Vendere la luna è possibile? Forse, se a passare porta a porta è una donna dal carisma pari a quello di Scarlett Johansson, possiamo dire di sì. Fly Me To The Moon non è una comune commedia romantica, dato che di romance ha ben poco. Il nuovo film con protagonisti l’ex Vedova Nera dell’MCU e Channing Tatum fonde verità e finzione per raccontare al pubblico la storia del primo allunaggio, risultando per tematiche e narrazione estremamente attuale. Un popcorn movie che è in grado di far riflettere e sa distinguersi, ma potrebbe deludere chi cerca una storia d’amore mozzafiato. Ecco la nostra recensione di Fly Me To The Moon. 

Fly Me To The Moon: tra verità e finzione

Siamo nel 1968 e gli Stati Uniti stavano vivendo uno dei loro peggiori momenti di sempre: la guerra in Vietnam da un lato, alcuni disastri naturali avvenuti in certi stati ed il costante scontro a distanza contro i Sovietici dall’altro. Arrivare primi sulla Luna era una priorità per l’esercito americano. Non solo per poter dimostrare che l’incidente dell’Apollo 1 era stato superato e causato da circostanze impreviste, ma anche per riaffermare il loro primato sui Russi. Gli Americani, lo sappiamo, sognano in grande e non accettano di arrivare secondi. Fly Me To The Moon già nel titolo racchiude il sogno americano: volare fino alla Luna. Titolo che possiamo interpretare sia letteralmente, date le tematiche della storia, che metaforicamente. Quello che il personaggio di Scarlett Johansson cerca di vendere è il sogno americano e ci riesce sempre più in grande. 

La storia di Fly Me To The Moon

Fly Me To The Moon poster del film

La pellicola si apre raccontandoci la professione di Kelly Jones (Scarlett Johansson), una vera esperta di marketing e comunicazione. Kelly ha la sua impresa e cerca di accaparrarsi tutte le campagne marketing possibili, anche in maniera non troppo corretta. Fa di tutto pur di raggiungere il suo scopo. Mentire è all’ordine del giorno per Kelly. Una bugia piccola però può presto trasformarsi in un grande segreto di stato. Kelly passa dal fingersi incinta per poter ottenere il controllo sulla pubblicità della nuova macchina firmata Ford, fino a vendere letteralmente la Luna.

La bravura di Kelly, infatti, viene notata da Moe Berkus (Woody Harrelson), un personaggio che vive nelle ombre della Casa Bianca ed è addetto alle pratiche più insolite, quelle da non divulgare pubblicamente. Senza nemmeno pensarci, Kelly si trasferisce dall’affollata e rumorosa New York alla lussureggiante Florida per imparare tutto e di più sulla NASA allo scopo di trovare gli sponsor necessari per poter compiere l’allunaggio. 

Fly Me To The Moon, infatti, ci racconta di come gli americani, dopo le vicende di Apollo 1, si siano disinnamorati della scoperta dello spazio. La guerra in Vietnam occupava tutto lo spazio dei telegiornali e dei quotidiani, ma Kelly intelligentemente comprese che l’America aveva bisogno di una distrazione per tornare a sognare e magari letteralmente a volare. Peccato che la vendita della Luna non sia così semplice come aveva pensato, soprattutto se ad ogni partnership si frappone il direttore dell’allunaggio, Cole Davis (Channing Tatum).

Cole è un uomo inflessibile, onesto, schietto e sincero. Non tollera le bugie o le mezze verità ed è un uomo d’onore. Ha servito la sua patria per tutta la sua vita e continua a farlo, nonostante alcuni lo ritengano responsabile per il primo disastroso tentativo di sbarcare sulla Luna. Cole continua a convivere con il rimorso di ciò che avrebbe potuto fare, ma che forse non avrebbe cambiato il risultato finale. Ora dedica tutto il suo tempo all’Apollo 11. La missione è la sua vita e non intende rinunciarci, così come al tempo stesso non intende piegarsi alle volontà del marketing. 

