I rischi legati al riscaldamento globale sono molti, e tra questi alcuni riguardano il mondo animale. A lanciare l’allarme sono stati i ricercatori dell’Università di Southampton e della Marine Biological Association (Mba) tramite uno studio pubblicato su Nature Climate Change. Secondo gli studiosi ad essere a rischio, a causa del riscaldamento degli oceani, potrebbero essere gli squali balena il cui nome scientifico è Rhincodon typus Smith.
Entrando più nel dettaglio della questione possiamo affermare che secondo i ricercatori a causa dell’aumento delle temperature negli oceani questi animali potrebbero spingersi verso nuovi habitat attraversati da molte navi. Ed infatti entro la fine del secondo, secondo lo studio, la coesistenza tra navi e squali balena potrebbe essere 15.000 volte superiore rispetto a quelli che sono i dati odierni.
Il lavoro svolto dai ricercatori
Per poter effettuare lo studio in questione i ricercatori si sono serviti di dati di tracciamento satellitare di questi animali associati a dei modelli climatici globali. In questo modo sono riusciti ad avere una proiezione di quelli che potranno essere, in futuro, tre diversi scenari climatici.
Dall’analisi effettuata è emerso che entro il 2100 potrebbe avvenire una perdita di habitat centrale di più del 50%. Ed in particolare la perdita maggiore potrebbe avvenire in Asia. Un aumento dell’habitat centrale invece potrebbe verificarsi in Europa. David Sims, coautore e ricercatore senior presso l’Università di Southampton e l’Mba è intervenuto sulla questione affermando:
Gli spostamenti che prevediamo saranno probabilmente meno estremi se saremo in grado di rallentare il riscaldamento e mitigare il cambiamento climatico, suggerendo che anche gli impatti complessi e multi-fattoriali del cambiamento climatico possono essere in qualche modo attenuati dalle nostre azioni.
Freya Womersley, dell’Università di Southampton, ricercatrice post-dottorato Mba e autrice principale del lavoro, ha dichiarato:
Dimostriamo che il cambiamento climatico può avere un impatto indiretto sulle specie marine altamente mobili attraverso l’interazione delle pressioni umane e ambientali, il che evidenzia l’importanza di tenere conto dei cambiamenti climatici nelle discussioni sulla gestione delle specie a rischio.