Se vi state chiedendo chi sia costui, continuate a leggere che presto lo scoprirete. In caso contrario, se il nome vi dice già qualcosa, avete un motivo in più per proseguire con la lettura.
Manuel Majoli è un ragazzo che ho avuto il piacere di conoscere alcuni anni fa, causa la passione comune per il wrestling. Oltre alla carriera da lottatore di wrestling, Manuel è anche un traduttore di manga, e ho pensato quindi di realizzare un’intervista nella quale ci potesse spiegare qualcosa di queste due attività un po’ fuori dal comune. Alcune domande sono poste direttamente dagli utenti di Lega Nerd, e che ho raccolto tramite un post sul forum ormai parecchio tempo fa.
Ho deciso di dividere l’intervista in due parti (e di conseguenza in due articoli): nella prima riporto solo le domande relative al mondo delle traduzioni dei manga, mentre la seconda parte verrà dedicata alla carriera di Manuel come lottatore di wrestling. Le risposte sono sotto approfondimento per rendere un po’ più compatto l’articolo. Buona lettura.
Come e quando è nata la tua passione per il Giappone, gli anime e i manga?
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Come tutti, guardando gli anime da bambino sulle reti nazionali. Poi me ne distaccai, per riprendere la passione alla fine del liceo. La scelta di lingue orientali all’università venne da sé.
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Qual’è stato il percorso che ti ha portato a diventare traduttore di manga? Quanto è importante, oltre alla lingua in sé, la conoscenza di usi, costumi, tradizioni etc per svolgere questo lavoro?
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Successe per caso, ai tempi de L’Uomo Tigre. Conobbi Matteo Casali, sceneggiatore che ai tempi si occupava dell’adattamento del primo volume per i tipi di Saldapress, durante un allenamento a Torino, e venuto a sapere in seguito della cosa mi offrii di revisionare la traduzione, che all’epoca era già stata affidata. Data la mia conoscenza del gergo tecnico del wrestling giapponese, mi offrii di continuarla per i numeri successivi, e mi presero in parola affidandomela in toto. Lí per lí mi sentii anche un po’ in colpa, perché praticamente avevo soffiato il lavoro a una collega…
La conoscenza di usi e costumi giapponesi è fondamentale per svolgere questo lavoro. E non solo nelle opere di attualità, ma anche nei fantasy, dove i giapponesi riversano parecchie loro idiosincrasie, persino in quelli seri.
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Come si svolge praticamente il lavoro di traduttore? (Ricevi i manga o delle scansioni? Dove trascrivi le traduzioni? Che riferimenti usi per i balloon? Traduci anche le onomatopee?)
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Ricevo i tankōbon e ne numero le pagine (se non sono numerate) in blu o in qualche altro colore visibile, e progressivamente i balloon e le onomatopee di ogni pagina in rosso. Poi redigo un file in cui traduco numero per numero, battute e onomatopee. Chiaramente se mi si dice di evitare le onomatopee (successe con la Planeta, per esempio) le evito. Dopodiché invio alla casa editrice per posta il volume, e per e-mail il file con la traduzione relativa. La norma vuole che si tenga una copia del volume numerato, in fotocopia o scan, per i controlli successivi con l’editor e i proofreader.
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Quali manga hai tradotto, o quali ricordi con maggior piacere?
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Uh, non saprei fare l’elenco di tutti. Ma, fra tutti, con maggior piacere ricordo, oltre ovviamente a Taigā Masuku, Katsu! di Adachi e Sabel Tiger di Hoshino. Anche Limit della Suenobu, su cui ho da poco finito di lavorare, mi è piaciuto parecchio, e ora mi sto gustando Gosick. Mi divertii un mondo anche a tradurre Holy Brownie di quel matto di Koshi Rikudo.
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Ti è mai capitato di dover tradurre un lavoro che non ti piaceva? C’è stato qualche manga “difficile” da tradurre, o da adattare all’italiano?
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Oh sí, ma chiaramente non può essere alibi per un lavoro svolto male, anzi. Per quanto riguarda la difficoltà, tutto è relativo: Sabel Tiger per esempio è una raccolta di racconti di fantascienza. E lí devi essere preciso, specie se è hard-sf… Ma ogni cosa ha le sue difficoltà. Per dire, uno shōjo spesso presenta la problematica non indifferente di rendere nella giusta sfumatura italiana i viaggi mentali che si fa la protagonista. Certe volte sono complicate da fattori meramente storici: per esempio, in Italia non esistono onomatopee per tutte le situazioni che invece i fumetti giapponesi contemplano. Se la scena è comica, si può anche ovviare inventandosela, à la Jacovitti per dire. Ma se ci si trova dinanzi una scena seria, non è che si possa tradurre un’onomatopea di fiori che sbocciano (hanno anche quelle…) con, chessò, tuttsbocc tuttsbocc. Andrebbe benissimo in Jacovitti, o in una scena del Budiúlik greggiano. Ma in un manga serio ti ammazzerebbe tutto il pathos, e ti tocca inventarti qualcosa. O fare come lo Stato e gettare la spugna con gran dignità, e scrivere una fredda descrizione spacciata per onomatopea; un po’ come si fa con lo shiin del silenzio, tradotto appunto silenzio. In una scena seria conviene comunque toglierlo, a mio parere. Se l’immagine fornisce una pausa sufficiente, è comprensibile ugualmente. Anche i pornazzi sono difficilissimi, per quanto uno possa pensare “ma va’, due ansimi, che vuoi che sia!”. Sono strapieni di onomatopee per tutti gli umori corporei possibili… per non parlare degli scleri che si fanno gli autori i protagonisti per giustificare incesti e tramacce varie, a volte!
