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E’ il 1996 e Daniel Hillis ha un’idea. Hillis è un inventore, uno scienziato e un ingegnere, uno di quelli che sono in grado di costruire un computer che gioca a tris con i pezzi del Meccano (lo ha fatto davvero, quando era uno studente al MIT). Decide di realizzare il “Long Now Clock”, l’ “Orologio del lungo Presente”: il nome, per l’esattezza, non esiste ancora. Sarà proprio Brian Eno a darglielo quando verrà coinvolto nel progetto. Hillis raduna alcuni grandi teorici e scienziati, persone capaci di un punto di vista che vada – appunto – oltre il pensiero a breve termine. Motivo? Vuole che il suo orologio segni il tempo per i successivi diecimila anni.
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Ci vogliono quattro anni di lavoro, ma il prototipo del “The Long Now Clock” inizia a funzionare il 31 dicembre 1999, in tempo per segnalare con due rintocchi, il Capodanno del 2000. L’indicatore della data a cinque cifre passa da “01999″ a “02000″. Un minuto dell’orologio corrisponde a un secolo e un’ora è un millennio. Sono previsti due rintocchi ogni secolo.
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Complessivamente sarà alto circa venti metri e alloggiato sulla cima del Monte Washington, nel “Great Basin National Park” in Nevada. E’ già iniziato il carotaggio della parete e la raccolta dei dati geologici e meteo visto che l’orologio si ‘riallinea’ a mezzanotte e a mezzogiorno con la luce del sole, concentrata da una lente, che ne altera una porzione metallica. Il meccanismo si basa su un sistema che è insieme meccanico e digitale, semplice e complesso, tanto da aver dato vita a ben nove brevetti, eppure – sostiene Hillis – “Un bravo orologiaio avrebbe potuto costruirne uno nel XV secolo”.
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E’ bellissimo. Poetico e bellissimo.
Un punta di assoluto genio in un’epoca appiattita da TV e social network.
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