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[quote]“Dove mi state portando, dottore? Non sono pazzo! Prima c’era, era proprio lì, giuro! E’ sparita davanti ai miei occhi![/quote]
Avete presente quel giochino che si fa nelle sale giochi o nei luna park? Quello dove bisogna colpire delle talpe con un martellone prima che si ritirino dentro il loro buco? Ecco. Quasi due secoli fa questo giochino è diventato realtà.
A seguito di una eruzione, nel 1831, un vulcano sottomarino al largo della Sicilia si innalzò tanto da diventare un’isola vera e propria. Cinque mesi dopo, come se nulla fosse successo, si inabissò di nuovo, lasciando a bocca asciutta tutte le nazioni che tentavano di darle per primi una bella martellata.
[title]Geografia e Storia dell’Isola-Che-Non-c’è-Più[/title]
La Fu Isola di Ferdinandea si trovava in quel tratto di mare [b]tra la città di Sciacca (AG)[/b] -dalla quale distava 30 km- [b]e l’isola di Pantelleria[/b], che i siciliani chiamano “Secca di Mare” o “Secca del corallo”, e che il resto del mondo chiama invece “[b]banco di Graham[/b]”.
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I primi trolling movimenti dell’isola vennero documentati in concomitanza con la [b]Prima Guerra Punica[/b]. In quell’occasione, l’isola fece su e giù quattro o cinque volte senza destare scalpore, il che fa pensare che essa rimase in superficie solo per brevissimo tempo. Dopo che Carthago delenda fuit (licenza poetica, la so la perifrastica, non assalitemi), il silenzio dell’isola e riguardo l’isola si interruppe nel 17°secolo con alcune anonime eruzioni.
Poi, nell’Anno Domini [b]1831[/b], accadde.
Il 28 giugno si cominciarono ad avvertire a Sciacca delle scosse di media intensità che fecero tremare la Sicilia, Palermo compresa, fino al 10 luglio, provocando qualche lesione in alcuni edifici. Il mare, lì dove sarebbe sorta l’isola, si fece violentemente agitato, come riportò il Capitano Pulteney Malcon, che in quei giorni vi passò sopra col suo bastimento. Già dal 4 luglio si iniziò a sentire nell’aria un fortissimo e acre odore di acido solfidrico provenire dal mare; la quantità era tale da annerire gli oggetti d’argento nelle case.
Il 13 luglio, dalla piazza di San Domenico a Sciacca, si vide una immensa colonna di fumo alzarsi dalla “Secca di Mare”, tanto che i cittadini credettero nell’incendio di un piroscafo. Il Capitano Francesco Trafiletti, proveniente da Malta col suo brigantino [i]Gustavo[/i] riferì che a 30 miglia da Capo San Marco (9 km da Sciacca) aveva notato un ribollimento nelle acque che aveva ricollegato “all’agitarsi di grossi cetacei” (chi dopo aver letto questa cosa ha immaginato un cat-fight tra Moby Dick e il suo gemello di colore alzi la mano). Oltre alla colonna di fumo, vennero osservati dei veri e propri cimiteri di pesci, a galla nelle acque ribollenti della Secca, morti per le esalazioni del vulcano.
Dal 16 luglio in poi il caos. Riporto le parole del Canonico Michele Arena:
[quote]“testimoni dell’evento furono i capitani Trafiletti e Corrao, naviganti in quel mare (latitudine 37,11 nord e longitudine 12,44 est) che osservarono un getto d’acqua a cui tennero dietro colonne di fiamme e di fumo che si elevavano ad un’altezza di 550 metri circa. Il 16 luglio si vide emergere la testa di un vulcano in piena eruzione e il 18 lo stesso capitano Corrao, di ritorno, osservò il cono del vulcano che sporgeva dal mare. Presto si vide emergere un’isoletta che crebbe sempre in eruzione e raggiunse, il 4 agosto, una base di tre miglia di circonferenza (4 chilometri quadrati) ed un’altezza di sessanta metri, con due preminenze, una da levante ed una da tramontana, a guisa di due montagne legate insieme; con due laghetti bollenti”[/quote]
Insomma, fu così che, nei primi di Agosto del 1831, l’Europa si trovava tra capo e collo una isoletta vulcanica bella e finita, con un cratere di 184 metri di circonferenza, attivo per un’ora ogni pochi minuti di pausa, che comunicava direttamente con il mare. Restava solo da capire cosa farne.
[title]Alla conquista di Ferdinandea![/title]
Il primo a mettere piede sull’isola fu [b]Michele Fiorini[/b], comandante del peschereccio mandato all’esplorazione dell’isola per conto della [i]Deputazione Sanitaria di Sciacca[/i]. Novello scopritore, piantò un remo sull’isola e se ne andò.
