Gli Stati Uniti stanno affrontando una trasformazione radicale nel modo in cui considerano lo spazio, non più solo come un luogo per esplorazione e comunicazioni, ma come un vero e proprio campo di battaglia. Questa evoluzione è evidente dall’introduzione del termine “integrated space fires” nei documenti strategici dello US Space Command, che fa riferimento ad azioni offensive e difensive contro obiettivi spaziali. Un concetto che, fino a poco tempo fa, era trattato con estrema cautela per evitare di alimentare la corsa agli armamenti nello spazio.
Parlare di guerra nello spazio non è più un tabù
Il generale Chance Saltzman, capo delle operazioni della Space Force, ha recentemente spiegato come l’approccio sia cambiato. “Parlare di guerra nello spazio era quasi un tabù dieci anni fa”, ha dichiarato durante una conferenza a Orlando. “Ora, dobbiamo riconoscere che lo spazio è un dominio di guerra, al pari di terra, mare e aria”. Questa apertura riflette una realtà sempre più pressante: Cina e Russia stanno sviluppando tecnologie avanzate per minacciare i satelliti statunitensi, mettendo a rischio l’infrastruttura spaziale che supporta comunicazioni, navigazione e difesa.
Le capacità di cui gli Stati Uniti vogliono dotarsi sono molteplici e sofisticate. Si va dagli attacchi cibernetici, capaci di compromettere satelliti o le loro reti di supporto a terra, all’uso di armi ad energia diretta, come laser che possono accecare i sensori dei satelliti nemici. Non mancano progetti più audaci, come veicoli spaziali con bracci robotici per catturare o disattivare dispositivi avversari. Tuttavia, queste tecnologie non sono esenti da rischi: i test di armi antisatellite (ASAT), condotti da Russia e Cina, hanno già generato enormi quantità di detriti spaziali, minacciando l’intero ecosistema orbitale.
Lo Spazio è già centrale nelle guerre di oggi
Per rafforzare la difesa, il Pentagono sta anche valutando l’idea di satelliti “difensori”, capaci di proteggere in tempo reale i dispositivi più importanti. Questi sistemi, dotati di propulsori avanzati o capacità di rifornimento in orbita, sarebbero pronti a intervenire contro eventuali minacce, garantendo una maggiore resilienza.
Ma la posta in gioco non riguarda solo la difesa. Secondo il generale Stephen Whiting, è fondamentale che gli Stati Uniti siano in grado di condurre operazioni offensive nello spazio, per dissuadere potenziali aggressori e mantenere il vantaggio strategico. Non è un caso che la Space Force stia investendo nella creazione di costellazioni di satelliti più piccole e distribuite, capaci di garantire funzioni essenziali anche in caso di attacco.
L’urgenza di queste misure è dettata dall’accelerazione delle capacità spaziali di Cina e Russia. In particolare, la Cina sta integrando i suoi satelliti con le forze militari convenzionali, sviluppando una strategia nota come Anti-Access/Area Denial (A2AD). Questa tattica mira a impedire l’accesso delle forze statunitensi a regioni chiave, come il Pacifico, e si avvale di sistemi spaziali per monitorare e colpire asset strategici come portaerei e aerei da rifornimento.