Non è di certo una novità il fatto che il microbioma intestinale va ad influenzare la salute umana e non parliamo solo di quella fisica, ma anche di quella mentale. Ma quali sono le specie batteriche che influenzano davvero lo sviluppo delle malattie e come lo fanno?
Nel corso degli anni, alcuni studi hanno trovato legami piuttosto significativi tra una specie di batteri intestinali, Morganella morganii ed il disturbo depressivo maggiore. Adesso però a dare una svolta sono stati i ricercatori della Harvard Medical School, i quali hanno individuato un meccanismo biologico che va a rafforzare l’evidenza che M. morganii influenza la salute del cervello ed hanno anche spiegato il motivo per cui questo avviene.
Svelato il collegamento tra batteri intestinali e depressione
I ricercatori della Harvard Medical School dopo anni di ricerche hanno spiegato la connessione esistente tra batteri intestinali e depressione. I ricercatori parlano nello specifico di una molecola che pare vada a stimolare l’infiammazione ed individuano quello che potrebbe essere determinante per diagnosticare qualche disturbo o trattarlo semplicemente.
“Esiste una storia che collega il microbioma intestinale alla depressione, e questo studio fa un ulteriore passo avanti, verso una reale comprensione dei meccanismi molecolari alla base di questo collegamento”. Queste le parole dell’autore senior della ricerca, il professore di chimica biologica e farmacologica molecolare Christopher T.Walsh, PhD presso il Blavatnik Institute, Jon Clardy. I ricercatori hanno scoperto che un contaminante ambientale ovvero il dietanolammina o DEA, spesso lo si trova all’interno di una molecola prodotta dal M.morganii nell’intestino.
Questa molecola particolare attiverebbe una risposta immunitaria che la molecola non attiva normalmente, stimolando quindi il rilascio di proteine infiammatorie che prendono il nome di citochine, una tra tutte l’interleuchina-6. Anche studi precedenti avevano associato l’IL-6 al disturbo depressivo maggiore e collegato il M.morganii a condizioni infiammatorie molto gravi tra cui il diabete di tipo e la malattia infiammatoria intestinale.