La notizia si diffuse presto, e tutte le nazioni d’Europa si preoccuparono di mandare i propri studiosi a raccogliere informazioni. Il primo a giungere sul posto fu Karl Hoffman, docente di geologia all’Università di Berlino. L’Inghilterra incaricò il nostrano Domenico Scinà, fisico e storico, che compilò una relazione intitolata [i]”Breve ragguaglio al novello vulcano apparso nel mare di Sciacca”[/i]. Per conto del Regno delle due Sicilie, il professor [b]Carlo Gemmellaro[/b] dell’Università degli Studi di Catania pubblicò una accurata relazione sull’8° volume degli [i]“Atti dell’Accademia Gioenia di Catania”[/i], nella quale suggeriva di chiamare l’isola “[b]Ferdinandea[/b]”, in onore dell’attuale regnante di Napoli e della Sicilia Ferdinando II di Borbone.
Finita l’eccitazione per la scoperta scientifica, iniziò la “corsa all’isola”, una gara di conquista volta a decidere chi avrebbe vinto la sovranità e l’usufrutto dell’isola stessa.
[more]Al giorno d’oggi, questo problema nemmeno si porrebbe. Dafuq, è a 30 chilometri dalla Sicilia, è nostra porca vacca! Esiste adesso il concetto di “[b]piattaforma continentale[/b]” , cioè quella parte di fondo e sottofondo marino che consiste nel prolungamento della terra emersa e che si mantiene a profondità costante prima di precipitare negli abissi.
Al tempo, la situazione era un tantino più complicata, innanzi tutto perché il concetto di piattaforma continentale non esisteva,e poi perché l’Italia allora non era nemmeno una entità politica.
Il periodo era quello della restaurazione, dei moti liberali e delle società segrete. La Francia puntava a riprendersi il potere e il prestigio internazionale perso con la caduta di Napoleone, e non contenta di aver comprato la Corsica, voleva impadronirsi anche di Ferdinandea per usarla come avamposto strategico per le flotte commerciali e militari; l’Inghilterra aveva le stesse motivazioni della Francia, con l’aggiunta che l’isola era “sorta” vicino a Malta, già in possesso degli inglesi, e l’aggiunta anche della rinomata cleptomania dei britannici, che all’epoca usavano il pianeta come un tabellone di Risiko; l’Italia era divisa in n stati, e, dopo l’ondata di patriottismo anti-napoleonico, il sentimento di unità nazionale residuo veniva alimentato dai vari moti rivoluzionari liberali (1820-21), promossi dalle società segrete. Tutto ciò, unito alla sete di potere e alla vanagloria tipica dell’essere umano, spinse le tre nazioni a darsi battaglia per il possesso dell’isola.[/more]
I primi a provarci furono gli inglesi; il 2 agosto il [b]Capitano Sunhouse[/b] del cutter [i]Hind[/i], piantò bandiera inglese sul suolo dell’isoletta, e la chiamò “[b]Isola di Graham[/b]”, in onore del primo Lord dell’Ammiragliato Sir James Graham. Il 7 agosto, non contenti, mandano un altro inglese a piantare una seconda bandiera ([i]“perché le mie due bandiere vincono sul tuo insulso remo, quindi l’isola è più mia che tua, tiè!”[/i]) ma vista la furia del vulcano, l’inglese ignoto si cagò in mano decise di allontanarsi. L’abbandieraggio venne sbandierato L’avvenimento venne riportato sulla Gazzetta di Malta il 10 agosto, per rendere la cosa ufficiale. Furono loro, quindi, a dare la prima, vera martellata alla talpa.
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Così, il 17 agosto, un arrabbiatissimo Ferdinando II di Borbone emanò un [b]Regio Decreto[/b] che annetteva l’isola al Regno delle due Sicilie. Si pensò di chiamare l’isola “Corrao” in onore del Capitano Corrao, che assistette all’emersione e che assunse il comando della rivolta per la rivendicazione dell’isola.
Nel mentre, precisamente dal 26 al 29 settembre, un gruppetto di allegri geologi e scienziati francesi, si recò sul novello atollo per degli studi.
La spedizione, guidata da Constant Prévost, co-fondatore della Società Geologica Francese, includeva anche il pittore [b]Edmond Joinville[/b], che ci ha regalato i disegni e gli acquarelli che ancora oggi costituiscono l’unica documentazione iconografica che abbiamo dell’isola. Una volta finiti i rilevamenti e le ricognizioni, incuranti della disputa internazionale, i mitici infingardi francesi ribattezzarono l’isoletta [b]Julia[/b] -per via della sua “nascita” nel mese di luglio- e piantarono la bandiera francese sul punto più alto di essa ([i]“perché la mia bandiera è la più in alto di tutte, e quindi l’isola è mia!”[/i]).
Il fatto strano è che i rilevamenti appena compiuti avevano dimostrato l’instabilità dell’isola, e il suo probabile inabissamento. Perciò, nonostante sapessero che quel pezzo di terra era inutile e sarebbe scomparso presto, i francesi vollero comunque rivendicarlo. Questo dimostra come, oramai, fosse diventata una questione di principio.
