Nel 2026 la saga de Il Signore degli Anelli tornerà al cinema con un nuovo prodotto: dedicato a Gollum. Uno dei personaggi che ha cambiato il cinema (grazie alla Motion Capture) e tante situazioni correlate ad esso, ecco perchè lo riteniamo un titolo adatto per tornare a passeggiare lungo la Terra di Mezzo.
Tantissime innovazioni ci sono state nella trilogia cinematografica de Il Signore degli Anelli. Come non ricordare l’uso degli effetti speciali, che non sono di certo un elemento secondario, visto che proprio il grande realismo delle scene d’azione ha contribuito al successo cinematografico. L’idea di Jackson era chiara: dare veridicità alle creature immaginate da Tolkien, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, addirittura creando software appositi per la gestione delle grandi masse di eserciti nelle battaglie più epiche.
In questo grande disegno che ha contribuito al successo dell’opera del regista neozelandese c’è un elemento che spicca senza dubbio più degli altri: Gollum. Ecco perché il nuovo capitolo dedicato allo hobbit reietto è un qualcosa che può stuzzicare i fan nel modo giusto, perché Gollum è il collante di tutto Il Signore degli Anelli, perché Gollum è stato rivoluzionario ed è ancora un’icona, perché Gollum è Andy Serkis e Serkis deve tanto a Gollum.
L’importanza di Gollum nel cinema
Facendo un passo indietro, per far comprendere l’importanza di Gollum nella storia del cinema, ricordiamo che la motion capture con Gollum è una tecnica di animazione digitale che permette di rendere realistici i movimenti di personaggi virtuali attraverso l’elaborazione dei movimenti di persone o animali catturati tramite sensori posizionati in corrispondenza delle articolazioni o delle fasce muscolari, ma ad onor della cronaca non è stata scoperta da Jackson. Anche il personaggio di Jar Jar Binks nella seconda trilogia di Star Wars di George Lucas era stato realizzato in motion capture, ma è proprio con Gollum e il suo straordinario interprete Andy Serkis (da allora diventato un esperto di queste interpretazioni, da King Kong fino alla scimmia Cesare), che il mondo scopre le sue più grandi potenzialità.
Se non ci fosse stato Andy Serkis, non avremmo potuto fraternizzare con il suo favoloso Gollum, la creatura malevola e strisciante della trilogia di Jackson, che ha sancito tra l’altro con la battuta “My Precious” un vero e proprio fenomeno di costume e linguistico. Non solo tutti la conoscono, ma qualora ci si trovi in una situazione dove sia possibile declinare la battuta, nove persone su dieci la recitano con la medesima intonazione e anche posa del corpo. La creatura consumata dalla brama dell’Unico Anello è una delle icone più riconoscibili della Terra di Mezzo jacksoniana, nonché il personaggio che ha trasformato il suo interprete in una star, anche se lo stesso Andy Serkis ricorda benissimo lo scetticismo dell’epoca in una storica intervista rilasciata al giornale GQ.
Quando è uscito Il Signore degli Anelli, c’era gente che diceva: “Chi è questo personaggio? Un ballerino forse? Un contorsionista? – dichiara Andy Serkis su GQ – Attori più anziani di me dicevano: “Nemmeno da morto mi presterei al motion capture. È la fine della nostra professione”. Giuro di aver sentito dire proprio così. Era un continuo di battute, c’erano sketch del Saturday Nigh Live con persone che indossavano una tuta con delle palline da ping pong attaccate. Mi consideravano ridicolo, a ragion loro.
Nessuno poteva prevedere che l’attore, grazie alle sue doti fisiche uniche nel genere, sarebbe diventato una celebrità e che avrebbe usato la tecnica del motion capture in moltissimi altri film, esaltandosi poi nell’ultima trilogia del Pianeta delle Scimmie. Il Signore degli Anelli è un film corale, con moltissimi protagonisti ed eroi, ma se l’Accademy Awards avrebbe dovuto premiare qualcuno con un Oscar, forse Andy Serkis avrebbe meritato in pieno il riconoscimento per il suo coinvolgimento fisico e prova attoriale senza eguali.
In precedenza, storie fantasy di buon successo come Willow potevano avere un ottimo regista e una buona sceneggiatura, ma gli effetti speciali ne penalizzavano comunque la resa finale. Grazie al motion capture e il Gollum di Serkis si sono rotte le barriere, permettendo agli attori di interpretare (e non solo dar loro la voce) ogni tipo di creatura, dai Na’vi di Avatar, fino ai robot dei Transformers passando per il mastodontico drago Smaug messo in scena da un sublime Benedict Cumberbatch nella trilogia de Lo Hobbit.
