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Durante una simpatica discussione, mi è tornato in mente [url=https://leganerd.com/2011/12/19/libro-vs-film-non-e-un-paese-per-vecchi-no-country-for-old-men/#comment-415924]un aneddoto[/url] che non tutti conoscono.
Da quel momento ho cominciato a ricordarne di tutti i tipi, ho scelto i più interessanti e ve li propongo.
[title]George Lucas e Star Wars[/title]
Cominciamo con i mostri sacri. Tutti noi amiamo Guerre Stellari, ma c’è qualcosa che non tutti sanno sulla sua creazione.
Ad esempio, che in origine le famose Guerre, non erano proprio “stellari”: Murch, amico e storico collaboratore di Lucas (nonchè compagno di università) ha raccontato nel libro “Il Cinema e l’Arte del Montaggio” (un must, straconsigliato) che originariamente Lucas voleva dirigere Apocalypse Now, cui aveva collaborato alla stesura di Milius, e voleva farlo produrre alla Zoetrope, la casa di produzione di Coppola.
Sfortunatamente in quel periodo le cose non andavano troppo bene, e così il progetto venne accantonato, ma nel 1973, dopo il successo di American Graffiti, Lucas ottenne una sorta di contratto che gli consentiva di produrre altri due film, e decise di rispolverare Apocalypse Now.
Il problema era che la tematica antimilitarista, l’ambientazione Vietnamita e i toni duri del film sarebbero stati difficilmente finanziati, così Lucas prese il tema che gli stava veramente a cuore e scrisse qualcos’altro, qualcosa di diverso.
Per farlo, si basò sul suo precedente lavoro, THX 1138, sul “Journal of the Whills”, un racconto di tredici pagine che contiene in embrione l’intero universo di Star Wars, mentre per creare i personaggi si ispirò al film “La fortezza nascosta” di Akira Kurosawa.
Solo quattro anni dopo, uscì “A new hope”, per la gioia di tutti gli appassionati di fantascienza.
[title]Mai scommettere con Spielberg[/title]
Ma George Lucas non era convinto della sua creazione. Un giorno, si presentò sul set di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” per osservare le riprese dell’amico Spielberg e si convinse che “Incontri…” sarebbe stato un successo, mentre il suo Star Wars sarebbe stato un flop.
Quella vecchia volpe di Spielberg gli propose allora il seguente scambio: Due punti e mezzo di percentuale su tutti i guadagni di Incontri ravvicinati del terzo tipo, in cambio di due punti e mezzo dei guadagni di Star Wars.
Incontri fu un successo, salvò la Columbia dalla bancarotta, ma Spielberg ancora oggi incassa i due punti e mezzo della storica scommessa.
[title]10 giorni, niente set, poche miglia[/title]
Per quanto io possa detestare Spielberg, c’è da dire che ai suoi tempi, era un genio.
Non mi addentro nella storia completa dietro la creazione di quel capolavoro che è Duel, ma questo è un particolare interessante: Spielberg, che all’epoca dirigeva episodi del tenente Colombo, si fece venire l’idea del film, e la propose alla ABC come film della settimana (una sorta di filmTV). La ABC gli diede dieci giorni, una sola auto e un solo camion (entrambi scelti personalmente da Spielberg), inoltre spinse perchè S. girasse tutto in studio.
Ma sarebbe sembrato finto, così, con una lezione di preproduzione, S. si incaponì e ottenne di girare in esterni. Per girare un film on the road come Duel sarebbero servite miglia e miglia di strade, questo avrebbe richiesto tempo, cosa che a S. mancava, così, prese un tratto di strada di poche miglia e riprendendo ogni scena da quattro angolazioni diverse (otto se consideriamo il cambio corsia) riuscì a dare l’impressione di una strada sempre diversa.
La produzione, impressionata, gli concesse altri tre giorni, e il produttore incaricato disse che “nessuno ce l’avrebbe fatta in così poco tempo. Nessun altro”.