Dopo la gita francese, Ferdinando II di Borbone era davvero nel [i]rage[/i]. Stanco del traffico turistico non autorizzato su quella che considerava la sua isola, mandò il Capitano Corrao sul posto a piantare bandiera borbonica e a rinominare l’isola “Ferdinandea”, in suo onore.
Successivamente, quando gli inglesi condannarono l’accaduto, Ferdinando II fece presente che, a norma di una legge internazionale, l’isola apparteneva alla Sicilia perché si trovava in acque siciliane. Gli inglesi, invece, si appellavano alle legge romana secondo cui [i]insula in mari nata[/i], ovvero, un isola emersa dal mare, era considerata terra di nessuno, e quindi occupabile dal primo che vi avesse messo piede e l’avesse ufficialmente rivendicata.
La disputa andava avanti feroce, quando un capitano inglese si accorse, il 7 novembre, che l’isola si era abbassata, e misurava soltanto 20 metri. Il 16 novembre si scorgevano soltanto piccole porzioni, e [b]l’8 dicembre il capitano Vincenzo Allotta, comandante del brigantino [i]Achille[/i], ne constatò definitivamente l’inabissamento[/b].
[title]Storia recente e scoperte geologiche[/title]
Nel 1846 e nel 1863, Ferdinandea (o Julia o Graham, come vogliamo chiamarla) emerse di nuovo, ma si inabissò rapidamente.
Un secolo dopo, nel 1968, un [b]terremoto nella Valle del Belice[/b] fece smuovere e ribollire le acque della Secca del Mare, ma l’Atlantide de noantri stavolta rimase sott’acqua. In occasione di quel terremoto, i siciliani ebbero un’idea. Ferdinandea non era emersa, ma avrebbe potuto farlo in futuro; a scanso di equivoci, posero una iscrizione sulla sommità del banco del Graham (6-8m sotto il livello del mare):
[quote]“questo lembo di terra, una volta Isola Ferdinandea, era e sarà sempre del popolo siciliano”[/quote]
Nel 1986, poi, anno in cui la Libia ebbe qualche problemino con la NATO e con gli Americani, il banco di Graham fu scambiato per un sottomarino libico dai piloti della U.S. Air Force diretti a Tripoli per il bombardamento della città, e [b]venne silurato[/b]! (rotolo)
Dal 1999 in poi, si sono svolte delle importantissime ricerche, volte a ricostruire la storia di Ferdinandea e a capire quante e quali fossero le possibilità di una nuova emersione.
Questi studi, condotti dall’esperto di subacqua [b]Domenico Macaluso[/b] insieme ad un team di scienziati dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) di Catania, hanno portato a delle rivelazioni di grande importanza. Cercando l’isola scomparsa, gli studiosi dell’Ingv hanno trovato un gigantesco vulcano sottomarino, [b]Empedocle[/b], ampio alla base quasi quanto l’Etna. Ferdinandea era solo un piccolo cratere, un “accessorio” di un sistema sottomarino attivo ben più ampio e pericoloso. Cito le parole dello stesso Macaluso:
[quote]“Abbiamo scoperto Empedocle l’ultimo giorno di ricerche nella spedizione del 2006, quasi per caso. Non lontano da Ferdinandea, abbiamo trovato un altro cratere. Abbiamo riconosciuto una faglia, in pratica una frattura in cui si incontrano due grandi pezzi di crosta terrestre. Lungo quella lesione erano allineate almeno tre gigantesce colonne di gas. A oltre cento metri di profondità, ognuna aveva un diametro di oltre trenta metri”[/quote]
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Non è ancora chiaro se l’attuale l’attività di Empedocle sia al suo massimo livello o se debba ancora sprigionare la sua forza. Nel secondo caso, la ripresa dell’attività eruttiva potrebbe comportare grossi rischi. Una esplosione di quel tipo causerebbe un’onda anomala che raggiungerebbe le coste della Sicilia in 13 minuti.
Brace yourself, Ferdinandea is coming.
Per Approfondire:
– Isola Ferdinandea (Wikipedia)
– Ferdinandea, l’isola che non c’è più (grifasi-sicilia.com)
– Ferdinandea (passingstrangeness.wordpress.com)
– Isola Ferdinandea o Banco Graham (abyssum.it)
– Ferdinandea – Climbing Madness Pure (summitpost.org)
– L’isola Ferdinandea ovvero: l’isola che non c’è (tanogabo.it)
– C’è un vulcano davanti alla Sicilia (ilforumdellemuse.forumfree.it)
– Empedocle, il vulcano sottomarino che minaccia la Sicilia (CattolicaEracleaOnline.it)
– La vera storia del’Isola Ferdinandea, l’isola che non c’è (dottorstranoweb.blogspot.it)