[image]https://leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_044283.jpg[/image]
Dopo il Forte Mezzacapo, tempo di ripartire con le esplorazioni urbane propriamente dette, decisi ad ampliare il raggio delle nostre spedizioni individuiamo un bersaglio particolrmente interessante: lo stabilimento che ospitava il Lanificio Rossi (per gli amici “Lanerossi”) a Schio, dalle parti di Vicenza. Un po’ di storia in prestito da Wikipedia:
La Lanerossi è stata fondata nel 1873, trasformando in S.p.a. la Industrie Rossi sorta nel 1817 per opera di Francesco Rossi. Rossi, che era originario di Santa Caterina di Lusiana, si trasferì a Schio e nel 1849 cedette la gestione del lanificio al figlio, Alessandro Rossi.
Il figlio nel corso degli anni lo trasformò in una delle maggiori industrie nazionali, diventando il punto di riferimento attorno al quale ruotavano tutte le attività economiche della città scledense.
All’inizio del Novecento il Lanificio Rossi era la maggiore impresa laniera italiana, con numerosi stabilimenti nel vicentino, di particolare importanza oltre a quelli di Schio erano quelli di Piovene Rocchette a cui si aggiunsero col tempo anche quelli di Torrebelvicino, Pieve (una frazione di Torrebelvicino), Dueville, Marano Vicentino, Vicenza, Montorio Veronese. Sulla spinta dell’impresa sorsero molte iniziative collaterali: i quartieri operai, i dopolavoro e molte opere sociali. La Lanerossi produceva tipo di tessuto di lana destinati ai più svariati scopi: dagli abiti, ai panni, coperte, filati per aguglieria e utilizzi industriali, che era in grado di commerciare in tutto il mondo attraverso una capillare rete vendita in USA, URSS, Germania, Polonia, Sud Africa, Canada, ecc. Nonostante questo, in pieno boom economico, a causa di scelte di gestione sbagliate la Lanerossi visse un periodo di crisi nel triennio 1955 – 1957. Per risollevare il lanificio e ristrutturarlo venne chiamato nel 1956 a svolgere l’incarico di presidente e consigliere delegato Giuseppe Eugenio Luraghi.Luraghi riuscì in brevissimo tempo a ottenere risultati eccellenti al punto che nel 1959 il fatturato fu di 23 miliardi di lire con circa 10.000 dipendenti. I vistosi guadagni del titolo azionario nella Borsa, portarono su di esso una forte speculazione che causò dapprima la fuoriuscita dei principali azionisti guidati da Franco Marinotti, e in seguito il successo di una acrobatica e spregiudicata “scalata” borsistica condotta dal finanziere siciliano Michelangelo Virgillito. Ma nel decennio successivo la Lanerossi conobbe di nuovo un periodo di forte crisi.
Nel 1987 il gruppo venne acquisito dal concorrente Marzotto della vicina Valdagno, che tuttavia non investì più nel marchio Lanerossi. Vennero via via smantellati i vari stabilimenti fino alla storica chiusura di quello di Schio nell’agosto 2005.
La Lanerossi quindi era un’azienda di successo, radicata nel mercato interno come in quello estero (abbiamo trovato scatoloni indirizzati al comando dell’aeronautica iraniana), con diversi stabilimenti sul territorio italiano, in particolare questo a Schio era il più grande. Una curiosità a proposito di questa società: è stata una tra le prime aziende italiane a sponsorizzare squadre calcistiche, lo Schio e il Piovene, ed addirittura ad acquistare un’intera squadra come avvenne col Vicenza.
Entrare nel lanificio non è stato complicato, chiunque a Schio saprà darvi indicazioni su come raggiungerlo e lasciando la macchina nel parcheggio di fronte ad esso, basta scavalcare un cancello alto 1 metro e 50 e si è dentro.
Lo stabilimento è enorme, la zona “visitabile” è composta da 3 capannoni dove vi erano i telai, lo showroom e i magazzini, una sorta di centrale elettrica (nella mia ignoranza l’ho chiamata cosi, potrebbe essere altro, se le foto vi danno qualche indizio fatemelo sapere) e un locale adibito a cucine e mensa. Inoltre sono presenti altri edifici nei quali non è stato possibile entrare essendo gli ingressi murati o allarmati (suppongo ospitassero uffici e archivi).
Vi lascio alla gallery as usual, enjoy!
[spoiler]
[/spoiler]
Qui il set su Flickr.