Il primo incontro tra Cole e Kelly è quasi magico, senza dubbio romantico. I due si incontrano all’interno di un diner americano dai toni e colori tipici degli anni ’60. Tra i due scatta subito la scintilla: Kelly diventa impacciata, cosa che non è mai, mentre Cole si dedica ad importanti dichiarazioni romantiche ma fugge prima di cena. Il tempo non è dalla loro parte, poi quando comprendono i loro ruoli all’interno della NASA a divergere sono i principi. Fortunatamente in comune hanno la tenacia e la determinazione che li porteranno ad unirsi per raggiungere l’obiettivo comune ed a trovare l’intesa romantica persa tra i panini di un pub. 

Davvero curiosa ed in gran parte vera è tutta quella porzione del film dedicata alla ricerca degli sponsor per la NASA. Il governo americano non era più così entusiasta di finanziare il progetto. Desiderava vedere l’amore del popolo verso i viaggi nello spazio ed era quindi molto titubante sul concedere i finanziamenti promessi. Kelly è bravissima nel convincere brand come Omega, il nascente Fruit of the Loom e tanti altri a supportare la loro causa.

Come un’ottima esperta di comunicazione sa fare, Kelly ha trasformato qualcosa di apparentemente lontano, irraggiungibile ed ad appannaggio di pochi in un’esperienza che poteva essere condivisa da tutti. La Luna non è più così lontana se puoi supportare concretamente i tuoi beniamini indossando il loro stesso orologio, mangiando i cereali con la confezione brandizzata oppure indossando la stessa maglietta degli astronauti. Tutto cambia quando la Luna sembra ad un passo dalle mani degli americani. 

Il tempo scorre diversamente sulla Luna, uno studio spiega come Il tempo scorre diversamente sulla Luna, uno studio spiega come

Romantico sì, ma non una vera rom-com

Fly Me To The Moon I due protagonisti del film

Se andrete in sala a vedere Fly Me To The Moon vi consigliamo caldamente di non farlo pensando di vedere una classica commedia romantica. Altrimenti resterete delusi. Fly Me To The Moon è sì romantico, nel senso più puro della parola perché è delicato ed inevitabilmente fa sognare lo spettatore, ma non ha il romance tra i due protagonisti delle vicende come punto focale della storia. L’allunaggio è il vero ed assoluto protagonista del lungometraggio. La Luna, anche se visivamente non tanto presente, è colei di cui si parla incessantemente all’interno della pellicola.

Il film sceglie di raccontare la storia dei 7 mesi durante i quali il team della NASA si è preparato a far decollare l’Apollo 11 per poter far camminare per primi il primo uomo sulla Luna. La sceneggiatura è dedita a raccontare, anche se in maniera semplice, i vari tecnicismi della NASA, non ha il tempo né, forse, la volontà di dedicarsi alla costruzione ed al racconto della storia d’amore tra Kelly e Cole che finisce così per diventare il contorno delle vicende. 

Siamo abituati a vedere rom-com in cui il setting funge solo da premessa, in Fly Me To The Moon non è così. L’ambientazione diventa la vera protagonista della storia mentre la storia d’amore funge da collante e da ciliegina sulla torta. Peccato che le premesse comunicate dal trailer non fossero queste. Dobbiamo ammettere che visionando il materiale promozionale del film Fly Me To The Moon pareva una classica commedia romantica ambientata alla NASA, così non è stato. Se da un lato chi scrive è stata piacevolmente sorpresa di notare un vero e proprio progetto innovativo che utilizza le premesse di una rom-com per raccontare una storia profonda e in parte reale, dall’altra si è sentita anche profondamente delusa.

La storia d’amore tra Cole e Kelly poteva tranquillamente essere rimossa dalla sceneggiatura e la storia non ne avrebbe risentito. Lo spettatore si sente molto più trasportato dalle emozioni date dall’allunaggio rispetto al trasporto che i due protagonisti provano nei due momenti in cui il romance è presente sullo schermo. Pare quasi che siano state tagliate delle scene romantiche tra Cole e Kelly, perché altrimenti molte cose non si spiegano. L’instant love c’è ed è innegabile, un trope che io non amo particolarmente. A complicare le cose si aggiunge il fatto che i due personaggi non hanno il tempo per conoscersi a fondo durante il film, essendo sempre dediti al lavoro e lontani l’uno dall’altro. Non posso esimermi dal sottolineare che ad aggravare la situazione interviene la difficoltà di comprendere lo scorrere del tempo all’interno della pellicola. Capiamo che passano sette mesi grazie a una frase iniziale del personaggio di Channing Tatum ma, complice il clima costante della Florida, non vediamo né percepiamo lo scorrere di questo tempo.

