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Da Joe Carnahan, già regista del remake di The A-Team, uno si potrebbe aspettare l’apoteosi del film fracassone per eccellenza. Se poi il protagonista indiscusso della sua nuova pellicola torna ad essere il bravissimo Liam Neeson (che già aveva interpretato sotto la direzione di Carnaham Annibal Smith) il dubbio diviene quasi certezza. Ma a ribaltare completamente le convinzioni di qualsiasi spettatore ci pensa il primo minuto di The Grey, da cui si comprende immediatamente l’impronta fortemente ermetico-intimista che il regista ha voluto dare all’ennesimo dramma dell’uomo costretto ad affrontare la natura selvaggia.
Ebbene sì, alla base di questo film c’è un argomento più volte usato e riciclato all’interno delle pellicole che già in passato non hanno lesinato nel rappresentare storie di persone evolute incapaci di affrontare la forza della natura, sia essa l’ambiente o i suoi abitanti per eccellenza, gli animali. The Grey però affronta questo consunto topic da un unico punto di vista, anch’esso non certo inedito, quello della sofferenza umana. Che il film sia un dramma è palese sin dalla prima inquadratura che ci presenta Neeson come assoluto protagonista di questa sofferenza estrema che, coinvolgendo altre 6 persone, va poi dipanandosi per quasi due ore.
La trama si potrebbe considerare come un miscuglio tra “Alive” e “Frozen”: in una desolata landa dell’Alaska un gruppo di operai petroliferi s’imbarca su un aereo diretto a raggiungere le proprie famiglie dopo sei mesi di lavoro. Tra i passeggeri è presente John Ottway (Neeson) uomo in crisi con sè stesso e amareggiato dalla storia andata a male con la donna della sua vita, della quale ancora non riesce a farsi una ragione. John lavora come addetto alla sicurezza, col principale compito di uccidere i lupi che si avvicinano troppo alla base petrolifera. Poco dopo il decollo, l’aereo si schianta in una landa desolata e i pochi sopravvissuti, capeggiati da Neeson, si trovano costretti ad affrontare le difficoltà legate al freddo e ai lupi che dominano indiscussi il territorio.
Quel che più si apprezza di questo film è il tono assolutamente intimista che si è riuscito a dare a ciascuna situazione. Qualsiasi evento di rilievo all’interno della trama è rappresentato con un approccio assolutamente “interno”, che visualizza la situazione esclusivamente dal punto di vista di chi la sta vivendo. La scena del disastro aereo è tutt’atro che spettacolare, ma nel contempo assolutamente credibile perchè ripresa dall’interno del protagonista e nello strettissimo contesto dallo stesso vissuto nel momento in cui si verifica l’incidente.
Molte altre scene seguono lo stesso principio, e questo forse costituisce il difetto più grave del film che in parecchi passaggi pecca di eccessiva lentezza, colmata da improvvisi (ma prevedibili) attacchi dei lupi. Va però detto che il film non è fatto per spaventare perchè The Grey alla fine è un viaggio all’interno della sofferenza umana e non si può certo dire che questa non sia stata rappresentata nel dettaglio.
E’ difficile dare un giudizio generale ad una pellicola di questo genere che sembra quasi voler esser un esercizio di stile all’interno delle più moderne produzioni incentrate sull’azione. Come più volte detto The Grey è un viaggio, un’avventura fatta di lenta e inesorabile sofferenza ed in cui ogni elemento del racconto (compresa la lentezza) non è altro che il piccolo pezzo di un qualcosa di già sgretolato che viene abilmente mostrato allo spettatore convincendolo che da un momento all’altro crollerà tutto.
Belle le inquadrature, buona la regia e ottima l’interpretazione di tutti i protagonisti, il resto però è troppo soggettivo, ma per quel che conta ho apprezzato l’originale modo di raccontare quella che poteva diventare l’ennesima trama scontata.
Ciò che invece non si tollera è il fatto che questa pellicola giunga in Italia a dicembre ovvero dopo 11 mesi dall’uscita statunitense!!!
Via [url=http://schermosplendente.blogspot.it/2012/03/grey.html]schermospendente[/url]