Fukushima, l’esperimento invisibile: cosa accade davvero all’acqua trattata
Un nuovo esperimento guidato dall’Università di Tokyo si è svolto a Fukushima e ha avuto come protagonista principale l’acqua trattata.

Un team dei ricercatori dell’Università di Tokyo e dell’Università di Fukushima, hanno deciso di portare a termine un nuovo esperimento che ha come obiettivi principali il trattamento dell’acqua e l’inquinamento oceanico. Lo scopo è stato quello di utilizzare questo liquido per raffreddare alcuni dei reattori nucleari di una delle più importanti centrali nucleari della zona, quella di Fukushima Daiichi. Qui nel 2011 si è tenuto un grave incidente dove sono state liberate diverse sostanze radioattive nelle acque circostanti.
Molte di queste sostanze sono state debellate, mentre lo stesso non si può dire per il trizio, una sostanza molto diffusa che risulta ardua da contrastare. Negli anni si sono adottate varie soluzioni per cercare di smaltire questo prodotto in maniera alternativa e alla fine i livelli di trizio sono aumentati esponenzialmente soprattutto nell’Oceano Pacifico, luogo dove spesso viene scaricato.
Secondo gli ultimi studi condotti in materia, il trizio riesce a muoversi più facilmente proprio a seguito del surriscaldamento climatico e dell’azione delle correnti dell’acqua. Nonostante questo, grazie all’acqua trattata, l’elemento in questione riesce a rimanere presente in soglie molto basse.

Un esperimento invisibile che potrebbe fare la differenza
L’obiettivo degli scienziati è quindi quello di trattare l’acqua con l’Advanced Liquid Processing System (ALPS), in modo da contenere tutte queste concentrazioni e far sì che le condizioni dell’oceano e dell’acqua rimangano sotto il valore soglia. In effetti, il trizio può essere utilizzato a nostro piacimento, in quanto può dirci davvero molto su altre circostanze, come ad esempio sull’atmosfera degli oceani, sui flussi dei mari e persino sull’umidità che si instaura in un determinato ambiente.
In questa maniera sarà più facile tenere il tutto sotto controllo e allo stesso tempo mettere in atto delle simulazioni che non facciano altro che verificare quanto dichiarato dall’Università di Fukushima. Secondo lo studioso Maksym Gusyev, infatti, l’acqua trattata in questa maniera non potrà che avere dei risvolti positivi sia nell’immediato che per quanto riguarda ciò che potrebbe accadere in futuro.


