesso, alla morte di Stalin nel 1956 furono rimpatriati in Giappone, come uomini liberi.
Nel Giappone controllato dagli americani le ricerche di Ishii continuarono senza tregua, fino a quando venne finalmente ritrovato. Per mettere a tacere le crescenti rimostranze dell’opinione pubblica, gli americani inscenarono la morte di Ishii, con conseguente finto funerale. L’ufficiale scienziato giapponese venne interrogato dal Colonnello Thompson per più di un mese, dal 17 gennaio al 25 febbraio 1946. Assuntesi la responsabilità di tutta l’operazione, Ishii negò che l’imperatore ne sapesse qualcosa.
L’unità 731 venne secretata dall’esercito americano.
Tuttavia, le voci delle barbarie compiute trapelarono e, nel 1946, il New York Times (FAKE NEWS! SAD!) pubblicò alcune delle testimonianze di soldati americani fuggiti. Il 6 maggio 1947 il generale MacArthur inviò al Comitato di Coordinamento del Dipartimento di Stato, della Marina e della Difesa la richiesta di immunità ufficiale per Ishii e colleghi. Un anno dopo il ministero della Difesa americano concesse la totale immunità.
Numerosi membri dell’unità 731 ritornarono presto liberi. Addirittura ottennero incarichi prestigiosi all’interno del mondo accademico.
Numerosi membri dell’unità 731 ritornarono presto liberi. Naito Ryoichi, Kitano Masaji e Futagi Hideo, tra i principali pianificatori degli attacchi biologici in Cina e responsabili dei molti esperimenti sugli esseri umani all’Unità 731, fondarono nel 1947 una Banca del sangue, la Japan Blood Plasma Company, che si assicurò nel 1950 un fruttuoso contratto con gli Stati Uniti per le forniture di sangue ai soldati americani impegnati nel conflitto coreano.
Tabei Kazu, responsabile di molti esperimenti sul tifo nell’Unità 731, divenne docente di batteriologia a Kyoto. Il dottor Ishikawa Tachiomaru, ex patologo dell’Unità 731, divenne preside dell’Istituto di medicina dell’Università Kanazawa.
Yoshimura Hisato, responsabile dei terribili esperimenti di congelamento e amputazione, divenne presidente della Società di Meteorologia e guidò numerose spedizioni in Antartide per studiare, questa volta su dei volontari, gli effetti del freddo estremo sulla fisiologia umana.
Shiro Ishii, ufficialmente morto, e quindi inabile a ricoprire posizioni in istituzioni pubbliche o private, si ritirò a vita privata nella sua casa nella prefettura di Chiba, vicino a Tokyo. Visse con la famiglia grazie alla rendita della pensione da generale ottenuta vendendo i segreti dell’unità 731. Morì a sessantasette anni per un tumore alla gola, ma da uomo libero.
Nel 2002 la corte giapponese respinse le richieste di risarcimento e di scuse di alcuni familiari delle vittime cinesi, sebbene i giudici ammisero che quei fatti erano realmente accaduti.
- Unità 731 (wikipedia.it)
- Peste nera (wikipedia.it)
- The trial of Unit 731 (www.japantimes.co.jp)
- Why Japanese doctors performed human experiments in China 1933-1945 (www.eubios.info)
- The forgotten victims of Japanese biological warfare in China (sylviayufriedman.com)
- Immagini rare dei mostruosi esperimenti giapponesi in Cina (foto che possono urtare la sensibilità)
- Unit 731 (www.unit731.org)
- Invasione giapponese della Manciuria (wikipedia.it)