Il colosso aerospaziale americano Boeing si prepara a un possibile ridimensionamento del programma spaziale più costoso della storia della NASA. Un annuncio che potrebbe segnare la fine di un’era nell’esplorazione spaziale statunitense.
Una comunicazione fulminea che sa di addio
Una riunione di appena sei minuti, convocata quasi all’improvviso. Questo il tempo che David Dutcher, vicepresidente Boeing e responsabile del programma SLS, ha dedicato per comunicare ai suoi 800 dipendenti una notizia che nessuno avrebbe voluto ascoltare: il programma potrebbe chiudere entro marzo. Un annuncio gelido, seguito dalla conferma che circa 400 lavoratori potrebbero perdere il posto entro aprile 2025. L’azienda, rispettando la normativa americana sui licenziamenti collettivi, ha già avviato le procedure di preavviso obbligatorio di 60 giorni, pur garantendo il massimo impegno nel tentativo di ricollocare il personale in altri settori del gruppo.
Un progetto nato sotto una cattiva stella
La storia del razzo SLS sembra quella di un’occasione mancata. Nato nel 2011 come fiore all’occhiello della NASA, il programma ha accumulato ritardi su ritardi. Doveva volare nel 2016, ma il primo lancio è avvenuto solo alla fine del 2022. I costi? Astronomici: oltre 2 miliardi di dollari per ogni missione, senza contare il carico utile e le strutture di terra. Un salasso che ha alimentato le critiche, soprattutto considerando i progressi del settore privato. Mentre la NASA spendeva miliardi in un progetto sempre più discusso, aziende come SpaceX e Blue Origin sviluppavano razzi riutilizzabili a un decimo del costo. Nonostante le rassicurazioni pubbliche dell’agenzia spaziale americana, che definisce ancora il SLS “componente essenziale” del programma Artemis, il futuro appare incerto. Janet Petro, amministratrice ad interim della NASA, sta cercando di salvare almeno le missioni Artemis II e III prima di una possibile chiusura definitiva del programma.