Per tale motivo risulta difficile comprendere come i due si siano conosciuti a fondo, forse non l’hanno mai fatto ma si sono limitati a piacersi nell’ambito lavorativo e questo li ha portati a concretizzare anche la loro storia nella vita privata. Resta il fatto che se dal montaggio finale fossero state rimosse le scene romantiche, che sono poche ma davvero romantiche e caratterizzate da due semplici baci e nulla di più, la pellicola sarebbe restata in piedi comunque. Soltanto che al posto di una storia d’amore ci sarebbe stata una bella amicizia e il sogno americano come veri protagonisti. Ovviamente questa soluzione non sarebbe stata possibile perché avrebbe privato il film della sua classificazione e quindi dell’attrattiva verso parte del pubblico fedelissimo alle rom-com. 

Leggende vs storia vera: tutto sull’allunaggio del 1969

Fly Me To The Moon ed il film segretoFly Me To The Moon ha come fiore all’occhiello la capacità di mixare fino al punto di fondere quasi completamente realtà e finzione, leggende e voci di corridoio, regalandoci un film che smentisce i sussurri ma non li zittisce. 

“Dovevamo chiamare Kubrick”, la battuta della Kelly Jones di Scarlett Johansson fa, infatti, riferimento ad una delle leggende metropolitane più popolari in merito all’allunaggio. Secondo molti il primo allunaggio della storia, trasmesso in diretta tv mondiale il 21 luglio 1969, sarebbe in realtà una finzione. Secondo questa teoria del complotto quello che tutti abbiamo visto sarebbe un film girato in uno studio di posa costruito all’interno degli spazi della NASA appositamente per l’occasione. Il regista non sarebbe stato uno scelto a caso ma il grande Stanley Kubrick, colui che aveva appena girato 2001: Odissea nello spazio e che per tematiche veniva considerato esperto in tutto ciò che concerneva lo spazio e quindi la Luna.

Secondo la leggenda il tutto è stato messo a tacere, costringendo lo stesso Stanley Kubrick al silenzio. Nessuno doveva sapere del film, nessuno doveva parlarne. Parte dei complottisti sostiene che il film sia stato girato in caso di fallimento della vera missione, come per avere un piano B e non mostrare al mondo il fallimento degli americani; mentre una frangia più estremista ritiene che nel 1969 non sia stato Neil Armstrong il primo uomo a camminare sulla Luna. Secondo i sostenitori di questa teoria il film sarebbe stato quello che tutti noi abbiamo visto e continuiamo a vedere sugli schermi dei nostri dispositivi. Quindi la missione non sarebbe andata in porto, oppure nemmeno tentata. Ovviamente tutte le leggende restano tali ma il film le sfrutta a dovere. 

Un aspetto interessante è che la pellicola del finto allunaggio ha il nome di Project Artemis, titolo che era stato assegnato originariamente al film Fly Me To The Moon. Non sappiamo dirvi se questo era il titolo con cui Apple, produttrice del lungometraggio, pensava di distribuire il film, oppure se era solo stato scelto come titolo di lavorazione destinato poi a mutare. La cosa divertente è che richiama la trama del film come una sorta di gioco metacinematografico. Del resto anche Fly Me To The Moon è un film nel film che fa delle leggende uno strumento di narrazione divertente ed un imprevisto da superare per i veri eroi americani: Kelly e Cole, i cui nomi non verranno mai ricordati ma senza i quali Neil Armstrong e Buzz Aldrin non avrebbero mai toccato il suolo lunare. 

70
Fly Me to the Moon
Recensione di Chiara Giovannini

Fly Me to the Moon con toni divertenti racconta gli eventi che hanno portato all'allunaggio e le leggende metropolitane che ne sono conseguite. Tra realtà e finzione il cast ci regala una commedia romantica che forse di romance ha poco ma vi farà sognare ad occhi aperti.

ME GUSTA
  • Gli anni '60
  • Il mix tra finzione e realtà
  • Il sogno americano che farà sognare pure voi
FAIL
  • Forse manca il vero romance, non è una classica commedia romantica