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In media quanto tempo impieghi per tradurre un volume?
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Dipende da quanto è lungo e da quanto è denso il dialogo. In media da una settimana a una decina di giorni.
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Lavori da solo o in un team? Ci sono più persone che traducono lo stesso progetto?
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Da solo. Succede di dare il cambio in medias res a un collega impossibilitato, ma in genere si cerca di dare da seguire una serie a un traduttore singolo. Il rischio altrimenti è quello di trovarsi a non capire che sta succedendo, e di doversi leggere i primi volumi per riuscire a raccapezzarcisi. Per non parlare dell’eventuale cambio di stile italiano, per il quale comunque esistono gli editor apposta. Anche se ovviamente, nel caso, è opportuno leggersi le traduzioni già fatte dal collega per evitare di discostarsene troppo.
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Come vengono scelti i manga da serializzare in italia? Si guarda solo il successo che hanno in Giappone oppure si fanno delle ricerche prima, ad esempio in rete, nei forum e siti di scan?
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Questo esula dalle mie competenze, ma è una combinazione di tante cose. I best-seller sono presi a prescindere, ma per le cose di nicchia si va a vedere se c’è un pubblico potenziale, anche seguendo i forum per quanto ne so. Poi bisogna anche vedere fino a che punto una serie è considerata “vendibile” in Italia. Dubito per esempio che Kochikame possa mai essere pubblicato: e non solo per la questione che gli attuali 180 albi sono serializzati ininterrottamente dal 1976, ma anche perché le tematiche sono talmente “giapponesi” da far ridere spesso solo loro.
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C’è un modo per proporre ad una casa editrice una serie?
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Che io sappia, no. A parte tempestare i forum di messaggi, ma il discorso è sempre lo stesso: finché si vedono solo minoranze, seppur rumorose, ci si chiederà sempre quanto ritorno economico potranno dare. Provate a proporre Kochikame, o magari Mudazumonaki Kaikaku (se non sapete cos’è, usate google e inorridite/rotolatevi dalle risate)… per essere divertenti magari lo sono anche, ma quanti lo comprerebbero? E parlo di gente che non se lo sia già letto a scrocco in rete con le scan e quindi se ne freghi di avercelo cartaceo a pagamento, eh… ché lo so che non è un passaggio automatico e scontato, ma non prendiamoci in giro: per la maggior parte degli internauti che scroccano in questo modo, questo discorso vale. I nerd duri e puri poi sono un’altra cosa, ma quanti sono?
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A volte i manga anziché tradurli dall’Italiano, vengono tradotti da altre versioni (@sabas, cita Detroit Metal City che è stato tradotto dallo spagnolo). C’è un motivo di praticità, costi o altro?
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Francamente non saprei. Pure Berserk mi pare che fosse iniziato con le traduzioni spagnole, ma ignoro i motivi di ciò.
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La scelta di tradurre completamente in italiano oppure no alcuni nomi propri (ad esempio di mosse, tecniche, etc) dipende dal traduttore, dall’editore, o da altri?
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Da tutti. Io traduttore posso proporre una versione; magari l’editore vuole seguire la versione televisiva dell’anime, e a quella ci si adegua. A volte capita addirittura che sia la casa editrice giapponese a imporre la sua versione, non importa se magari il nome non è giapponese e risulta persino scorretto secondo la grafia della lingua che vorrebbe rappresentare.
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Esistono problemi di censura con le traduzioni dei manga? La tua versione tradotta viene sottoposta a controlli?
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La traduzione viene sempre controllata, e ci mancherebbe. Non è che posso trasformare Naruto in Germano Mosconi 2 la vendetta e sperare che nessuno mi sgami, per dire. :P Ma, al di là dell’esempio limite, a volte può succedere che una traduzione corretta venga sottoposta a modifiche. Poi se allarghiamo il discorso alla censura in generale rischiamo di non finirla piú. Anche in Giappone hanno cominciato da anni ad alleggerire certe cose: per fare un esempio, in Zombie Loan manga nel primo volume la colpevole era una suora. Nell’anime è diventata, toh, che caso, una normale professoressa. Piú una cosa diviene di grande diffusione, piú è ovvio che subisca pressioni verso il minimo comun denominatore. E alla fine li capisco anche, gli editori, se preferiscono evitare rogne: le denunce costano. La forza del moige e di altre associazioni di piantagrane professionisti similari è questa: rappresentano quattro gatti, ma sbraitano per quattro milioni; e soprattutto agiscono sul piano legale. I fan non hanno sufficiente peso numerico, non hanno un’associazione che li rappresenti e soprattutto sono in forte disaccordo tra di loro.
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Domanda banale: qual’è il tuo manga preferito e quale ti è piaciuto maggiormente tradurre?
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Manga preferito in assoluto? Difficile. Su due piedi direi Nausicäa. Quale mi sia piaciuto di piú tradurre, anche qui è dura. Forse Katsu!.
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A breve la seconda parte dell’intervista!
[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/ready-to-rumble/]RTR[/url] – [i]Ready To Rumble[/i] è la rubrica di Lega Nerd che ti scaraventa nel mondo del wrestling.[/rubrica]