M. Night Shyamalan è un regista che si è sempre distinto per i colpi di scena nelle sue pellicole, a partire dalla più celebre che ha fatto la storia del cinema, ovvero quel Il Sesto Senso che metteva al centro Bruce Wllis e Haley Joel Osment nei panni di due personaggi che non erano chi dicevano di essere e che quest’anno compie 25 anni. Proprio nel 2024 esce Trap, ultima fatica cinematografica del regista indiano americano, nel quale quest’ultimo gioca ancora una volta con il proprio pubblico di appassionati e non, ma in modo diverso, provando a rinnovarsi e ironizzare proprio su quello stile che l’ha reso famoso in tutto il mondo. Scopriamo insieme come.

Tutto in una notte

trap-josh-hartnett-ariel-donoghue-scena-film-cinema-scaled.jpeg

Padre e figlia, cuore della pellicola e del racconto.

La restrizione temporale o spaziale aiuta ad aumentare la tensione narrativa di un thriller. In questo caso, ci troviamo ad un concerto, limitando quindi la finestra alla lunga serata dello stesso, a partire dall’arrivo dei due protagonisti, padre e figlia (Josh Hartnett e Ariel Donoghue) e le cui riprese si sono svolte veramente durante la performance musicale, per rendere più realistica una narrazione quasi artificiosa. Questo perché fin dall’inizio (lo scopriamo già dal trailer) M. Night Syhamalan chiede allo spettatore una grande sospensione dell’incredulità durante la visione, forse anche più che nei suoi precedenti progetti. Non c’è nulla di soprannaturale in questo caso, ma un orrore estremamente terreno: ben presto scopriamo infatti che il padre affettuoso ed amorevole è in realtà Il Macellaio, un pericoloso serial killer che la polizia e l’FBI stanno cercando da tempo e che potrebbero approfittare proprio di questo evento gremito di persone per catturarlo. A lui non resta che escogitare mille diversivi per provare a fuggire e non farsi identificare a catturare: alcuni al limite al reale ma che proprio su questo mettono in atto un patto col pubblico. Sulla bravura (incredibile, ma forse semplicemente una conferma) di Josh Harnett di dipingere un uomo con due vite così separate eppure così collegate tra loro, un vero psicopatico come racconterà la responsabile delle indagini interpretata da Hayley Mills.

The Watchers, la recensione: un film horror derivativo e troppo figlio di papà The Watchers, la recensione: un film horror derivativo e troppo figlio di papà

Dal colpo di scena all’epilogo del film, la Trap-pola è servita

trap-saleka-shyamalan-scena-film-cinema-scaled.jpeg

Il film è stato girato interamente durante il concerto.

L’idea brillante del cineasta è quindi tornare allo Shyamalan Twist che ha caratterizzato la sua filmografia tanto da dargli un nome, ma metterlo all’inizio e non alla fine. Proprio come il Tenente Colombo che riscriveva il poliziesco rivelando in incipit l’identità del colpevole per poi scoprire a ritroso come il personaggio titolare era riuscito a scovarlo ed incastrarlo. In questo caso viene rivelato delle prime scene, come dicevamo, la reale identità del padre protagonista, per il quale nonostante tutto non possiamo non parteggiare sperando che in qualche modo riesca a farla franca, nonostante gli orrori commessi di cui veniamo pian piano a conoscenza, un po’ come Dexter Morgan in tv. Proprio su questo binomio gioca tutta la tensione narrativa, modificando la prospettiva del pubblico grazie ad un uso sapiente della regia sugli spalti e tra le tribune dello stadio. Pubblico che vorrà scoprire come il killer potrebbe cavarsela e soprattutto come quel concerto potrebbe diventare parte integrante del suo piano di fuga oltre che di quello per incastrarlo. Nulla è mai come sembra nei lungometraggi di Shyamalan, e Trap non fa eccezione, ma per motivazioni diverse.

La chiave è nella musica

trap-saleka-shyamalan-sequenza-film-cinema-scaled.jpeg

Saleka, l’altra star e sorpresa del film

La parte musicale è infatti un vero e proprio personaggio del racconto in Trap: la figlia del regista, Saleka Shyamalan (non colei che ha debuttato dietro la macchina da presa quest’anno con The Watchers) ha composto la colonna sonora della pellicola, che per gran parte è composta proprio dalle canzoni – e relative esibizioni – del suddetto concerto di Lady Raven, interpretata da lei stessa. Una delle sorprese più soddisfacenti del film: non solo i brani musicali sono perfettamente indie pop e ascrivibili alla Generazione Z e Alpha di oggi, al mito della star musicale e alla sua venerazione ai limiti del fandom, ma la sua presenza scenica e la sua interazione coi personaggi del racconto è incredibile. Nonostante la giovane età e il debutto sul grande schermo, riesce a catturare l’attenzione degli spettatori su di sé tanto quanto il padre-killer di Hartnett: un’impresa per niente scontata. Come è molto meno scontato di quanto sembri Trap e potrà dare soddisfazioni multiple durante la visione: forse il plot twist di cui abbiamo parlato non sarà effettivamente l’unico nel corso della pellicola. Non ci resta che augurarvi buon concert… ops, buona visione.