È totalizzante, è inebriante, è avvolgente: è cinema totale. Furiosa: A Mad Max Saga, il prequel/spin-off di Mad Max: Fury Road del 2015, è un nuovo colpo alla sala cinematografica firmato da George Miller, che con capacità registica e narrativa consegna al medium una nuova opportunità di un racconto intenso, fatto di frasi dosate e di momenti iconici, pronti a raccontare qualcosa di unico. Lasciate stare chi già 9 anni fa affermava di essersi addormentato durante la visione di Mad Max: Furiosa è ancora più avvincente, è ancora più coinvolgente, per i suoi sottotesti, per la sua capacità di elidere tutti gli aspetti ridondanti e di ricollegarsi a quello che è il seme, il nocciolo della questione: la vendetta.

La origin story dell’Imperatrice

In Mad Max: Fury Road eravamo già entrati in contatto con l’Imperatrice Furiosa: una donna in fuga dalla Cittadella e da quello che ne é il despota, Immortan Joe. La osserviamo con il suo braccio fatto di ferro, mutilata per una qualche ragione, e sembra nata da sempre come guerriera della strada. 9 anni dopo abbiamo l’opportunità di andare a scoprire cos’è successo a Furiosa, ma soprattutto chi era. Una figlia delle terre floride, di un mondo che non dev’essere scoperto, nell’universo in cui acqua e benzina sono oramai terminate e il commercio è basato interamente sul possesso di queste due risorse. Cresciuta da un esercito di uomini comandato da Dementus (Chris Hemsworth), che l’ha strappata alla sua famiglia, Furiosa cresce e si alimenta di violenza e brutalità, gestendo tutto con estrema furbizia, per poter un domani farsi carico dell’esperienza utile per vendicarsi nei confronti di chi l’ha costretta a iniziare questo percorso di nefandezza.

Se il precedente Mad Max era un’unica grande sequenza di azione per esaltare le competenze registiche e la potenza di fuoco di George Miller, stavolta l’occasione è servita per godersi una storia forte, potente: il canovaccio è chiaro, è anche molto semplice, raccontato dal susseguirsi delle inquadrature, senza dover inserire dialoghi didascalici o chiamati ai classici spiegoni sul world building. Scopriamo ciò che ci serve sapere in corso d’opera, cogliendo quelle che sono le esigenze dei vari comprimari e di quelli che vogliono essere i nuovi signori della guerra. In questo bailamme si esalta Furiosa, per quasi metà del film silente e pronta ad affidare le proprie espressioni agli sguardi, al volto. La scrittura è essenziale perché Miller ha fiducia nel proprio interlocutore: non ha bisogno di – ribadiamo, a differenza del regista – discorsi prolissi e invettive che possano scaldare gli animi. Per quello c’è l’azione e la regia. Tutti i protagonisti si dicono poco, si confidano ancora meno e tutti i rapporti, anche quelli più intensi, vengono raccontati dagli sguardi, dalle interazioni degli occhi, dalle intenzioni.

L’avventura e la distopia

Rispetto a Fury Road, nel quale Miller aveva avuto l’occasione di darci un accenno del world building e di tutto ciò che riguardava quelle vaste lande dell’Australia della quale lo stesso regista è nativo, in Furiosa l’espansione dell’universo è fenomenale. A fare da sfondo alle vicende, che in Mad Max erano già date per note e scontate, c’è lo scoppio della guerra tra i poteri bellici, quello energetico e quello costruttivo. Tre padroni che si apprestano a scendere in battaglia per quella miccia fatta scattare da Dementus, predone che anela un potere maggiore. Miller delinea un personaggio – del quale c’era già traccia nel videogioco omonimo – che crea un’idiosincrasia e una contrapposizione narrativa col mondo nel quale è calato, finendo per subire una trasformazione egli stesso: con addosso un peluche di un orso, con un fare spesso delicato, Dementus è l’elemento da commedia in una landa dilaniata dal dolore e che finirà, per mano dello stesso leader dell’Orda, per esplodere sempre di più. Chris Hemsworth dà vita a un personaggio da esplorare e da indagare, da comprendere, contrapposto ad Anya Taylor-Joy, che per quanto sia chiamata a interpretare la brutalità e la crudeltà che era stata di Charlize Theron nel 2015, con i suoi occhi enormi e con lo sguardo sempre molto docile fa forse fatica a personificare la violenza e la rabbia.

È chiaro che questa Furiosa è più giovane, ma il film finisce là dove inizia Fury Road, quindi lo scollamento potrebbe essere accusato da chi ha fisso nella memoria quanto accaduto nel 2015. Al di là di tutto questo, la messa in scena di tutto ciò che riguarda il prequel di Mad Max è fenomenale: tutte le scene d’azione trasmettono un forte senso di avventura, di coesione con gli spazi desertici dell’Australia, che non richiedono nemmeno un uso spropositato di CGI, che per quanto ci sia non risulta ingombrante in nessun momento e contesto. Tutto è pittoresco, insegue una fantasiosa riproduzione di veicoli e dei loro utilizzi, recuperando molte delle immagini che erano state iconiche nel film precedente e che qui trovano anche delle contestualizzazioni più personali, raccontando tutto ciò che c’è dietro ai soldati, agli eroi, ai combattenti. Ne emerge uno spettacolo visivo che è totalizzante, che non ci scollerà nemmeno un secondo dal grande schermo, coinvolgendoci in quelle scene che, pur sapendo che il protagonista non potrà mai avere la peggio, ci costringeranno a tenere il cuore in gola per ciò che potrebbe accadere da un momento all’altro.

L’umanità prende il sopravvento, calando l’intera vicenda in un contesto microscopico, analizzando il dramma che è di Furiosa e di tutti coloro i quali le girano intorno, senza mai scendere nell’intimità dell’amore carnale, ma rendendo il tutto spurio e spogliato da qualsivoglia sentimentalismo: la distopia di Miller ha reso arido tutto, non solo le lande, e tutto finisce per essere focalizzato a una sopravvivenza da giungla, nella quale persino una bambina che desiderava di piantare un seme della rinascita è chiamata a diventare una signora della guerra. Che ci vogliate leggere un messaggio femminista o meno, Mad Max già nel 2015 ci aveva presentato l’Imperatrice Furiosa come una dissidente, forte e indipendente: questa è una storia di vendetta e di riscatto, della capacità di risorgere dalle ceneri, dopo che l’intera giovinezza le era stata strappata.

85
Furiosa: A Mad Max Saga
Recensione di Mario Petillo

Furiosa: A Mad Max Saga ha intenzioni ben diverse da quelle di Fury Road: da un film puramente d'azione, siamo dinanzi a un'introspezione narrativa su quelle che sono le personalità in gioco. A partire dalla stessa Furiosa, la cui origin story dipana su schermo un sottotesto che spicca il volo soltanto alla fine, raccontandoci una storia che ha il sapore di una lotta Hook - Peter Pan nelle lande dell'Australia. Miller va a creare un capolavoro dei giorni nostri, tra azione al cardiopalma, un world building che si espande e che si esalta in tutte le sue particolarità, dal conflitto armato all'esplorazione di lande desertiche, sulle quali la mano dell'uomo è unica, vera e tangibile.

ME GUSTA
  • George Miller realizza un film da cinema totale
  • Un utilizzo dosato della sceneggiatura
  • Chris Hemsworth è la perfetta distopia del mondo
FAIL
  • Il personaggio di Furiosa è leggermente scollato da quello del 2015