17 dicembre 1954, Romania, località sconosciuta. La bandiera con la falce e il martello sventola su un pennone. Un plotone di esecuzione prende posto sulla linea di tiro, davanti a loro 20 persone. Sono tutti ex prigionieri del carcere di Pitesti.

Uno di loro si chiama Eugen Ţurcanu, da giovane ha militato nella Guardia di Ferro di Horia Sima, un gruppo di chiara inclinazione fascista e nel 1949, con l’avvento del comunismo in Romania, è stato imprigionato.

L’accusa per tutti è di essersi lasciati corrompere dall’ideologia fascista e occidentale e di aver gettato discredito sull’ideale comunista.

Contemporaneamente, a Bucarest, i solerti impiegati sovietici modificano centinaia di documenti e distruggono quelli più compromettenti. Il carcere di Pitesti viene chiuso e infine abbandonato.

L’esperimento di Pitesti, il più grande e brutale esperimento di lavaggio del cervello di massa, non è mai ufficialmente esistito.

 

 

 

Rieducazione Comunista

Nel 1947 il partito comunista romeno (già saldamente in carica dal 1945) proclama la dittatura del proletariato e trasforma la Romania in uno stato del blocco sovietico a tutti gli effetti. Nel 1948 a tutti i ruoli politici chiave vengono affiancati dei consiglieri provenienti dall’Unione Sovietica. La popolazione passa sempre più sotto il controllo del partito comunista e le categorie scomode per il regime (intellettuali, borghesi, religiosi etc.) vengono arrestate.

 

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Il carcere di Pitesti diviene uno dei luoghi in cui i “dissidenti” vengono imprigionati.

 

Un esperimento per cercare di annullare il credo e la personalità dei detenuti e trasformarli in perfetti uomini sovietici.

Il carcere di Pitesti è anche il luogo dove le autorità sovietiche mettono in atto un esperimento per cercare di annullare il credo e la personalità dei detenuti e trasformarli in perfetti uomini sovietici.

A capo dell’esperimento c’è il colonnello Teodor Sepeanu e altri membri della sicurezza interna romena tra cui il comandante in capo Alexandru Nicolschi.

Ma l’attuatore materiale è il cosiddetto ODCC (Organizaţia Deţinuţilor cu Convingeri Comuniste) che si può tradurre come Organizzazione dei Convinti Prigionieri Comunisti. A capo dell’ODCC c’è Eugen Ţurcanu, simpatizzante nazista condannato nel 1948 e imprigionato nel 1949 nonostante la sua conversione al comunismo. In carcere Eugen sposa completamente le dottrine comuniste (forse per convinzione, forse per trarne vantaggio) e crea il suo gruppo di ferventi comunisti.

Un sopravvissuto lo descrive così:

A handsome man, out of the ordinary… with brown hair tending toward blond… when he frowned, you were terrified… his well-proportioned body seemed that of a performance athlete. When he punched or slapped you, he knocked you to the ground. When he got mad he was so crude that he destroyed everything in his path, like a ferocious killer. Moreover, he was unusually intelligent and had an extraordinary memory… But he was so Satanized you didn’t know what to think of him…

Un belloccio psicopatico insomma.

Eugen viene contattato da Dumitrescu, il responsabile del carcere di Pitesti, nell’estate del 1949 e sul finire dello stesso anno il gruppo di Eugen viene spostato in un’ala isolata della struttura dove sono mandati altri prigionieri da rieducare. Il compito dell’ODCC è infatti attuare la rieducazione.

L’esperimento di Pitesti è ufficialmente iniziato.

 

 

 

Il Genocidio dell’Anima

nr1-umilinta-copertaIl programma di rieducazione si basava su tre fasi con l’obiettivo di annullare la personalità del dissidente.

