Come può uno scoglio arginare il mare?
Questa è la domanda che deve essersi fatto Ivan Zakovenko nel 1905.
Era un ingegnere, ed era un visionario, talmente visionario che le sue idee erano troppo in anticipo per il suo tempo, una piattaforma galleggiante? Fantascienza.
Eppure, appena cinquant’anni dopo, altri ingegneri si sarebbero posti la stessa domanda e non ci sarebbe stata solo una piattaforma intorno agli “Scogli Neri”, ci sarebbe stata un’intera città.
E oggi andremo a scoprire la sua storia, la storia dei Kara Daşları, le rocce nere, e di Neft Daşları, una città costruita sull’acqua.
Un po’ di Storia
Fin dalla prima metà del 1800 gli “Scogli Neri” avevano attirato l’attenzione dei geologi. Situati circa a metà del mar Caspio queste formazioni rocciose erano sempre coperte da un sottile strato di petrolio.
Questo non doveva stupire troppo, il Mar Caspio è sempre stata un’area ricca di idrocarburi.
Già nel 1820 alcuni “pozzi” (situati nelle acqua basse, a circa 20 metri dalla costa) erano attivi nell’area dell’odierna Baku e estraevano piccoli quantitativi di petrolio a una profondità di circa mezzo metro.
Con l’arrivare del ‘900 e dell’industrializzazione svariati esperti di trivellazioni cercarono di ottenere i permessi per estrarre petrolio dalla zona, permessi sempre negati per paura di una perdita di greggio che avrebbe messo a repentaglio le aree pescose della zona.
Nel 1900 l’ingegnere russo Witold Zglenytcki propose di costruire una piattaforma per estrarre greggio e nel 1905 il nostro Ivan Zakovenko propose la stessa cosa utilizzando piattaforme galleggianti.
Entrambi i progetti vennero bocciati dalle autorità dell’Azerbaijan.
Bisognerà aspettare il 1920 quando, dopo la vittoria della Gloriosa Rivoluzione, l’industria petrolifera venne nazionalizzata e gli studi e le perforazioni ripresero nella baia.
Gli Scogli Neri erano ancora troppo fuori portata ma le autorità russe riempirono la baia di Ilych di pozzi e iniziarono a estrarre il greggio.
Nel 1923 gli impianti della baia fornivano il 10% di tutta la produzione dell’area di Baku.
A metà del 1930 le autorità russe iniziano a colonizzare l’isola di Pirallahi costruendo la prima vera e propria piattaforma petrolifera, qui per la prima volta gli ingegneri russi svilupparono i pozzi a perforazione non-verticale per raggiungere i depositi di greggio, però l’estrazione era ancora tutta concentrata nella baia.
Nel 1941 le divisioni corazzate tedesche sfondano le linee russe e avanzano rapide verso Mosca e verso gli Urali.
Le priorità del governo russo cambiano bruscamente e la produzione di petrolio viene ridotta e gli studi nell’area fermati.
Finita la guerra iniziano i gloriosi piani quinquennali, tra i quali figura l’aumento della produzione di petrolio.
E così i Kara Daşları ritornano a interessare i geologi.
I Kara Daşları
Situati a circa 40-50 km dalla penisola di Apsheron (dove sorge il centro petrolifero di Baku), gli scogli sempre ricoperti di greggio scuro erano un indicatore sicuro di grandi giacimenti di idrocarburi nel sottosuolo.
La distanza dalla costa è un ostacolo non da poco, ciò nonostante nel 1948 viene organizzata una spedizione geologica che conferma il potenziale dell’area.
La prima piattaforma petrolifera viene costruita poco dopo, nel 1949, così come il primo incidente: sette mesi appena e una fuoriuscita di petrolio al ritmo di 100 tonnellate al giorno funesta la piattaforma.
Eppure le ricerche non si fermano, i tecnici scandagliano e sondano i fondali scoprendo dozzine di aree ricche di greggio intorno ai Kara Daşları.
Non importa quanto possa essere difficile, quel petrolio va estratto nel nome del popolo.
Neft Daşları
Così incomincia, poco alla volta, l’edificazione di Neft Daşları. Il primo passo è costruire una base su cui far appoggiare e ancorare le strutture successive.
