È una calda mattina di fine luglio del 1943, i cantieri navali di Philadelphia, di solito ferventi di attività sono silenziosi.
Il sole si riflette sul mare e sugli scafi delle corazzate in riparazione, quasi pronte a riprendere il loro pattugliamento sulla rotta atlantica.

Da qualche parte, oltre l’oceano, l’Inghilterra brama aiuto, le invincibili divisioni corazzate tedesche sono state fermate a Stalingrado ma l’Europa giace ancora sotto il tallone nazista.

Stalin richiede a gran voce l’apertura di un secondo fronte, bisogna fare presto, i tedeschi, messi alle strette, stanno tentando il tutto per tutto nel tentativo di sviluppare nuove incredibili armi di distruzione.

Eppure c’è un problema, i wolfpack: la Germania ha riempito l’oceano di sottomarini da caccia

La situazione sta lentamente migliorando ma sono ancora vividi nella mente di tutti i lunghi mesi del ’41 e del ’42 quando gli U-Boot affondavano fino a 600.000 tonnellate di naviglio al mese.

Prima di pensare seriamente a invadere la Fortezza Europa bisogna vincere la Battaglia dell’Atlantico e bisogna rendere sicure le rotte di rifornimento.

E in questa mattina del 22 luglio 1943 la US Navy tenterà di risolvere il problema una volta per tutte.

 

The Philadelphia Experiment: il Mito

La USS Eldridge è ancorata su uno dei moli laterali degli immensi bacini di carenaggio, lontano dagli sguardi dei curiosi, a bordo l’equipaggio aspetta il segnale convenuto.

Immense bobine di fili di rame, accumulatori e generatori elettrici sono posizionati sullo scafo e sui ponti inferiori.

Creando un campo magnetico sufficientemente potente si potrebbe, in teoria, curvare la radiazione luminosa intorno a un oggetto rendendolo di fatto, invisibile.

L’esperimento è basato sugli studi di Einstein e Tesla sulla teoria di campo unificato, creando un campo magnetico sufficientemente potente si potrebbe, in teoria, curvare la radiazione luminosa intorno a un oggetto rendendolo di fatto, invisibile.

I resoconti di quella tragica mattina sono incerti.
L’ora di attivazione è sconosciuta, l’ordine partì nelle prime ora dell’alba, i generatori iniziarono a ronzare sommessi, quindi fu la volta degli accumulatori e delle bobine, il campo elettromagnetico iniziò a crescere intorno a tutta la nave, sempre più rapidamente man mano che la potenza erogata saliva, scariche elettrostatiche percorrevano le strutture di metallo che crepitavano tra fulmini bluastri.
Da terra la nave sembra avvolta in una gabbia di Faraday, le comunicazioni disturbate dall’intenso campo magnetico poi, all’improvviso, la nave scomparve.
Alcuni testimoni riportarono l’apparizione di una “green fog” dove prima c’era l’incrociatore da battaglia.

Pochi minuti dopo la nave riapparve.
Le squadre di controllo della Marina salirono a bordo, molti membri dell’equipaggio lamentavano nausea e vertigini, la nave venne fatta evacuare.
Nei giorni successivi alcuni marinai dichiararono di essere stati “spostati” attraverso i ponti, uno di loro risultò essere rimasto fuso con una paratia di metallo e diversi impazzirono.
La US Navy dichiarò fallito l’esperimento e distrusse le prove relative ad esso dichiarando in un secondo momento che nulla di tutto ciò era stato mai tentato.

 

The Philadelphia Experiment: la Realtà

La teoria di campo unificato dice tutt’altro e non è ancora stata dimostrata

Ovviamente il resoconto qui sopra è preso dai vari siti di mattoidi complottisti che credono alle peggio cazzate (dalle scie chimiche, al signoraggio, agli auto-attentati dell’11 settembre, all’omeopatia etc.), la teoria di campo unificato dice tutt’altro e non è ancora stata dimostrata, inoltre quando leggo Tesla parto prevenuto, Tesla era un genio ma non lo scienziato pazzo che la letteratura tende a presentarci (e, tra l’altro, nel luglio del ’43 era morto).

