L’evoluzione non è neutrale: il modello che mette in discussione la teoria tradizionale
L’evoluzione tra passato e futuro: le dichiarazioni del biologo evoluzionista Jianzhi Zhang che mettono in discussione la teoria neutrale.

A scuola studiamo che l’evoluzione è un processo lento. Impariamo lì l’importante ruolo delle mutazioni genetiche neutre, che non ostacolano e non favoriscono la sopravvivenza degli organismi. Semplicemente li adattano anche attraverso cambiamenti fisici importanti. Per decenni, questa visione è stata formalizzata nella teoria neutrale dell’evoluzione molecolare.
Le mutazioni realmente vantaggiose sono rare, la maggior parte dei cambiamenti genetici si diffonde senza un ruolo attivo della selezione naturale. Questo è quanto sappiamo, arriva un nuovo studio universitario dal Michigan che propone un modello radicalmente diverso. A scrivere per Nature Ecology and Evolution, con il sostegno del National Institutes of Health degli Stati Uniti, il biologo evoluzionista Jianzhi Zhang.
I ricercatori hanno scoperto una discrepanza significativa nella teoria neutrale dell’evoluzione molecolare. Le mutazioni genetiche si verificano più volte di quanto previsto, superano l’1% del totale. Una spiegazione risiede nella continua variabilità degli ambienti. Gli scienziati affermano che una mutazione vantaggiosa in un determinato contesto diventa inutile o dannosa quando le condizioni cambiano. Ne consegue che molte mutazioni benefiche non hanno il tempo di diffondersi perché non hanno la possibilità di acquisire un valore adattivo.
II meccanismo dell’Adaptive Tracking with Antagonistic Pleiotropy con esperimenti sui lieviti in ambienti variabili
Questo meccanismo è stato definito “Adaptive Tracking with Antagonistic Pleiotropy“. Con esperimenti condotti su lieviti in ambienti stabili e mutevoli, suggerisce che le popolazioni naturali non siano mai pienamente adattate al loro ambiente. Sui funghi, la variabilità ambientale ha ridotto la possibilità di fissazione delle mutazioni utili. Le implicazioni di queste scoperte sono ampie e riguardano anche l’essere umano. I geni potrebbero non essere più ottimizzati per un ambiente in rapido cambiamento, tesi di attualità collegata alla crisi climatica che impone nuove regole di vita e preparazione a nuovi scenari.
“Il nostro modello suggerisce che le popolazioni naturali non siano realmente adattate ai loro ambienti perché questi cambiano molto rapidamente e le popolazioni sono sempre alla ricerca dell’ambiente […] Ogni volta che si osserva una popolazione naturale, a seconda di quando l’ambiente ha subito l’ultimo grande cambiamento, la popolazione potrebbe essere molto poco adattata o relativamente ben adattata. Ma probabilmente non vedremo mai una popolazione completamente adattata al suo ambiente, perché un adattamento completo richiederebbe più tempo di quanto quasi qualsiasi ambiente naturale possa rimanere costante”, queste le dichiarazioni di Jianzhi Zhang.