“Un fastidioso fantasma ti tormenta? Un demone ti ha rubato i ricordi più belli? Non ti resta che chiamare i Detective Defunti.”
Netflix deve tirare sempre più i remi in barca nella propria offerta di prodotti originali e due sono le strade principali che sta intraprendendo in tal senso: pescare da universi già collaudati sulla piattaforma e puntare a contenuti non troppo impegnativi che riempiano il catalogo e la Top 10, come i procedurali. Andremo a spuntare entrambe le caselle in questione nella recensione di Dead Boy Detectives, la nuova serie disponibile dal 25 aprile sul servizio streaming, spin-off di quella già molto amata e di successo The Sandman – nonostante i ritardi produttivi – tratta dall’omonimo graphic novel di Toby Litt e Mack Buckingham, ora edito in Italia da Panini, a sua volta spin-off dei personaggi già conosciuti nel fumetto originario di Sandman (ma non nella serie tv). Cosa ne sarà uscito fuori?
Una trama… dopo la morte
La trama di Dead Boy Detectives parte dai due giovani protagonisti titolari: il diffidente e impettito Edwin Payne (George Rexstrew) e il sorridente e gioviale Charles Rowland (Jayden Revri) sono i Detective Defunti, ovvero “il cervello” e “i muscoli” dell’agenzia investigativa per i morti che non sono riusciti a passare oltre e vengono trattenuti nel nostro mondo. Due adolescenti nati a decenni di distanza che si sono incontrati nell’Aldilà e sono riusciti a sfuggirne, diventando non solo migliori amici ma anche latitanti ricercati in primis da Morte, pronta a riscuotere ciò che è suo.
Il duo si occupa di risolvere misteri soprannaturali, e in queste loro folli avventure stanno per avere due compagne di viaggio vive e inaspettate; una sensitiva posseduta di nome Crystal (Kassius Nelson) e la sua dirimpettaia Niko (Yuyu Kitamura), un’appassionata di manga e anime che sembra avere qualcosa per la testa. Riusciranno tutti e quattro a risolvere alcuni dei casi paranormali più complessi del mondo dei mortali?
Un link al passato
Il primo punto di forza di Dead Boy Detectives su cui chiaramente punta la piattaforma è quello di ampliare un mondo già consolidato piuttosto che doverne creare uno nuovo. Un compito affidato al creatore Steve Yockey insieme alla co-showrunner Beth Schwartz e al prolifico produttore Greg Berlanti, che da The Sandman portano fin dal primo episodio demoni, fantasmi e personaggi di quell’universo narrativo, come Morte, la sorella di Sogno interpretata nuovamente dalla molto apprezzata nello show Kirby Howell-Baptiste.
L’atmosfera è invece meno cupa e più giocosa, più vicina allo young adult che contraddistingue la controparte cartacea, venendo come spesso capita un po’ edulcorata dalla piattaforma. Nuovi membri del cast, accanto al quartetto protagonista, sono: Jenn Lyon, Briana Cuoco, Lukas Gage, David Iacono e Ruth Connell nei panni, tra gli altri, di una strega estremamente potente e vendicativa e del Re Gatto, l’unico della specie che può assumere sembianze umane.
Uno sguardo dall’Aldilà
La serie Netflix si presenta come un tipico procedurale unito alle dinamiche young adult, nonostante la fotografia, il montaggio brioso e le tinte violacee sembrino strizzare l’occhio al creare qualcosa di instagrammabile piuttosto che qualcosa di solido. Un aspetto estetico estremamente (fastidiosamente?) ammiccante, così come la caratterizzazione dei protagonisti, che via via svelano qualcosa di più sul loro background e sulla loro backstory, in modo un po’ studiato a tavolino.
La struttura narrativa si muove a metà strada tra il caso della settimana, che essendo di tipo paranormale propone qualcosa di diverso nel panorama crime attuale, e una storia orizzontale che invece fatica a prendere piede, per via del ritmo compassato dovuto anche alla durata eccessiva degli episodi e allo sciorinare le informazioni sui personaggi in modo così parco e “rateizzato”.
Un mix poco equilibrato
Dead Boy Detectives prova quindi costantemente a mantenere un equilibrio tra le sue tante sottotrame, inserendo dei link ipertestuali di episodio in episodio, e tra i generi diversi che vorrebbe abbracciare, ma non sempre ci riesce. Ne coglie forse in parte il gusto generale, ma manca quel quid che le avrebbe permesso di risultare più avvincente e più fluida, maggiormente “sul pezzo” in ciò che vuole raccontare e su come vuole metterlo in scena. Lo spezzettamento degli episodi in ulteriori frammenti, come se fossero le fasi diverse di ogni indagine che il duo -ora poker- giovane si trova ad affrontare, non aiuta in questo senso.
Il contrasto tra Edwin e Charles per i loro caratteri diametralmente opposti eppure complementari e parallelamente il rapporto crescente tra Crystal e Niko sono la cartina di tornasole attraverso cui leggere le dinamiche del serial, che strizza l’occhio alla fluidità di genere e gusti sessuali contemporanea. Badate bene: nonostante i difetti elencanti, la serie però ha tutti gli elementi, in parte provenienti dall’algoritmo, per piacere a quegli abbonati Netflix che vuole così disperatamente (ri)conquistare.
Abbiamo parlato di una serie disequilibrata nella recensione di Dead Boy Detectives eppure il nuovo tassello dell’universo di The Sandman su Netflix potrà catturare numerosi spettatori giovani e anche neofiti che vogliono guardarsi un semplice procedurale young adult mescolato al soprannaturale, ambientato tra il mondo dei vivi e quello dei morti. La resa estetica risulta più ammiccante che centrata, ma anche in questo caso si sposa bene con il target ricercato anche per ampliare quello della serie originale. Peccato per il ritmo, che si fa sentire soprattutto nell’eccessiva durata degli episodi.
- I quattro giovani protagonisti e la loro chimica.
- I rimandi a The Sandman (anche se pochi per ora).
- Mescolare crime e supernatural.
- Il disimpegno della storia raccontata pur trattando temi universali e ancestrali…
- …che potrebbe allontanare chi cerca qualcosa di più approfondito.
- Il ritmo narrativo non sempre avvincente.
- Le situazioni e le dinamiche, a volte ridondanti a volte allungate inutilmente anche nella durata.