Un recente studio condotto dai ricercatori della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Helsinki e SEY Animal Welfare Finland ha permesso di effettuare una scoperta piuttosto importante. Nello specifico i ricercatori tramite tale studio si sono occupati di esaminare il trattamento della fauna selvatica ferita e allo stesso tempo malata.
Per effettuare lo studio in questione è stato condotto un sondaggio online, successivamente pubblicato su Frontiers in Veterinary Science. Quali sono stati i risultati ottenuti? Lo studio ha evidenziato come la specie di animale selvatico riesce ad influenzare le decisioni di accudimento. Nello specifico, ad essere maggiormente e comunemente trattati sono animali appartenenti alla specie dei mammiferi e gli uccelli. Al contrario i pesci, gli anfibi e i rettili sono quelli che ricevono meno cure.
I risultati del sondaggio
Alcune delle persone intervistate hanno rivelato di curare solamente ricci. A tal proposito la professoressa Laura Hanninen è intervenuta rivelando che molti di coloro che si sono presi cura dei ricci in realtà non avevano alcuna esperienza nella cura della fauna selvatica e nessuna formale formazione. Queste persone si sarebbero limitate a curare le ferite e ad aiutarli a svernare. In Finlandia circa l’80% degli animali sottoposti a cure vengono poi restituiti alla natura. Per i mammiferi la percentuale sembrerebbe addirittura essere del 90%.
I veterinari che invece hanno risposto al sondaggio citato in precedenza sembrerebbero aver affermato che il 50% degli animali curati viene poi rilasciato in natura. Inoltre nella maggior parte dei casi gli intervistati hanno rivelato di non aver tenuto traccia degli animali sottoposti a cure. E proprio l’assenza di un registro, secondo il principale ricercatore dello studio ovvero Kati White di SEY “rende difficile monitorare l’assistenza e sviluppare i processi”. Kati White ha inoltre dichiarato:
Gli animali selvatici provano forte stress e paura quando vengono catturati dagli esseri umani. In particolare, lo stress a lungo termine è significativamente dannoso per il benessere degli animali e può anche ostacolare la sopravvivenza in natura dopo il rilascio.