Cosa sappiamo de La Caccia a Gollum?
Il titolo del nuovo film, La caccia a Gollum, suggerisce che la storia che verrà raccontata nel film in uscita nel 2026 sarà ambientata nel periodo successivo alle avventure de Lo Hobbit e ovviamente prima di quelle de La Compagnia dell’Anello. Sebbene moltissimi “detrattori” vogliono rimarcare l’importanza di tantissime altre vicende, che si trovano sia all’interno de Il Signore degli Anelli, che nelle Appendici, che negli altri libri come Silmarillion e History of Middle Earth, credo che ripartire con Gollum sia la scelta più azzeccata e più coerente da fare per la Warner. Gollum è l’eroe ed antieroe di tutti, è forse il simbolo più univoco della trilogia cinematografica, tutti parteggiano per i vari Aragorn, Legolas, Gandalf o Sam, ma il fascino di Gollum è ineguagliabile.
Detto ciò secondo il titolo possiamo sicuramente annoverare gli episodi, che non sono moltissimi, dedicati appunto alla ricerca di Gollum da parte sia di Aragorn che di Gandalf. Qualche anno dopo gli eventi de Lo Hobbit, Gollum decide di uscire dalle montagne per cercare l’anello. Attirato da Sauron, arriva fino a Mordor dove scopre il passaggio di Cirith Ungol e in quel frangente conosce Shelob, ma viene catturato da Sauron stesso, che lo tortura costringendolo a rivelare tutta la faccenda di Bilbo e della Contea. Subito dopo viene poi rimesso in libertà, perché Sauron pensa che essendo un essere malvagio e ormai totalmente corrotto dallo stesso anello potrebbe tornargli più utile libero e vivo che morto.
Nel frattempo però Gandalf ha i suoi dubbi sull’anello di Bilbo, e vuole trovare Gollum per capire quale siano le sue intenzioni e le informazioni che conosce. Lo stregone grigio si incontra con Aragorn dandogli tutte le indicazioni per ricercare le tracce di Gollum. E’ proprio il futuro Re di Gondor a trovare Smeagol, portandolo dritto a Bosco Atro, dove Gandalf lo interroga, e scopre appunto che Gollum trovò l’anello non troppo lontano da dove era morto Isildur, colpito dalle frecce dell’imboscata. Gandalf allora conferma i suoi sospetti e va a leggere le testimonianze di Isildur, ormai praticamente sicuro che Bilbo abbia trovato l’Unico Anello. Gollum rimane quindi in custodia di Re Thranduil a Bosco Atro, fino all’attacco degli orchi allo stesso bosco che fanno scappare Gollum fino a Moria dove alla fine incrocerà proprio la Compagnia.
Di base queste sono le vicende che ruotano attorno alla ricerca o “caccia” a Gollum, e raccontate in questo modo potrebbero rappresentare anche una trama fin troppo diluita per un film (forse più adatto ad una serie) ma dietro alla macchina da presa c’è Andy Serkis, che non farebbe mai qualcosa di non adatto per la sua creatura più famosa e alla produzione c’è un certo Peter Jackson, che finalmente (a differenza de Lo Hobbit) si ritroverebbe a tornare nella Terra di Mezzo con un progetto già preimpostato dall’inizio e non in corsa come la seconda trilogia.
In questa trama dove le situazioni “sembrano” fin troppo lineari le sfumature, che altresì potrebbero essere raccontate, sono moltissime: attraverso la ricerca di Gollum si può narrare di nuovo La Contea e come Bilbo ha passato gli anni con l’Anello, come Saruman nel frattempo brama alle spalle di tutti, di come Sauron inizia a muovere le sue pedine, insomma tantissime sfumature che conosciamo marginalmente e che potrebbero rappresentare un ottimo “nuovo inizio” per tornare in quei luoghi. Tutti elementi che giocherebbero a favore di questo capitolo della nuova saga targata Lord of the Rings che siamo certi porterà anche altre storie: Star Wars, Jurassic Park, Ghostbusters, 007, Indiana Jones insegnano che le saghe (purtroppo) vanno alimentate sempre con nuove avventure, che il pubblico desidera più volte tornare in mondi conosciuti anche se a volte il rischio è molto alto.