Il processo avveniva attraverso umiliazioni psicologiche e torture fisiche portate avanti dagli stessi prigionieri secondo le discusse idee del pedagogo Anton Makarenko secondo il quale per educare dei giovani delinquenti era meglio passare da altri delinquenti già educati.

Le tre fasi, chiamate “Smascheramenti” si succedevano in quest’ordine.

Smascheramento esterno, era la prima fase, ai detenuti venivano fatti confessare i loro crimini e cosa avevano fatto di contrario all’ideologia comunista. Gli interrogatori crescevano di intensità spingendo i prigionieri a confessare crimini nascosti negli interrogatori precedenti. L’uso smodato di torture fisiche faceva si che i prigionieri continuassero a inventare altri crimini pur di evitare il dolore. Le torture erano inflitte dagli stessi altri prigionieri così da distruggere ogni precedente legame di lealtà.

A questa fase seguiva lo smascheramento interno durante il quale il prigioniero doveva denunciare quali altri prigionieri si erano comportati bene con lui o anche solo meno violentemente nelle prime fasi favorendo un clima di delazione e brutalità.

L’ultima fase era lo smascheramento pubblico in cui il prigioniero doveva rinnegare tutte le sue passate credenze, i suoi familiari o amici e ogni cosa che aveva avuto a che fare con la sua vita.

Frammezzate a queste fasi si alternavano torture psicologiche classiche (come la privazione del sonno) ad altre meno classiche come la creazione di falsi documenti o testimonianze sui familiari del prigioniero che mettevano in luce aspetti grotteschi o criminali della sua famiglia.

Vi erano inoltre torture fisiche continue inflitte con brutalità e lunghissimi periodi di lavoro estenuante e umiliante (come pulire i pavimenti tenendo lo straccio con i denti).

Altre umiliazioni implicavano la coprofagia forzata o l’immergere la testa del prigioniero in feci o urina. Si dava anche un certo peso alla blasfemia ricreando situazioni legate alla religiosità in chiave umiliante e perversa.

Inoltre, lungo tutto il percorso vi era la rieducazione morale vera e propria con sedute di studio sul comunismo o sui testi di Stalin.

Alla conclusione del processo il detenuto era considerato un uomo nuovo e poteva aspirare a far parte dell’ODCC o a tornare nel mondo esterno (cosa più promessa che applicata effettivamente).

 

 

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benziConclusioni

L’esperimento durò dalla fine del 1949 al 1952 e fu applicato (anche se con intensità minore) in altri prigioni.

Nel 1952 a causa di un cambio degli equilibri di potere il gruppo di Eugen perse importanti appoggi, inoltre le voci sui metodi utilizzati stavano iniziando a circolare ed erano metodi troppo brutali perfino per il regime comunista che quindi si mosse per porvi fine.

Eugen e l’ODCC vennero processati in un processo farsa dove venne “dimostrato” che avevano agito così di loro spontanea iniziativa, corrotti da agenti occidentali per recare danno all’immagine del partito comunista. Venne nascosto che esisteva un progetto e venne tutto derubricato ad abusi di prigionieri su altri prigionieri.

Dopo il processo Eugen e gli altri esecutori materiali vennero portati in una località segreta e fucilati.

Dopo il processo Eugen e gli altri esecutori materiali vennero portati in una località segreta e fucilati. I responsabili del progetto non vennero perseguiti (alcuni subirono pene minori che scontarono molto in fretta) dopotutto non si può punire qualcuno per qualcosa che non è mai avvenuto.

Non sappiamo esattamente quante persone passarono attraverso le mani di Eugen e dell’ODCC, si stima un numero tra 1000 e 5000. Il carcere di Pitesti venne abbandonato e, nel 1991, abbattuto.

Oggi, al suo posto, c’è un memoriale a quello che è considerato il più grande e più brutale esperimento di lavaggio del cervello di tutto il blocco sovietico.

Tens of people died in the “Pitesti experiment”, but its aim was not to kill the people, but to ‘reeducate’ them.