Tecnofirme e lampi misteriosi: la nuova idea che cambia la ricerca aliena
Un team della School of Earth and Space Exploration dell’Arizona State University ha preso come esempio i modelli di comunicazione delle lucciole per la ricerca di vita aliena.

Negli ultimi decenni, la ricerca di civiltà avanzate al di fuori della Terra si è trasformata da mera speculazione filosofica a vero e proprio campo scientifico, noto come SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence). Storicamente, gli scienziati hanno cercato principalmente segnali radio simili a quelli prodotti dall’umanità, sperando che civiltà aliene usassero tecnologie comparabili alle nostre. Tuttavia, fino ad oggi non è stato trovato alcun segno convincente di tecnofirme – ovvero tracce di attività tecnologica extraterrestre – nonostante progetti estensivi come Breakthrough Listen abbiano monitorato il cielo con radioantenne molto potenti.
Un recente studio guidato dalla School of Earth and Space Exploration dell’Arizona State University suggerisce che questa mancanza di successi potrebbe derivare da un pregiudizio antropocentrico: la nostra ricerca si concentra su segnali che rispecchiano lo sviluppo tecnologico umano, come le onde radio, senza considerare forme di comunicazione totalmente diverse.
Gli autori propongono un cambio di prospettiva: piuttosto che cercare ciò che è “come noi”, bisognerebbe ampliare i modelli per includere modalità di segnalazione che non derivano necessariamente dalla tecnologia umana. Un esempio interessante utilizzato nel loro lavoro è la comunicazione delle lucciole. Sulla Terra, le lucciole usano sequenze di lampi luminose specifiche per la specie durante la stagione degli accoppiamenti. Questi segnali sono evoluti per risaltare rispetto allo sfondo naturale e per essere trovati facilmente dai loro partner, pur consumando poca energia.
Una nuova prospettiva per il campo SETI: capire come comunicano gli organismi terrestri per eliminare il pensiero umano-centrico
Gli scienziati hanno sviluppato un modello ispirato a questi schemi di lampeggiamento: generando segnali artificiali con proprietà evolute che li distinguono nettamente dalla radiazione naturale dello spazio, come quella emessa dalle pulsar. Le pulsar – stelle di neutroni in rapida rotazione che emettono impulsi regolari – sono utilizzati nel modello perché costituiscono uno sfondo ordinato nel quale eventuali segnali alieni potrebbero emergere.
I risultati preliminari mostrano che non è necessario che un segnale sia complesso o semanticamente decifrabile per essere riconoscibile come creato da un essere intelligente. Piuttosto, si può identificare la struttura intrinseca del segnale, risultante da un processo evolutivo di selezione, come prova dell’esistenza di vita intelligente.
Questa nuova prospettiva invita il campo SETI a collaborare più strettamente con discipline come la comunicazione animale e la bioacustica digitale, che studiano la grande diversità di segnali e strategie comunicative presenti sulla Terra. Considerare come gli organismi terrestri comunicano – e non soltanto come l’uomo lo fa – potrebbe aiutare a pensare in modo più creativo e meno umano-centrico su ciò che potremmo realmente aspettarci da civiltà aliene. In definitiva, la ricerca di vita intelligente nell’universo potrebbe beneficiare enormemente da approcci meno convenzionali, aprendosi a forme di segnalazione radicalmente diverse da quelle che conosciamo.