La base viene ottenuta nel modo più semplice: affondando navi.
Vecchie navi destinate alla distruzione vennero trasportate nell’area e fatte affondare così da garantire una base d’appoggio per lo stadio successivo dell’opera.
Nel 1950 si costruisce la prima struttura estrattiva: un pozzo dotato di moli per l’approdo delle petroliere e di cisterne per stivare gli idrocarburi.
È una fredda mattina di febbraio del 1951 quando la prima petroliera lascia Neft Daşları con il suo carico di petrolio diretta alle raffinerie di Baku.
“Si può fare” hanno dimostrato gli ingegneri russi, si può costruire in mezzo all’acqua.
Nel 1952 la costruzione di Neft Daşları subisce un’accelerazione senza pari, nuovi piloni vengono gettati, nuove piattaforme costruite, la potente macchina industriale sovietica si lancia a soddisfare le richieste di pontoni e di basamenti sottomarini sui quali edificare le strutture estrattive.
Ingegneri dai nomi sconosciuti (Sabit Orudzhev, Agakurban Aliyev, Mikhail Kaverochkin) affrontano sfide e problematiche mai incontrate prima d’ora e ricevono alte onorificenze per i loro studi pioneristici nel campo delle estrazioni sottomarine.
E le piattaforme si moltiplicano.
Si gettano i primi ponti tra le varie aree estrattive, il petrolio sembra non finire mai, ogni volta che una nuova piattaforma viene varata subito ci si preoccupa di collegarla alle altre in un reticolo sempre più solido e sempre più esteso.
Ne 1960 Nikita Khrushchev visita l’area e ne riconosce l’importanza strategica, sotto la sua spinta i rozzi alloggiamenti degli operai vengono sostituiti da costruzioni più confortevoli, la città (anche se non ha ancora tale denominazione) si dota di una centrale elettrica autonoma, vengono costruiti ospedali, forni, panetterie e persino un parco cittadino.
Si erigono hotel, centri culturali e centri ricreativi, viene edificata una fabbrica di limonata per soddisfare i consumi della popolazione in crescita.
Vengono potenziati i moli e appaiono le prime piste di atterraggio per elicotteri.
Le navi iniziano a trasportare e scaricare in mare milioni di metri cubi di sabbia e rocce e a creare isole artificiali che si uniscono a quelle metalliche già esistenti.
Si stendono 200 km di ponti metallici per collegare le varie isole che si estendono ormai su un’area di 70.000 metri quadrati.
E Neft Daşları ripaga tutto questo con petrolio, milioni di tonnellate di petrolio, si stima che la città artificiale abbia fornito, negli ultimi sessant’anni circa 170 milioni di tonnellate di petrolio e 15 miliardi di metri cubi di gas naturale abbiano lasciato la città in direzione delle raffinerie di Baku.
Conclusione
Oggi Neft Daşları è ancora attiva ospitando una popolazione di circa 2000 persone e i suoi ponti di metallo sono ormai estesi per 300 km.
I geologi stimano che nei giacimenti sotto la città ci siano ancora circa 30 milioni di tonnellate di greggio.
Quando anch’esse saranno estratte Neft Daşları non avrà più ragione d’essere e probabilmente si trasformerà in una moderna ghost town della corsa all’oro nero.
Qualunque sarà la sua sorte rimarrà la prima e (ad oggi) unica città ad essere stata costruita in mezzo al mare.
Un’opera di ingegneria ancora ineguagliata che ha gettato le basi per innovativi studi sulle problematiche di costruire in mezzo all’acqua e importanti contributi nel campo delle estrazioni petrolifere.
Un’opera voluta da un governo oppressivo certo, ma che ha permesso ai suoi ingegneri visionari di spingersi dove nessuno si era mai spinto prima, a edificare un ambiente umano in un territorio tanto immenso quanto inaccessibile.
Ringraziamenti: un ringraziamento @joellevd per avermi fatto l’immagine iniziale, a lei il merito a me il biasimo per il mio umorismo di dubbio gusto.
- Neft Daşları (wikipedia.org)
- Storia di Neft Daşları (oilru.com)
- GeoHack – Neft Daşları (wmflabs.org)