Einstein collaborò effettivamente con la US Navy ma in ambiti totalmente diversi.
Inoltre non esistono testimoni attendibili, né prove di alcun tipo, ci troviamo di fronte alla solita teoria cospirazionista.

E allora perché vi racconto questa menata?

Perché il Philadelphia Experiment fu effettivamente fatto, o meglio, nacque come mito di un esperimento molto meno conosciuto, molto più utile ma soprattutto che ebbe successo, ossia il naval degaussing.

E, ironia della sorte, anche questo esperimento era volto a rendere le navi invisibili, ma non nel senso inteso dai complottisti.

 

Il Naval Degaussing

Uno dei grossi problemi che le marine di entrambe gli schieramenti si trovarono ad affrontare fu l’utilizzo delle mine come strumento di difesa ma anche di offesa.

Le forze navali cercavano quotidianamente di minarsi le rotte commerciali e i porti a vicenda e, al contempo, di evitare le minelle dei nemici.

I tedeschi avevano fatto un significativo balzo avanti con la produzione su larga scala di mine magnetiche, il vantaggio di tali ordigni, oltre a poter essere posti tramite lancio aereo, stava nel loro meccanismo di innesco, che scattava appena percepiva il campo magnetico generato dagli scafi di ferro.

Molto più difficili da individuare e decisamente letali queste armi erano una vera spina nel fianco per le marine alleate, soprattutto in vista di sbarchi attraverso la Manica (pesantemente minata da entrambe gli schieramenti).

La soluzione venne elaborata dagli Inglesi partendo da una minella tedesca che si era spiaggiata in Inghilterra, l’inventore del processo di degaussing fu però un canadese: Charles Frederick Goodeve (anzi Sir Charles Frederick Goodeve), il quale teorizzò e poi mise in atto un sistema per eliminare il campo magnetico degli scafi di metallo attraverso l’uso di corrente elettrica.
Il principio fisico si basava sull’assunto di reindirizzare gli atomi di metallo, in maniera che la polarità non fosse tale da poter essere percepita dai rilevatori magnetici delle mine (per una trattazione più esaustiva rimando ai link).

In questo modo le navi diventavano “invisibili” alle mine e ai siluri magnetici, indubbiamente un vantaggio notevole per gli alleati i quali infatti standardizzarono velocemente questa procedura al punto che dal 1943 in avanti le navi inglesi erano ben protette da armi a innesco magnetico.

 

Conclusione

Il degaussing degli scafi navali è oggi una pratica standard in tutte le marine militari del mondo, nel 1943 lo USS Eldridge fu effettivamente sottoposto a questa procedura in quanto nave di scorta che doveva proteggere i convogli americani e inglesi in rotta verso la Gran Bretagna, procedura che molto probabilmente lo salvò dai siluri e dalle mine naziste.

La storia del Philadelphia Experiment potrebbe essere nata da qualche passante curioso che, ignorando il vero utilizzo dei generatori di corrente e degli accumulatori potrebbe aver frainteso il tutto, aggiungiamo la nebbia di Philadelphia e avremo la sparizione della nave.

Da li poi l’onda è stata cavalcata dai tanti sfaccendati creduloni che infestano anche gli Stati Uniti, un po’ come è successo per i gli alieni di Roswell.

Mentre la vera storia del degaussing è molto più interessante, fu il primo passo verso la vera invisibilità nel senso militare del termine, ossia rendere un oggetto non percepibile ai sistemi d’arma avversari.

Ma nonostante sia stata una conquista importantissima, che ha salvato migliaia di vite ed è diventata uno standard mondiale, la sua storia è molto meno conosciuta della favoletta di una nave da guerra fatta sparire per magia da Tesla da una marina militare incurante degli effetti sui suoi uomini.

E questo mi rende triste :sad:.

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