Ricerca sul neuroblastoma: nuove speranze per i pazienti ad alto rischio
Il lavoro degli scienziati ha rivelato progressi importanti nel campo della genetica, creando nuove aspettative nella lotta contro il neuroblastoma. Ecco i risultati della nuova ricerca.

Il neuroblastoma è un tumore che aggredisce i tessuti dell’apparato nervoso, manifestandosi prevalentemente nei bambini. Una forma molto grave della patologia viene spesso correlata alle mutazioni che si verificano nel gene ATRX, responsabile del controllo dei processi genici e dello sviluppo infantile. Un team di scienziati dell’Institute of Cancer Research di Londra, ha dimostrato come i mutamenti dell’ATRX possano condizionare le relazioni tra le cellule tumorali e quelle immunitarie, dette TIME, ovvero microambiente immunitario tumorale.
Tenendo conto di questi dati, gli scienziati dovrebbero capire il motivo per cui i bambini che presentano tali mutazioni, generalmente non godono di risultati favorevoli. Gli esiti di questa ricerca dovrebbero, inoltre, incentivare i tentativi mondiali volti a studiare il collegamento tra ATRX e la reazione alle terapie somministrate durante le analisi cliniche. Lo scopo è quello di elaborare terapie più efficaci per i soggetti affetti dalla patologia. I risultati dello studio, finanziato da Neuroblastoma UK e Cancer Resecarci UK sono stati pubblicati su Cancer Letters.

L’importanza dei trattamenti mirati contro il neuroblastoma
Ad oggi, i bambini colpiti da neuroblastoma ad alto rischio, in base all’età, ai fattori genetici e allo stadio della neoplasia, ricevono le stesse cure, che consistono nella chemioterapia e in un tipo di immunoterapia, detta anticorpo anti GD-2. Le probabilità di sopravvivenza di questi piccoli pazienti equivalgono al 50% circa, dimostrando l’inefficacia degli attuali trattamenti. I bambini che presentano mutazioni ATRX, che generalmente coinvolgono il 10% di quelli affetti da neuroblastoma, mostrano una maggiore tendenza agli esiti negativi.
Il gruppo di ricerca ha effettuato lo studio, utilizzando vari metodi di analisi, che hanno coinvolto campioni di pazienti, raccolte di dati di sequenziamento, modelli murini, linee cellulari con differenti alterazioni ATRX. I vari esperimenti hanno evidenziato che queste mutazioni determinano l’attivazione di processi infiammatori, responsabili dell’aumento di macrofagi nella malattia. Si tratta di cellule immunitarie che favoriscono l’evoluzione del cancro, incentivando la sopravvivenza dei corpuscoli tumorali.
La tappa successiva consiste nel capire se queste modifiche genetiche possano essere correlate alla reazione nei confronti dell’immunoterapia, usata per curare i bambini colpiti da neuroblastoma. Qualora esistesse un effettivo collegamento, i dottori potrebbero usare la condizione ATRX per individuare l’eventuale risposta alla terapia.
Serviranno altri approfondimenti per capire che tipo di correlazione esista tra le diversità nel TIME e la risposta all’immunoterapia: l’obiettivo mira a scoprire un trattamento specifico in base alla genetica del tumore. Ciò permetterebbe di salvare la vita di molti giovanissimi pazienti.