La scena finale, [spoiler]con il camion che cade nel burrone, non poteva essere ripetuta. Per precauzione, quindi, piazzarono altre telecamere oltre la principale, ma in fase di montaggio venne scelta la ripresa che Spielberg aveva selezionato come migliore già in ripresa. L’audio di questa scena, e la composizione, verranno poi ripresi ne “Lo Squalo”.[/spoiler]
[title]Stupidità Artificiale[/title]
Intelligenza Artificiale è un brutto film di Spielberg del 2001, e questo lo sanno tutti.
Quello che non tutti sanno è che il sommo e divino Stanley Kubrick aveva in cantiere lo stesso film a metà degli anni novanta.
Convinto dal progredire tecnologico che in futuro sarebbe riuscito ad ottenere degli effetti speciali migliori, si convinse a rimandarlo e a concentrarsi su Eyes Wide Shut.
Se non l’avesse fatto, oggi staremmo acclamando un nuovo capolavoro, invece dobbiamo accontentarci di Osment e di Gigolò Joe. TANAMADANA?
[title]A lume di candela[/title]
Siccome Kubrick era Kubrick, poteva fare grossomodo quello che voleva.
Così, quando fu chiaro che non poteva proseguire nel suo progetto su Napoleone a causa del flop di “Waterloo”, dovette cercare qualcos’altro. Folgorato dagli scritti di Makepeace Thackeray, decise di adattare “The luck of Barry Lindon” per il cinema.
Ovviamente, siccome era un cagacazzo di prima categoria, decise che avrebbe girato questo film con la luce naturale e quindi prese delle Zeiss 50mm f/0.7 costruite per le missioni Apollo della NASA, rapì un paio di ingegneri e se le fece adattare, tutto per poter girare a lume di candela.
Il povero John Alcott, direttore della fotografia, capì solo allora che cosa significava bestemmiare seriamente. Si consolò, ovviamente, con l’Oscar per la fotografia.
Paradossalmente i film di Kubrick vinsero solo Oscar tecnici, e ne vinsero solo due (oltre a questo, per gli effetti speciali in 2001: Odissea nello Spazio).
Per chi volesse approfondire la parte tecnica, [url=http://www.visual-memory.co.uk/sk/ac/len/page1.htm]qui[/url] c’è tutta la storia della realizzazione.
[title]Un marchingegno per catturare leoni nelle Higlands Scozzesi[/title]
Rapina a mano armata, film del 1956 di Kubrick, influenzò pesantemente l’opera prima di uno dei più controversi registi degli ultimi vent’anni, Quentin Tarantino.
Il suo secondo film, Pulp Fiction, gira intorno ad una valigetta, preziosa, voluta e misteriosa.
Quasi tutti quelli che ne vedono il contenuto poi fanno una brutta fine, il contenuto, mai inquadrato, emette una strana luce dorata, la combinazione per aprirla è 666.
Tarantino ci ha giocato tantissimo su questa storia, come nel 2007, quando finge di rivelare a Rodriguez il contenuto in una video intervista mentre noi non possiamo sentire.
Quest’ultimo asserisce, in seguito, che la conoscenza del contenuto della valigetta cambia radicalmente la comprensione del film.
In realtà, la tesi più accreditata, confermata dallo stesso Tarantino, è che la valigetta sia un MacGuffin.
MacGuffin è un termine coniato dal buon vecchio Hitchcock per definire un espediente narrativo, un oggetto qualsiasi che ti catapulta nella storia e ti consente di entrare direttamente nella testa dei personaggi, nelle situazioni, senza andare a creare una sottotrama inutile.
Hitchcock amava definirlo così:
[quote]It might be a Scottish name, taken from a story about two men in a train. One man says “What’s that package up there in the baggage rack?”, and the other answers “Oh, that’s a McGuffin”. The first one asks “What’s a McGuffin?”. “Well”, the other man says, “It’s an apparatus for trapping lions in the Scottish Highlands”. The first man says “But there are no lions in the Scottish Highlands”, and the other one answers “Well, then that’s no McGuffin!”. So you see, a McGuffin is nothing at all.[/quote]
PS: Se non sapete chi è il tizio a destra nella foto siete delle brutte persone.
Fonti:
estratto da “Il Cinema e l’arte del montaggio”
en.wikipedia.org
The Making of Duel (DVD)
Conoscenza personale.